La Nave Ospedale nel contesto della missione italiana nel ‘Mediterraneo Allargato’. Di Paolo Gulminelli.

Navi Ospedale in navigazione.

Premessa

Cosa è una Nave Ospedale?

Una Nave Ospedale è una nave realizzata, o adattata, per operare come ospedale galleggiante; impiegata dalle Marine militari di tutto il mondo, sia nell’immediata prossimità di zone di guerra (missione primaria), sia in chiave di homeland security nel caso di calamità e di gravi crisi sanitaria, tale da sostanziare un assetto sanitario deployabile di valenza strategica e dall’estrema mobilità. Di Navi Ospedale – nel gergo marinaro le Navi Ospedale sono anche note come “navi bianche” –, al mondo ce ne sono ormai molto poche; ciò non ha tuttavia impedito, a quei pochi Paesi che ne dispongono, di svilupparne il concetto d’impiego, estendendone il campo d’uso ad operazioni non eminentemente militari, quali quelle in supporto delle popolazioni colpite da catastrofi naturali – occorrenza che, anche a causa degli incipienti cambiamenti climatici, si ripropone con frequenza crescente –, ovvero in caso di gravi eventi pandemici. In un siffatto quadro di riferimento, la Marina Militare (MM), dovrà essere in grado di assicurare, sin dal tempo di pace, una capacità sanitaria deployable di rilievo (Role 3) in supporto sia delle operazioni militari nazionali del Paese, che delle residenti capacità sanitarie nazionali, tramite la costruzione di una Nave Ospedale. Sarà pertanto necessario prevedere una modernizzazione dello Strumento marittimo della Difesa; se si considera il quadro delineato in relazione all’estrema valenza che riveste per la Nazione questo ci sembra, a maggior ragione, necessario a prescindere dal fatto che l’assetto non sia ricompreso all’interno del Modello Operativo Integrato di Riferimento (MOIR). In tale ottica, la disponibilità di un assetto sanitario di pronto dispiegamento garantirebbe al Servizio Sanitario Nazionale, una strategica “riserva di spinta” da riposizionare laddove più opportuno, ossia lungo gli ottomila chilometri di costa italiana. A tal riguardo, la Nave Ospedale dovrà disporre di attrezzature medicali e sanitarie allo stato dell’arte, con un focus specifico sulla capacità di rianimazione/terapia intensiva. Quanto precede assume un ancor più elevato valore alla luce del fatto che nessuna Marina europea dispone di tale capacità, e che tutte le Unità Ospedale attualmente in servizio nel mondo, risultano piuttosto vecchie e prossime alla radiazione. Lo Strumento Aeronavale della Marina Militare non dispone di Navi Ospedale, ed ancorché siano in servizio Unità maggiori con Medical Treatment Facility (MTF) di livello Role 2, la loro natura di “Navi da Guerra” ne limita, di fatto, le possibilità d’impiego quale assetto sanitario che possa essere operativo in senso integrale.

Sarebbe auspicabile che la  Marina Militare per quanto precede, si ponga l’obiettivo di avviare un programma per l’acquisizione di una Nave Ospedale che, ispirata al concetto del multi-purpose by design, possa assicurare un sufficiente tasso di versatilità e flessibilità d’impiego tale da assolvere sia missioni prettamente militari sia a marcato connotato concorsuale. In generale, l’Unità dovrà rispondere ai NATO Capability Codes and Capability Statements e,  per quanto comune e applicabile, con un esteso ricorso a soluzioni significativamente collaudate nell’ambito marittimo e già adottate nei recenti programmi di costruzione navale. In ogni caso, le soluzioni individuate dovranno essere caratterizzate da elevata affidabilità, flessibilità d’impiego, robustezza, semplicità manutentiva ed economicità di gestione. Non si prevede, pertanto, la necessità di condurre attività di Ricerca e Sviluppo. Dovranno essere svolti altresì gli studi e le analisi di supporto per elaborare tutti i documenti tecnici per l’impiego del gas naturale liquefatto come carburante a bordo e per il rifornimento.

Una moderna Nave Ospedale.

Funzioni Specifiche.

Missione principale della Nave Ospedale è fornire assistenza sanitaria in loco alle forze combattenti (sia nazionali che nemiche), in situazioni operative a forte connotato emergenziale; la missione secondaria si sostanzia invece in operazioni di soccorso quotidiano e permanente, a vantaggio dell’intera Nazione italiana, in caso di calamità naturale o in caso di forti crisi sanitarie. Queste ultima fattispecie s’inquadrano nell’ambito delle attività concorsuali a supporto di Amministrazioni terze dello Stato (cooperazione inter-agenzia), nel cui ambito l’impiego della Nave Ospedale si configura in supporto diretto delle locali articolazioni del Servizio Sanitario Nazionale, allo scopo di prevenirne la saturazione ed il collasso, in forte coordinamento con il Dipartimento della Protezione Civile. Inoltre, in linea con le eventuali determinazioni dell’Autorità Politica nazionale, la Nave Ospedale interverrà a favore di popolazioni estere in località remote ove sussistano gravi situazioni emergenziali (disaster relief). Laddove le circostanze lo consentano, ed in linea con le determinazioni dell’Autorità Politica, la Nave Ospedale potrà anche essere taskata per svolgere Campagne di “Proiezione Umanitaria” in specifiche aree geografiche d’interesse nazionale, a supporto delle popolazioni locali (es.: periplo del Continente africano; Cfr riflessioni successive sul Mediterraneo Allargato). Una siffatta tipologia di missione presenterebbe altresì un marcato connotato “diplomatico”, tramite l’impiego della Nave quale floating embassy, per l’organizzazione di incontri e la sottoscrizione di accordi internazionali, a supporto della Politica estera nazionale. L’unità dovrà essere dotata di ponte di volo (PdV) – senza hangar, è sufficiente un solo spot idoneo a svolgere attività di volo diurne e notturne (aided e unaided) con elicotteri in dotazione alla F.A. nella loro configurazione MEDEVAC, ovvero di “eliambulanze” del Servizio Sanitario Nazionale. Si dovranno altresì prevedere idonei locali per la gestione delle attività di volo. Dovrà essere possibile effettuare operazioni di volo senza personale sul PdV, tramite l’implementazione di sistemi remoti di rizzaggio dell’elicottero e movimentazione sul ponte, prevedendo altresì un’idonea postazione Flight Deck Officer (FDO) chiusa e protetta all’interno della nave che consenta la piena visuale del ponte, l’impiego dei sistemi elettro-ottici e di comunicazione per la condotta delle operazioni e, più in generale, la gestione in sicurezza delle stesse.

Una vecchia, gloriosa Nave Ospedale.

Il senso storico e civile della Nave Ospedale italiana nel contesto del Mediterraneo Allargato.

E’ dalla seconda metà degli anni ’80 che, in ambito di strategia marittima e di Marina militare, si parla di Mediterraneo Allargato; se nei decenni precedenti il riferimento era per lo più rivolto alla situazione specifica del Grande Medio Oriente, oggi questo limen culturale e strategico ci pare ancora più importante di quanto già lo fosse qualche decennio fa in quanto vediamo, giorno dopo giorno, la fascia culturale e geostrategica dell’Indo-Pacifico (come la chiama il ministro degli Esteri di New Dehli Jaishankar, teorico di una dottrina nazionale e antiglobalista che sta ispirando l’esecutivo di Narendra Modi) assumere ruolo e funzioni decisive nel nuovo ordine internazionale che tra vere e proprio guerre di civiltà (si pensi al possibile inquietante scontro tra la Federazione russa e l’intero occidente) e guerre civili (si pensi ai tragici casi yemenita e sudanese). In questa direzione, come nazionalisti italiani molto vicini alla causa del nazionalismo formosiano e naturalmente a quello indiano, con cui l’Italia ha rapporti storici oramai secolari, membri dell’Associazione Culturale per la fratellanza tra Italia e Taiwan, riteniamo che come nazione Italia sia venuto il momento storico di poter disporre autonomamente di una Nave Ospedale, il cui valore sanitario e umanitario potrà corrispondere, se ben dosato, ad un valore sul piano diplomatico, culturale e politico globale; con tale obiettivo strategico si caldeggia anche l’idea di raddoppiare la acquisizione di siffatta Unità, passando almeno al numero di 2 Navi Ospedali, una da dislocare nel Mare Mediterraneo, l’altra appunto nell’Indo-Pacifico con patto sottoscritto in senso Tripartito e Trilaterale tra Roma, New Dehli, Taipei; con Tokio, Saigon, Seul osservatrici speciali. Si consideri al riguardo che negli anni ’30 avevamo ben 26 Navi Ospedale, dunque la nostra richiesta non è per nulla esorbitante o fuori dal mondo e specialisti del settore del calibro del comandante di Marina militare P. Gulminelli (https://www.youtube.com/watch?v=IizLxpKkZQA) (1) e della dottoressa Dominelli (https://www.ilsole24ore.com/art/coronavirus-nave-ospedale-piani-marina-militare-ecco-tutti-dettagli-progetto-ADODpB5) hanno da tempi non sospetti fatto ben luce su questa necessità. Va infine considerato che la Nave  avrebbe un reattore nucleare di media taglia, come propulsione “secondaria”, ma soprattutto come banco di prova per continuare a studiare, ricercare e sperimentare questa importante e complessa forma di energia. Ciò rimane decisivo, sul piano della ricerca sperimentale, ove volessimo appunto direzionare la nostra spinta nazionale identitaria mediterranea verso l’Indo-Pacifico come i tempi ormai richiedono a Roma. NOTA 1) Si raccomanda l’attento ascolto del seminario del comandante Gulminelli, in quanto alla sua verve calorosa e umanitaria, dovuta anche al contesto di Coronavirus 19, associa intuizioni notevoli su ciò che sarebbe poi effettivamente avvenuto di lì a poco dopo: il mondo si ritrova tragicamente sulla soglia di un conflitto nucleare globale.

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