I grandi scrittori e saggisti? Quasi tutti di Destra. Parola di Giovanni Raboni (*).

Raboni.

La scoperta dell’acqua calda è una delle grandi conquiste dell’umanità. Sinonimo di ovvietà oggi, non lo era quando l’uomo imparò a usare il fuoco. La nostra riflessione, a dire il vero, è a sua volta una scoperta dell’umidità nei pozzi, ma ci si è imposta quando abbiamo visto la copertina del libro di Giovanni Raboni “I grandi scrittori? Tutti di destra” (editore De Piante). Perché nei tre articoli del 2002 – dei quali uno inedito, inviato al Corriere della Sera e non pubblicato – contenuti nel libretto (56 pagine) Raboni (1932-2004), una delle figure più rilevanti della letteratura italiana contemporanea, sostiene una verità che è sotto gli occhi di tutti, ma non si dice e non si scrive mai: molti (non tutti, il titolo del volume è provocatorio, l’autore non nega affatto la grandezza artistica di Brecht, Machado, e tanti altri)  grandi nomi della letteratura mondiale sono “di destra”.

Céline.

«Non pochi, anzi molti, moltissimi tra i protagonisti o quantomeno tra le figure di maggior spicco della letteratura del Novecento – precisa Raboni – appartengono o sono comunque collegabili a una delle diverse culture di destra, dalla più illuminata alla più retriva, dalla più perbenistica alla più canagliesca, che si sono intrecciate o contrastate o sono semplicemente coesistite nel corso del ventesimo secolo».

Yeats.

Raboni elenca anche «un po’ di nomi» di questi grandi: «Nel mondo: Barrès, Benn, Bloy, Borges, Céline, Cioran, Claudel, Drieu La Rochelle, T.S. Eliot, E.M. Forster, Hamsun, Hesse, Ionesco, Jouhandeau, Ernst Jünger, Thomas Mann, Mauriac, Maurras, Montherlant, Nabokov, Pound, W.B. Yeats. In Italia: Croce, D’Annunzio, Gadda, Landolfi, Marinetti, Montale, Palazzeschi, Papini, lo sfortunato Morselli, Pirandello, Prezzolini, Tomasi di Lampedusa. Transfughi dalla sinistra: Auden, Gide, Hemingway, Koestler, Malraux, Orwell. E in Italia: Silone, Vittorini. Perseguitati. Sono i grandi perseguitati da Stalin, impossibile dire quali sarebbero state le loro convinzioni e vicende politiche se il destino li avesse fatti vivere altrove: Babel’, Brodskij, Bulgakov, Cvetaeva, Mandel’stam, Pasternak, Solženicyn».

Morselli.

A questi si potrebbero aggiungere altri nomi, come quello di Pessoa, antidemocratico, elitario, nazionalista, di Vasilij Grossman, nella seconda guerra mondiale brillante corrispondente dal fronte del giornale dell’Armata Rossa, che a un certo punto si è accorto che  nazismo e comunismo avevano qualcosa in comune. In “Vita e destino”, arrivato clandestinamente in Europa, dove venne pubblicato dapprima in Francia e in Italia da Jaca Book (e in seguito da Adelphi), un ufficiale delle SS dice al suo prigioniero, vecchio bolscevico: «quando ci guardiamo in faccia l’un l’altro, noi guardiamo uno specchio. Questa è la tragedia dell’epoca. Forse che voi non riconoscete voi stessi, la vostra volontà, in noi?» Non sappiamo se Grossman si possa considerare di destra, ma l’equiparazione di nazismo e comunismo per chi cuoce la pasta nell’acqua fredda è un gran brutto segno. Per non parlare di Simenon, che di destra si può considerare senza dubbio e che quando ha scritto articoli che toccavano argomenti di carattere politico ha prodotto dei gioielli come quelli pubblicati da Adelphi con il titolo “Europa 33”, da paragonare, anche per divertimento, alle sciocchezze scritte sull’Unione Sovietica da tanti intellettuali europei, conformisti e servili,  negli stessi anni e nei decenni seguenti. Ai transfughi potremmo aggiungere Roth, che dopo un viaggio nella Russia sovietica  disse di essere partito bolscevico e di ritornare monarchico, agli altri stranieri Camus, Mishima, …

Bulgakov.

E che dire di Cristina Campo, che di sinistra certamente non è stata, ha scritto poco, ma quel poco ci offre la prosa italiana forse più bella del Novecento? E di Giovannino Guareschi, che lo stesso Raboni amava? Quando Guareschi morì, nel 1968, sull’Unità Fortebraccio scrisse: «Tra una vignetta e l’altra, aprì un ristorante tipico a Busseto. La battaglia finiva, ancora una volta, in pastasciutta. Melanconico tramonto dello scrittore che non era mai sorto».

L’elenco dei nomi da aggiungere potrebbe essere molto più lungo, non esistendo, per fortuna, un parametro obbligatorio per scegliere i grandi scrittori. Ma che cosa rende grande un’opera letteraria? Non spetta a questa rubrica trovare la risposta a una domanda antica come la letteratura. È comunque illuminante quanto scrive nella prefazione dei “Grandi scrittori” Luca Daino: «Resta il fatto che nell’ambito dell’espressione artistica vigeva, per Raboni critico, un pensiero fondativo: non può intervenire, nel giudizio su un’opera d’arte, alcun criterio politico. La riuscita di un’opera si misura primariamente sul piano estetico, il quale certo non ignora, ma sormonta e trascende, quello politico. Ne deriva che in un grande testo letterario la bellezza della scrittura non può non contenere un nucleo di grandezza etica, quali che siano le idee del suo autore».

Landolfi.

Il libro comprende anche un saggio di Franco Cardini, che tratta non tanto di opere letterarie ma in generale della destra e della sinistra nella cultura italiana nel dopoguerra. Qui ne riportiamo una considerazione che secondo noi è fondamentale per capire   la storia del nostro paese e che contiamo di riprendere appena se ne presenterà l’occasione: «Il fatto è che la “cultura di destra” resta una galassia dai contorni indefiniti e sovente contraddittori anche perché, almeno dal 1848, una parte della destra recepì e fagocitò il concetto di “nazione”, sorto originariamente durante la Rivoluzione francese come concetto – al contrario! – esplosivamente di sinistra, contrapposto al trono e all’altare».

(*) Fonte: https://liguria.bizjournal.it/2022/07/i-grandi-scrittori-tutti-di-destra-di-giovanniraboni/?fbclid=IwAR3wBlitxbusLPBLk1d5tOemacsj51SzmiV9fAiWDH317dbjtEHdxPwsyB8

Nella foto di copertina: Giovanni Raboni.

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