Nuovo Mondo. La misteriosa “Popolazione Y”. Di Roberto Roggero.

Nord America. Raffigurazione pittorica: paleo-indiani a caccia.

Recenti studi con metodi di ultima generazione, rivelano che il continente americano fu abitato ancora prima della civiltà Clovis che si credeva la più antica, da una civiltà ancora praticamente sconosciuta, risalente a circa 30mila anni fa.

La storia da riscrivere

Non stupisce che la ricerca storica sia in continua evoluzione, e che la stessa storia dell’intero genere umano vada riscritta in numerose sue parti, fin dall’alba dei tempi. E’ noto che l’uomo esiste da circa 200mila anni, ma il periodo compreso fra 75mila e 6000 anni fa è fra i meno conosciuti. La tecnologia è venuta in ausilio nel campo dell’analisi di dati e di reperti, e oggi sappiamo qualcosa di più. Che Cristoforo Colombo (1451-1506) non sia stato il primo occidentale ad approdare sulle coste del continente nordamericano è un fatto ormai assodato. Il navigatore genovese è arrivato dopo i vichinghi, probabilmente anche dopo i romani, e chissà se non dopo i fenici, e fra gli storici la discussione è ancora aperta. Lo è in particolare sulla prima popolazione che si stanziò sul continente in questione, che fino a pochi anni fa si credeva essere la civiltà Clovis.

Rotta migratoria dell’uomo di Clovis.

Per indagare sulle origini degli autentici nativi americani, si sono unite archeologia, geologia, antropologia, chimica e fisica, che hanno datato le prime tracce intorno ai 20mila anni fa, quando avvenne la migrazione attraverso lo Stretto di Bering, dalla Siberia nord-orientale, all’odierna Alaska, e quindi sempre più verso sud, o almeno così si credeva. All’epoca, quello che oggi è conosciuto come lo Stretto di Bering, era un ponte di terra e ghiaccio, a causa dell’abbassamento del livello dei mari. Per quanto riguarda questo periodo, le evidenze scientifiche ad oggi indicano che l’uomo con le caratteristiche che oggi conosciamo, ha visto la propria nascita nell’Africa centrale circa 120mila anni fa, ma la discussione sul popolamento delle Americhe non ha ancora trovato un accordo, anche solo convenzionale. Negli anni 2000 le teorie scientifiche maggiormente diffuse indicavano i Clovis come popolazione originaria del continente americano, intorno all’ultima glaciazione, che coincide più o meno con la dispersione delle prime tribù paleo-indiane, fra i 16mila e i 13mila anni fa, ma molte domande non hanno ancora una risposta.

Un ambiente ostile

Le enormi masse di ghiaccio di 30mila anni fa, rendevano impossibile ogni forma di migrazione. Successivamente, con la saldatura delle catene montuose nella regione a est delle odierne Montagne Rocciose (circa 20mila anni fa), si aprì la via alle regioni centrali del Nord America. I ghiacciai costieri iniziarono a ritirarsi e la fascia in prossimità del mare divenne praticabile, ma l’ambiente non era esattamente accogliente come la California che conosciamo oggi, almeno fino a 15mila anni fa. Tuttavia, una cronologia delle migrazioni, la definizione delle prime popolazioni che diedero origine alle migrazioni, e le loro rotte migratorie rimangono comunque incerte, soprattutto per la mancanza di prove lungo le rotte migratorie dei periodi considerati, oltre a incertezze nella datazione e nell’interpretazione dei reperti oggi a disposizione. I reperti più antichi sono stati rinvenuti nelle Grotte di Bluefish, nelle pianure di Old Crow, nello Yukon, e fino a Meadowcroft Rockshelter, in Pennsylvania, datati fra i 12mila e i 15mila anni. Gli antropologi sono sostanzialmente d’accordo nell’identificare come “Popolazione Sorgente” del continente nordamericano, le tribù raggruppate in un’area nei pressi del fiume Enisej, e si sono avute prove scientifiche di comunanza genetica fra queste popolazioni e quelle della regione di Altaj-Bajkal, nella Siberia meridionale.

Migrazioni antiche dalla Siberia all’Alaska.

Civiltà Clovis, pro e contro

Ad oggi, quindi, la popolazione Clovis è considerata, prove alla mano, la più antica del Nord America, dove giunse alla fine dell’ultima grande glaciazione. Il nome si deve ai reperti trovati appunto a Clovis, in New Mexico, durante scavi eseguiti negli anni Trenta del secolo scorso. Noti anche come Llanos, i Clovis sono considerati i primi Paleondiani, anche se la teoria è avversata da prove ritrovate in Cile, a Monte Verde, che proverebbero la teoria di una migrazione precedente attraverso il mare.

In particolare, il riferimento è ad alcune punte di freccia e lancia, ricavate dalla lavorazione della roccia, utilizzate per la caccia al mammuth. La scoperta si deve a George McJunkin, ex schiavo diventato allevatore, che nel 1926, a Folsom , sempre in New Mexico, trovò lo scheletro di un antico bisonte, ucciso da queste punte di freccia. Tre anni dopo, a Clovis, il giovane James R. Whiteman si imbatté in quello che oggi è il sito archeologico di Blackwater Draw, dove furono ritrovati altri manufatti. Ulteriori testimonianze affermano che i primi scavi e ricerche sulla civiltà Clovis furono fatti a Dent, in Colorado. Resta da accertare se furono realmente i Clovis i primi abitanti stanziali del Nord America, vista la mancanza di prove concrete riguardo insediamenti precedenti. Furono loro ad attraversare il ponte di terra e ghiaccio della Beringia e avanzare verso sud, costeggiando le Montagne Rocciose, nell’odierno Canada occidentale, e quindi in tutto l’emisfero. I critici di tale teoria sostengono che sia stata impossibile una così rapida diffusione nei due continenti, e che esistono prove a sostegno come un osso fossile con tracce di punta di freccia, datato a circa 14mila anni fa, quindi precedente di oltre 2000 anni rispetto ai Clovis. Nuove analisi eseguite con spettrometro di massa sulle proteine delle ossa fossili hanno consentito una datazione più precisa a 13.800 anni fa. Esisterebbero quindi prove certe sulla necessità di una nuova datazione e identificazione della prima civiltà del continente nordamericano. Una di queste, forse la più nota, è Monte Verde (Cile) dove sarebbero stati portati alla luce reperti-pre-Clovis, ma vi è anche Topper (South Carolina), dove nel 2004 sono stati trovati manufatti in pietra, che il radiocarbonio ha datato a ben 50mila anni fa… Nella lista anche Cactus Hill (Virginia), Meadowcroft Rockshelter (Pennsylvania), Tlapacoya (Messico centrale) con importanti reperti, datati circa 22mila anni fa. Importante è poi il sito di Big Eddy (Missouri) dove sono state trovate tracce di almeno 12.600 anni fa, così come Walker (Minnesota), dove sono stati rinvenuti utensili in pietra di 15mila anni fa.

Via terra o via mare?

Se i Clovis che hanno attraversato la Beringia non furono i primi, quale popolazione potrebbe essere il “punto di partenza” del continente? E soprattutto: quale fu il percorso e da dove ebbe iniziò? Esistono teorie alternative alla migrazione via terra dei Clovis. Una di queste suggerisce che la costa pacifica potrebbe essere stata libera dai ghiacci, permettendo di percorrere questa via, prima del corridoio libero da ghiacci all’interno del continente. Ipotesi ancora senza prove a sostegno, se non per la accertata disponibilità di cibo. Vi è poi la teoria detta “solutreana”, proposta nel 1999 dagli archeologi Dennis Stanford e Bruce Bradley nel 2002: i Clovis potrebbero essere una civiltà già posteriore ai cosiddetti Solutreani dell’Europa meridionale, che risalgono a circa 20mila anni fa, le cui tracce sono in Francia del Sud. Il collegamento sarebbe la somiglianza fra le punte di lancia. In base a questa ipotesi, i Solutreani avrebbero attraversato l’Atlantico, costeggiando la banchisa polare nel nord, all’epoca estesa fino alla odierna costa atlantica francese. Di certo all’epoca una traversata, sia pur mantenendo la terra in vista, non era impresa da poco, e comunque non sono state ancora trovate tracce comuni fra Clovis e Solutreani. In ogni caso, anche escludendo i Solutreani, le attuali scoperte geologiche sulla tempistica del corridoio libero dai ghiacci, mettono in dubbio anche l’occupazione Clovis e pre-Clovis delle Americhe come risultato della migrazione attraverso la Beringia.

Migrazioni dall’Asia/Oceania e dall’Europa.

La rotta via mare ha due scuole di pensiero. La prima è quella della navigazione lungo la linea di costa, dall’Asia nord-orientale alle Americhe, lungo la quale era possibile trovare nutrimento e rifornimenti di vario tipo. Una migrazione costiera, secondo la tecnica di navigazione oggi nota come “cabotaggio”, che avrebbe portato i primi “coloni” fino a Monte Verde, nel Cile meridionale, e a Taima-Taima nel Venezuela occidentale, dove sono state trovate tracce di 12.500 anni fa. Un discorso che introduce le ultime ricerche, su popolazioni risalenti a 33mila anni fa, anche se pochi accettano questa ipotesi. All’atto dello scioglimento dei ghiacci, la tesi della migrazione costiera fu avanzata come alternativa al corridoio libero dai ghiacci, con il dibattito incentrato sulle prove per la cronologia del popolamento iniziale della Beringia, ma a tutt’oggi con assenza di dati archeologici dei periodi in oggetto. I problemi della ricerca di prove sono ben noti, fra cui l’impossibilità di ritrovare siti oggi certamente sommersi, quindi materiale organico per sfruttare il radiocarbonio. Le condizioni meteorologiche del Pacifico sono molto instabili, fra placche cedevoli, il noto “Ring of Fire” costellato di vulcani attivi, tsunami e terremoti. E’ quindi solo possibile tentare di ricostruire, in base alle condizioni stimate dell’epoca, l’identificazione dei potenziali siti lungo le coste oggi sommerse, e pochi altri elementi.

La misteriosa “Popolazione Y”

Con i dati, le teorie, le prove a sostegno o meno, è quindi possibile avere un’idea di chi fossero stati i primi colonizzatori delle Americhe?

Manufatto litico. Punta di lancia.

Le prove della presenza pre-Clovis sono decisamente valide, risalgono a circa 14mila anni, e si pensava anche che gli umani fossero arrivati in quel continente non prima di quel periodo. Quindi, stando a questa ricostruzione, le prime civiltà sarebbero state quelle Nord Americane, mentre Aztechi, Maya e Incas sarebbero venuti molto dopo. Analisi del DNA, e altre specifiche ricerche, hanno invece evidenziato come ancora una volta l’archeologia potrebbe incorrere in un errore di valutazione, se le prime civiltà sono state quelle del Centro e Sud America, fra i 15mila e i 20mila anni prima di quanto si crede. Di conseguenza, l’unica rotta possibile non poteva che essere quella via mare, dalla Siberia e da Sundaland, il continente scomparso nel grande disgelo, frammentatosi nell’ attuale Indonesia e nelle migliaia di isole circostanti. La prova di chi sostiene tale ipotesi è principalmente quella della Grotta di Chiquihuite, in Messico, dove nel 2012, 2016 e ’17, gli scavi hanno portato alla luce tracce che suggeriscono la presenza di civiltà con una prima parvenza di organizzazione comune, risalenti a non meno di 26.500 anni fa. Questo vuol dire che gli uomini erano verosimilmente in America Centrale molto prima di 30mila anni fa. Una ulteriore e più recente scoperta, sui nativi del Centro-Sud America, mostrerebbe che non esiste solo un comune progenitore, ma due: un popolo-madre e un popolo-padre. Il “popolo padre” sarebbero gli Inupiat provenienti dalla Siberia, il “popolo madre” è al momento definito “Popolazione Y”, originaria del Sundaland al tempo del Disgelo. Molte altre domande, a questo punto, si accavallano: a chi appartengono le rovine più antiche ritrovate? Quale civiltà del passato riusciva a creare geopolimeri in cima alle Ande? Chi ha creato i disegni di Nazca, e perché? Se 30mila anni fa la gente era in grado di viaggiare dall’Australia al Centro America, cosa impediva di viaggiare dal Centro America al Mediterraneo e all’Egitto, come sembrano indicare alcune teorie basate su ricerche concrete?

Bibliografia:

Dixon, E. James, Bones Boats and Bison: The Early Archeology of Western North America, 1999, University of New Mexico Press.

Michael R. Waters and Thomas W. Stafford, Jr., Science, 23 February 2007.

J. M. Adovasio e Jake Page, First Americans: In Pursuit of Archaeology’s Greatest Mystery, New York, Random House, 2002.

E. James Dixon, Quest for the Origins of the First Americans, University of New Mexico Press, 1993. Dennis J. Stanford e Bruce A. Bradely, Across Atlantic Ice: The Origin of America’s Cl

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