Golpe in Sudan: scontro tra militari. Di Arianne Ghersi.

Soldati regolari sudanesi.

Gli scontri in Sudan sono ormai parte della nostra cronaca giornaliera. Alcuni analisti poco maliziosi azzardano l’ipotesi che sia in corso un tentativo per impedire la transizione verso un governo civile, ma la realtà potrebbe essere più “cruda”: i militari sono al potere dal 2021 e nessun accenno concreto di un ritorno alle urne è stato fatto da allora.

Nel corso del mese di gennaio il capo del Direttorato generale dell’intelligence egiziana, Abbas Kamel, ha diffuso le proprie preoccupazioni al mondo occidentale perché, a suo avviso, il Sudan si sarebbe trasformato in una base operativa per lo sviluppo delle operazione della Wagner. I timori non riguardano solamente gli equilibri interni del paese, ma fanno riferimento anche alla Repubblica Centrafricana dato che la base del gruppo paramilitare russo si trova a Am Dafok, un villaggio in prossimità del confine tra i due paesi. Le forze paramilitari di supporto rapido (RSF), costola delle milizie Janjaweed, hanno ricevuto la preparazione strategica dal gruppo Wagner che si impegna in tal senso dal 2017, ma vantano forti legami anche con Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. Non è un caso che il generale Dagalo abbia fornito aiuto in Yemen alla coalizione guidata da Riad. Fonti non verificabili ipotizzano un accordo economico tra i leader militari del Sudan e le milizie Wagner secondo cui questi ultimi, in “cambio” dei servizi offerti, avrebbero il pieno controllo delle miniere d’oro del paese.[1]

È importante “dedicare” particolare attenzione al fatto che la milizia Janjaweed sia assumibile come parte del conflitto: sono un gruppo di milizie ben note alle cronache per quanto avvenuto in Darfur e Chad, soprattutto nel primo stato sembra che questi combattenti abbiano compiuto azioni così efferate da poter definire il loro “operato” come un genocidio[2].

Il potere formale in Sudan è appannaggio attualmente dei generali che gestiscono il paese per mezzo del cosiddetto Consiglio sovrano dal colpo di Stato del 2021. Le forze paramilitari di supporto rapido (RSF) fanno capo a Mohamed Hamdan Dagalo, il vicepresidente del Consiglio. L’esercito regolare invece è a guida del generale Abdel Fattah al-Burhan (vertice del Consiglio sovrano). In tale “spartizione” si staglia prepotente il ruolo della Wagner che fornisce sostegno al gruppo RSF che, agli occhi di Mosca, sta riuscendo a ritagliarsi un ruolo importantissimo per operazioni strategiche in contesti considerati particolarmente “rischiosi”. La disputa in corso dovrebbe vertere sulla reale transizione ad un governo a guida civile. L’esito degli scontri di queste ultime ore ha un peso marginale sul quadro complessivo del paese: la spartizione del potere avvenuta dopo il colpo di Stato del 2021 è ormai radicata e, nonostante l’ottimismo di alcuni osservatori, è innegabile che gli attuali combattimenti non abbiano in nessun modo una platea interessata al ritorno di una vera democrazia ma, unicamente, una nuova  spartizione delle ricchezze e del potere.[3]

Erroneamente si potrebbe ipotizzare che la Forze di supporto rapido (FSR) siano di recente formazione, ma in realtà la milizia opera da più di un decennio e fu creata dall’ex dittatore Omar al-Bashir con l’intento di garantire la longevità del proprio regime. Il gruppo Wagner ha puntato sulla collaborazione con una solida realtà che negli anni ha saputo accumulare uomini, denaro e potere politico in modo così credibile da poter  sfidare in maniera diretta le Forze Armate Sudanesi (FAS).

Un sobborgo di Khartoum.

Entrambe le forze militari in campo, dopo aver congiunto gli sforzi per il colpo di stato nel 2021, avevano il forte interesse di bloccare ogni “velleità” democratica e consolidare il proprio potere così da impedire ogni risvolto inatteso dopo la caduta di al-Bashir. Questo “sodalizio” tra milizie era prevedibilmente fallimentare sul lungo termine dato che le aspettative reciproche non erano conciliabili: le FAS non potevano permettere l’esistenza di un altro gruppo altamente competitivo e le FSR non potevano accettare di sottomettersi al comando di altre realtà. Le FAS, inoltre, hanno sempre etichettato le FSR come milizie tribali riconducibili a zone periferiche del paese.

È difficile comprendere chi possa essere l’effettivo beneficiario di questi scontri, ma è improbabile che una delle due forze possa marcatamente “vincere” sull’altra; purtroppo è più realistico pensare che il Sudan sarà un paese frazionato tra milizie, diviso tra protettorati e, seppur con forme concettuali diverse, l’esempio della Libia dovrebbe portarci a credere che questo timore sia tangibile. Un “terzo polo” composto da “islamisti” potrebbe trarre giovamento: a sostegno di questa ipotesi fonti non accreditate menzionano l’interessamento di Ali Karti, leader di questa frangia, come uno dei fomentatori dello scontro tra esercito e milizie. A legittimare questa congettura esiste una dura accusa nei confronti delle FSR che, di fatto, abbandonarono nel 2019 Bashir, il loro principale “ideatore”. È quindi credibile che i sostenitori del vecchio regime non siano silenti, ma stiano cercando di utilizzare il caos di questi giorni per tornare in auge con una maggiore forza impositiva.

Il frazionamento del paese è purtroppo da ipotizzare anche seguendo una logica geografica: le FSR possono contare sul sostegno delle forze provenienti dal Darfur (la loro roccaforte) e dalla parte meridionale del paese; le FAS hanno sicuramente più legami con la capitale, Khartoum, e nella fascia settentrionale. Il ruolo del vicino Egitto non è un’incognita: un gruppo di soldati egiziani è stato catturato dalle FSR, è infatti plateale che il Cairo supporti le FAS.

La priorità europea e degli altri grandi attori mondiali dovrebbe essere inizialmente quella di “contenere” il conflitto così che le ripercussioni o le compenetrazioni non si propaghino in altri paesi dell’area. Il cordoglio per la perdita di vite umane è arrivato da tutti i leader europei, ma il fatto che venga attuata l’evacuazione di cittadini[4] e richiesto il rientro in patria del personale delle ambasciate[5] non porta certo a credere che il conflitto possa trovare rapida risoluzione.


[1]https://blog.parabellumhistory.net/2023/04/17/il-tentato-golpe-in-sudan/

[2]https://leg16.camera.it/561?appro=190&Il+conflitto+nel+Darfur

[3]https://blog.parabellumhistory.net/2023/04/17/il-tentato-golpe-in-sudan/

[4]https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/africa/2023/04/23/tajani-garantire-levacuazione-degli-italiani-dal-sudan-entro-stanotte-_a07b8ed4-4e5c-445c-b891-c013fbc69fbc.html

[5]https://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2023/04/22/sudan-lesercito-garantisce-levacuazione-delle-ambasciate-_d6e31bef-bb49-418b-aca5-5c8cb5560a1e.html

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