Walther Rathenau, un industriale dal volto umano e dalle visioni utopiche. Di Giuseppe Moscatt.

Walther Rathenau.

1. Un liberale democratico.

Il  24 giugno 1922 perdeva la vita in un attentato compiuto da giovani estremisti di destra Nazionalisti, Walther Rathenau, sociologo, economista, uomo di Governo, padre della Germania repubblicana di Weimar, ma per noi soprattutto un industriale dal volto umano. Figlio ed erede di Emil Rathenau, fondatore e proprietario dell’industria più importante di elettricità – la notissima A.E.G. – fu anche banchiere, consigliere di amministrazione di altre 100 società per azioni; Consigliere di Stato dell’Imperatore Guglielmo II; padre del Partito Liberale e fautore della pace con la Gran Bretagna, predicando inascoltato la reciproca limitazione degli armamenti. Fu anche un uomo di cultura transnazionale, visitando da protagonista tutti i circoli di cultura europei ed i caffè letterari di avanguardia di tutto il mondo. Giornalista di punta del principale organo politico dell’Impero – Die Zukunft di  Harden – divenne un politico apprezzato fra i vincitori della Grande Guerra, tanto che fra le difficoltà del primo dopoguerra, mentre Spartachisti e Nazionalisti si sparavano fra le strade di Berlino e Monaco; mentre la fame e l’inflazione divoravano il paese non più così ricco; da Ministro degli Esteri appena nominato – 28.1.1922 – promosse una visione organica governativa e propose alla debole repubblica una riforma costituzionale che regolamentasse in senso maggioritario il  sistema parlamentare fondato su base proporzionale. Inoltre, propose l’obbligo della sfiducia parlamentare a condizione che la nuova maggioranza fosse già politicamente costituita. Sopratutto, era fautore di una precisa partecipazione della classe operaia alla guida della Nazione, aprendosi al compromesso con i nuovi partiti di massa di area cattolica e socialista. Inflessibile contro gli opposti estremismi, in difesa della Repubblica quale scudo per la democrazia, fu pluralista ed a tutela delle minoranze attraverso un ampia espansione dei diritti civili. Mai però fu favorevole ad una politica liberista che guardasse soltanto agli interessi del Capitale, ma aperta anche alle classi popolari, alle libertà sindacali, alla tutela del lavoro ed all’intervento dello Stato nei settori economici più soggetti a crisi. Una politica economica dal volto umano che soltanto le Costituzioni del secondo dopoguerra metteranno in esecuzione in Italia e nella Germania Federale dagli anni ’50 alla caduta del Muro di Berlino. Limiti di spazio ci impongono due sole testimonianze del successo del suo programma ora ora accennato. Da destra, un certo interesse glielo mostrò il giovane Gramsci dalle colonne della rivista progressista del Gobetti, La Rivoluzione liberale, che lo interpretò come un profeta in cerca di un’anima ed una vita. Mentre il Musil, uno scrittore nostalgico dall’impero austriaco, lo qualificò un grande politico per la capacità di farsi capire dai contemporanei. Sembrò cioè alla classe dirigente posteriore alla Grande Guerra che la Germania avesse ritrovato un nuovo Bismarck, pari all’eccelso Cancelliere che l’aveva trasformata in Impero dopo le convulsioni politiche del 1848 e del 1849. Eppure, proprio nel semestre di governo retto in prima persona, quando la sua preminente personalità dettava l’azione del Governo di compromesso del Cancelliere Joseph Wirth, la scelta di varare un accordo separato con la Russia dei Soviet – il Trattato di Rapallo del 16.4.1922 – fu la sua pietra d’inciampo che rese utopica il suo successo internazionale. E fu anche la sua condanna a morte dettata dalle forze nazionaliste e reazionarie.

Un ritratto di Rathenau.

2. Apogeo e fine di un profeta.

Rathenau da giovane seguì le lezioni del filosofo Dilthey, che fondò la scuola storicista, sensibile al contesto storico appunto perché pensava condizionasse lo sviluppo della società. Da maturo apprezzò Nietzsche per lo spirito critico del quotidiano e  da anziano si indirizzò allo Spiritualismo di Bergson, pur in ottica terrena e naturale di stampo spinoziano. Ingegnere e fisico, genio dall’elettrochimica anche per ragioni familiari; scriveva nel 1909: nella storia, paura e coraggio guidano l’uomo nella sua corsa.. il popolo ebreo, naturalmente pauroso, con l’intelligenza contenne la paura e trovò in Dio il fattore umano, la migliore arma per limitare l’arroganza del timoroso.. l’astuzia ed il calcolo fecero prevalere l’ebreo contro l’ariano, rimasto un bambino viziato ..ecco il Capitalismo …la lotta fra questi due cesserà quando ambedue accetteranno l’esistenza nel mondo di uno Spirito Intelligente che regola la Natura … Cioè lo Spirito del Progresso e la Tecnica sarà di tutti in tutto … qui finirà il Capitalismo arrogante e sfruttatore e nascerà una società senza classi e di uguali nella convivenza di popoli e di razze...Utopia che metteva in un minestrone metafisico storia, religione, economia. Ovvero, un sociologismo di pensiero sganciato dalla realtà delle cose, ma che faceva anche paura alle classi detentrici dei mezzi di produzione che la guerra aveva peraltro prodotto, come gli Junker agrari, gli industriali, i banchieri e gli alto borghesi impauriti da una proposta che sembrava emulare la Rivoluzione Bolscevica. Perfino la Costituzione di Weimar sembrava ai nazionalisti di Jünger, George e Spengler, l’anticamera del socialismo sfrenato di Lenin. La sinistra da Rosa Luxemburg a Hilferding, pur plaudendo all’apertura di Rapallo, non comprendevano la parallela ammirazione di Rathenau al partito militarista del generale Ludendorff, che era giudicato dalla piccola borghesia un governante più capace del debole Wirth proprio perché costui aveva limitato la produzione nazionale rispetto alle importazioni, circostanza che invece secondo il nostro economista avrebbe consentito alla Germania di attenuare il grave debito di guerra che causava la fortissima inflazione. Mentre le Destre rimproveravano a Rathenau di adoperarsi per un presunto complotto sionista per fare nascere una repubblica socialista; mentre le Sinistre insistevano per avviare un più robusto processo di cogestione nelle imprese e nella istituzione di tribunali speciali del lavoro; mentre il Centro Cattolico premeva per un Concordato che abrogasse la laicizzazione delle scuole vittime dell’antico Kulturkampf; Rathenau insisteva piuttosto nel suo progetto utopico di ristrutturazione dello Stato e di riorganizzazione dell’economia su basi pianificate. La sua idea di meccanizzazione della società, di ordinato sviluppo organizzativo, dove ognuno partecipava in modo perfetto e concorde al bene comune, senza conflitti e polarizzazioni; ricordava gli orologi di Leibnitz, oppure San Paolo nel considerare il corpo suddiviso in membra separate, ma unite per conquistare il regno dell’Anima. L’Operaio era per Lui un sorvegliante del nastro trasportatore; il Dirigente un borghese che doveva solo guidare il processo; l’Imprenditore, una macchina impersonale rivolta a produrre ed a far consumare l’essenziale. Die neue Wirtschaft del 1918, altro non era che il collaudato fordismo nordamericano e la sua economia di guerra che aveva organizzato dal 1915 al 1918 come consigliere di quel generale Ludendorff che aveva difeso agli inizi della Repubblica. Una politica fondata non sul popolo, come voleva già il filosofo  Schmitt; né una Costituzione basata sulla legge Suprema, senza Spirito ed Obiettivi del giurista Kelsen. In particolare, Rathenau riteneva irreversibile meccanizzazione del mondo, che però andava mediata dalla ineluttabile forza dell’anima che consentisse all’uomo di scegliere e dunque prospettava l’onere dell’intellettuale – specialmente se ricco e capitalista – di alimentare le speranze dei lavoratori e delle classi inferiori, migliorando il reale e riformando lo Stato Sociale che già Bismarck aveva instaurato nei primi anni del Reich. Movimento ascensionale che con ragione rivoluzionava l’esistente, inteso come una macchina mondiale che andava capitanata da un classe dirigente unitariaa di lavoratori ed imprenditori. Raffigurazione che la cultura tedesca rivedrà nel cinema (Metropolis) di Fritz Lang. Un misticismo razionale stigmatizzato da Musil, ma distrutto dalla rivolta morale di Jonas ed Adorno, che nel secondo dopoguerra vollero rivedere in questa sognante utopia quel tragico equilibrio del lavoro che rende liberi, posto alla porte di Auschwitz. Tuttavia, non occorre sminuire il sistema socio-economico di Rathenau: alla fine del suo imponente programma va sempre rivalutato lo scopo di ricercare nell’Uomo l’anima del mondo, cioè lo specchio di Dio. Infatti la presunta sublimazione di quella meccanizzazione del reale non venne affatto divinizzata, ché altrimenti si sarebbe ritornati alla schiavitù. Va invece sottolineata la costante presenza spirituale. Per Walther era opportuno dare un senso alla materia e dunque un cammino di Fede che nasce dal cuore, dove Dio abita nella prima realizzazione del sé e che l’uomo coltiva riconoscendosi nell’altro, in un dialogo che ci trasforma, principio che la dottrina economica del Welfare State del Secondo Dopoguerra perseguirà nei paesi occidentali. Una scelta che Rathenau viveva nell’agire politico, non solo a Rapallo, non solo a Granata nel 1913 quando visitò la antica comunità ebraica  (1913); ma anche quando nel 1921, consigliò con successo a Ebert – primo capo di governo della Repubblica – la cessione del dipartimento della Ruhr alla Francia, salvando dall’occupazione l’intera regione Renana. Mossa che era stata preceduta da un progetto di Unione Doganale Europea, accolto con attenzione positiva dall’amico Keynes e dal nostro Nitti. Quando Rathenau nell’aprile del 1922 propose una nazionalizzazione delle banche e delle industrie in modo autarchico e cogestivo fra industriali, professionisti e sindacati dei lavoratori, il vaso già colmo di critiche si ruppe. Il vile attentato nazionalista dimostrò come la sua idea di ordinare le cose non solo era inattuabile, ma contraria ad ogni mediazione politica. La nube ideologica nazista sull’Europa stava irreversibilmente addensandosi.

I funerali di Rathenau.

3. La Costituzione di Weimar (1919), un complesso di riforme economiche fra l’utopia di Rathenau e le regole giuridiche di Hugo Preuss.

Com’è noto, Rathenau aveva pronosticato un nuovo futuro per l’economia, considerandola non più una scienza privata, quanto e piuttosto un’attività della Collettività. Forte della citata esperienza di direttore dell’ufficio delle materie prime di guerra, riconobbe come la razionalità produttiva non era eccezionale per la tecnica produttiva tanto da diventare nelle prime settimane di pace un fattore riedificativo del mitico progresso tecnologico ed industriale fino allo scoppio della Grande guerra. Rathenau nel 1919 formulerà una nuova economia, dove la Società e lo Stato trovarono una conseguenziale coesistenza secondo quanto si è premesso. Merita quindi ora ricordare il singolare rapporto di amicizia fra il nostro industriale e Hugo Preuss, giurista socialdemocratico berlinese, che dopa la rivoluzione del novembre del 1918, fu incaricato dall’assemblea costituente di Weimar di redigere la nuova costituzione repubblicana. Entrati in simbiosi personale, Preuss stese in regole giuridiche quanto l’amico economista aveva ipotizzato. I rapporti di lavoro e quelli della produzione e distribuzione dei beni economici assumevano così una nuova veste sociale frutto della mediazione giuridica fra correnti economiche contrapposte, la prima di ispirazione veterocapitalista, la seconda di chiara marca socialista derivata dalla coeva Rivoluzione Russa, croce per la classe imperialista e delizia delle nuove forze produttive rivolte alla conquista del potere produttivo. Sembrò allora a Rathenau ed al Preuss di razionalizzare il Capitalismo posteriore agli orrori della Grande Guerra. Saranno presenti a Weimar tre criteri direttivi, fissati in norme di grado superiore in quella innovativa Carta fondamentale per la Germania futura proprio a partire dall’11 agosto del 1919. Intanto, la fondamentale dipendenza dalla libertà di iniziativa economica privata dall’interesse collettivo. Poi l’emergere dell’equità effettiva rispetto alle uguaglianze formali. Nondimeno l’intervento pubblico nella fase economico produttiva al fine di razionalizzare al massimo la stessa, senza contare la difesa e l’aumento del volume di offerta di opportunità a quelle classi che attuino la divisione delle risorse e la loro trasformazione. Principalmente, Preuss si adoperò per inserire l’obbligo di esercitare un lavoro produttivo liberamente scelto (art. 163 Costituzione di Weimar); l’obbligo dei proprietari terrieri di coltivare i loro beni nelle modalità più utili all’interesse generale (art. 155); l’obbligo di organizzare la libertà contrattuale a fini sociali (art. 152); l’obbligo di assicurare da parte dello Stato a tutti i cittadini una casa sana corrispondente ai loro bisogni ivi comprese le famiglie contadine (art. 155). Norme che regolavano la controversa questione della diretta azione dello Stato nella gestione economica. Già Rathenau nel 1917, nella sua più importante ricerca – Lo Stato nuovo – diceva: ciascuno delle istanze sociali motivate eticamente, socialmente ed economicamente, rende lo Stato pienamente centrale ed il fulcro di tutta la realtà economicaQuesto Stato, frutto della volontà popolare ineliminabile, altro non può essere che uno Stato pluriclasse… Esso condiziona il fatto che ciascuna classe del popolo appartenga visibilmente ad Esso stesso ed ogni sua organizzazione discenda da ciascuna classe in forma di partecipazione. Ogni Istituzione dalla gerarchia delle fonti del diritto disciplinata, è lo specchio spirituale e volontario dello Stato fondato sul popolo…. Tuttavia, ciò non significa che lo Stato sia totalmente popolare, ma che non sia precluso il diritto di accesso al Governo dei governanti e sia possibile la successione di una classe all’altra conseguita per legge e non con la violenza. La nuova Germania dovrà essere il prodotto di una equilibrata fusione fra le classi e lo Stato dovrà garantire l’accesso al posto di comando di quelle classi che prima avevano una posizione dipendente dalle altre già al Potere. Codesto meccanismo socio-economico aveva nell’art. 156 la chiave di volta per consentire questo passaggio organizzativo. Infatti Preuss – sempre sotto la guida dell’amico Rathenau – aveva come obiettivo sia il controllo dei complessi industriali, che detenevano in età imperiale (i cartelli monopolistici), liberalizzare la gestione della politica, onde contenere il rischio di una Guerra Mondiale dovuta al mero accaparramento delle risorse. lnoltre, la partecipazione della collettività avrebbe potenziato la produzione e ne avrebbe calmierato gli eccessi in settori produttivi orientati ai beni bellici. Infine, avrebbe determinato in via indiretta non solo la migliore distribuzione dei beni prodotti, ma anche una precisa presenza dei lavoratori alla fase organizzativa, cosa che avrebbe reso operativa quella simbiosi fra Stato e classi sociali per evitare ogni ipotesi conflittuale, come diversamente però avverrà nel biennio rosso 1919-1920. La lungimiranza del Rathenau prevedeva altresì la istituzione dei Consigli di Fabbrica aperti agli impiegati ed ai datori di lavoro insieme ai lavoratori. Una formula consiliare democratica e paritaria di Cogestione, che avrebbe stemperato e raffreddato sul nascere la conflittualità fra classi, rischio che i datori di lavoro temevano perché foriera di rivoluzioni bolsceviche e che come si  disse di fatto scoppierà  in ogni paese europeo nel biennio predetto. Preuss e la Commissione Costituzionale di Weimar aderirono coscientemente alla proposta del Rathenau e ne fissarono le forma all’art. 165, istituendo i Consigli Operai Locali ed i Consigli Economici Generali in forma piramidale per ogni regione del paese. Nonostante ciò, scoppiò in ogni regione del paese un processo rivoluzionario sedato nel sangue voluto proprio dalla classe imprenditoriale col concorso dello Stesso Partito Socialdemocratico.. Eppure la stessa norma costituzionale faceva salva la difesa delle condizioni salariali e del  lavoro, ribadendo la funzione dei sindacati operai ed imprenditori su base paritaria, i cui accordi diretti divenivano legge dello Stato al pari di quelle emanate dal Parlamento. La compresenza di elementi di Socialismo, di Liberalismo e della dottrina laburista Cattolica, non solo diede valore al pensiero economico progressista di Rathenau, ma anche spianò la strada alla Costituzione di Bonn del 1949 nella Germania federale del secondo dopoguerra. Di più, perché si favorì il modello della Costituzione economica  della analoga Carta italiana del 1948 (art. 41). Se la Costituzione di Weimar chiuse ogni speranza all’incalzante penetrazione del Bolscevismo in Germania, anche la esplicita difesa della proprietà privata (art. 153), sembrò a molti progressisti una profonda delusione della politica economica ed organizzativa per la nuova Germania. Infatti il silenzio costituzionale sulle condizioni di indennizzo in caso di socializzazione delle imprese economiche private, lasciò in sospeso il processo evolutivo. La morte violenta dell’odiato riformista, sia perché ebreo, sia perché riformista, costituì il primo vulnus al processo democratico europeo occidentale. I fantasmi del Nazismo nella sua lunga marcia di destabilizzazione della Repubblica iniziarono ad apparire proprio da quei colpi di pistola esplosi alle 11.45 nella Königsallee di Berlino il 24 giugno del 1922.

Bibliografia:

  • Per la storia della Germania contemporanea e per il ruolo di Walther Rathenau, vd. EDMOND VERMEIL, La Germania contemporanea, Laterza, Bari, 1956, pagg. 571 e ss.
  • Per una sintesi ragionata dei suoi scritti, vd. Walther Rathenau, lo stato  nuovo ed altri saggi, introduzione di ROBERTO RACINARO, Napoli, Liguori, 1980.
  • Un’ottima biografia è quella di HENRY KESSLER, Walter Rathenau, Il Mulino, Bologna, 1995.
  • Sulle cause e sulle modalità di caduta del regime repubblicano di Weimar, ci permettiamo di rinviare al nostro La Repubblica di Weimar: storia, formazione ed espansione della Germania repubblicana, pubblicata su https://www.fattiperlastoria.it, 1.4.2023; e fonti ivi citate.

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