Iniziative culturali a Genova. I ‘Profeti inascoltati del Novecento’: un’importante rassegna da cui trarre insegnamento. Di Miriam Pastorino.

Giovani in visita alla Mostra organizzata dalla Domus Cultura di Genova.
 
VERSO L’ESTREMA DECADENZA
 
Impigriti prima dagli ammortizzatori sociali, poi dal reddito di cittadinanza, cullati nei piaceri delle happy hours e poi ottenebrati dagli sballi delle movide alcoliche e da tutti gli altri costumi perversi favoriti da governi usi a far coincidere la pace sociale e lo sviluppo economico con la promozione di ogni sorta di vizio, gli italiani ormai si sono lasciati alle spalle il tempo dolce del   crepuscolo, quello in cui, grazie alla disponibilità di  un’infinità di “consolazioni” ogni genere di angoscia esistenziale poteva trovare il suo linimento, per entrare decisamente in quello duro della decadenza, destinata a divenire presto estrema decadenza. Disordine mentale, dolore e paura già dilagano sui social, mentre quegli stessi mass media che fino a due anni fa celebravano le meraviglie del “villaggio globale” ora fanno coincidere la salvezza collettiva con la pratica degli arresti domiciliari.
D’accordo, la storia insegna che tutto ciò che è di questa terra ha un inizio ed una fine, comprese le civiltà. Ed è probabile che quel “tramonto dell’Occidente” evocato da tanti pensatori stia arrivando anche per i rappresentanti di quella civiltà che il “tramonto” porta nel suo stesso nome. Ma perché propiziarlo?
Noi siamo tra quelli che non si rassegnano e, nella convinzione che sia ancora possibile sottrarsi a un destino che sembra segnato, ritengono che, come per ogni altra patologia, sia indispensabile risalire all’origine del male che ci affligge. Un cammino, questo, che presuppone il recupero del pensiero logico da tempo smarrito. Com’è ovvio, non è possibile analizzare nello spazio di un articolo i passaggi storici che servono alla piena comprensione delle nostre multiformi disgrazie, per cui ci limiteremo qui a raccontare un tentativo di “percorso di risalita” che abbiamo intrapreso a Genova, affidandoci ad artisti e intellettuali capaci di pensare liberamente.
 
L’IMPORTANZA DI UN’IDEA FORTE.
Si doveva partire da un’idea in grado d’imporsi e, tra quelle possibili, abbiamo scelto l’arte; l’arte figurativa, in particolare, dal momento che attraverso la sua storia si possono leggere tutte le tappe dell’ascesa e del declino della nostra civiltà. Assieme alla musica, l’arte figurativa è la più antica delle arti ma è l’unica ad avere lasciato traccia di sé già nelle grotte del Paleolitico. Infatti, è solo grazie al talento innato unito a una indubbia sensibilità se alcuni uomini della preistoria furono in grado di riprodurre fedelmente animali, uomini e cose e quindi tramandarci un frammento di quella che fu la vita degli esseri umani nella notte dei tempi. E non è certo per caso se nei graffiti come nelle sculture di quei primitivi noi possiamo già trovare alcuni dei principali scopi dell’arte: dalla necessità di propiziarsi il favore della sorte al desiderio di lasciare una traccia di sé, dalla ricerca della bellezza alla volontà dell’artista di veder riconosciuto il proprio valore. A partire da quei lontanissimi tempi, l’arte figurativa ha sempre accompagnato la storia dell’uomo ed è attraverso la straordinaria capacità di trasfigurare la realtà e, nello stesso tempo, di rappresentarla nelle loro opere, propria di pittori e scultori, che noi oggi siamo in grado di identificarne al primo colpo d’occhio sia l’epoca che il “pensiero” che esse esprimono.
Laddove non sono intervenute limitazioni dovute a motivi religiosi, le cose sono andate avanti così per secoli e secoli; specie in Occidente dove, a partire dal mondo classico, l’arte figurativa ha assunto un valore di comunicazione assoluto.
È solo verso la fine del XIX secolo che le cose cominciano a cambiare e non per l’avvento della fotografia. I motivi della progressiva ma inarrestabile perdita di significato e di valore dell’arte figurativa furono essenzialmente ideologici e cioè funzionali all’affermarsi di un potere che, esprimendo valori diversi, riteneva di potersi imporre solo azzerando il passato. Senza pretendere di affrontare l’analisi della fenomenologia dell’arte moderna e contemporanea, basterà ricordare che espressioni ed enunciazioni di intenti vanno tutte verso un’unica direzione distruttiva di nobili tradizioni e valori “alti”, tradottasi in un processo autodistruttivo per l’uomo e per la sua sorte.
 
CON I “PROFETI: DALLA CRISI AL SUPERAMENTO DEI VELENI.
Dovendo, dunque, immaginare un percorso di “risalita”, si è pensato di affidare ad artisti di talento l’esecuzione dei ritratti di un consistente numero di personaggi – filosofi, saggisti, scrittori e rappresentanti delle maggiori arti - che, per un motivo o per l’altro, hanno contrassegnato la storia del Novecento, nel contempo chiedendo a diversi intellettuali italiani di focalizzare in un “medaglione” un messaggio o un particolare delle loro opere che potesse tornarci utile a guardare in faccia la realtà con cui siamo e ancor più saremo costretti a fare i conti. Prima ancora che quest’idea assumesse una forma compiuta si innescò una discussione a dir poco vivace. Dove si voleva arrivare accomunando in un’unica rassegna grandi personaggi, spesso divisi dalle violentissime vicende storiche del Novecento, le cui vite straordinarie, a volte baciate dal successo, ma spesso segnate da ostracismo e sofferenza da parte di un sistema che procedeva inesorabilmente verso la negazione dei riferimenti elevati del passato e l’affermazione di un nichilismo diffuso? In alcuni casi si sfiorò la rissa e si arrivò a temere il fallimento, fintantoché ci si rese conto che quel momento di acutissima crisi corrispondevaalla liberazione dai veleni che hanno contrassegnato il Novecento, mettendosi alle spalle gli scheletri di tutte le nefaste ideologie che tuttora minano ogni possibilità di ritorno alla consapevolezza che, per allontanarsi dal baratro, occorre mettersi alle spalle il secolo giustamente definito delle “idee assassine”.
Il 27 gennaio scorso, in concomitanza con la chiusura della rassegna, ha avuto luogo un convegno dedicato alla memoria dell’olocausto ebraico nel corso del quale è stata ricordata Hannah Arendt (raffigurata nella mostra) colei che ha analizzato minuziosamente i processi di formazione delle tirannie del Novecento ed elaborato la teoria della “banalità del male”, fenomeno che si produce allorché uomini privi di coscienza e di capacità di giudizio dimenticano la differenza che intercorre tra bene e male, arrivando a compiere con leggerezza le peggiori atrocità perché così vuole il sistema sociale di cui fanno parte.
 
IL RUOLO DI GENOVA E QUELLO DI VITTORIO SGARBI.
Lasciando il bellissimo Palazzo Imperiale nel cuore antico di Genova che ha ospitato i “Profeti” per quasi due mesi, concludiamo con tre riflessioni utili per il futuro: 1) l’idea di partire dall’arte figurativa per uscire dalle secche e rimettere in moto il cervello ha funzionato oltre ogni aspettativa e si pone come base per agire in altri campi; 2) non è un caso che l’operazione sia partita da Genova, città oggi contrassegnata da un’inedita volontà di riscatto, ben rappresentata della capacità recentemente dimostrata dal suo sindaco di saper ricostruire il grande ponte crollato dopo mezzo secolo d’incuria; 3) al di là della qualità dei suoi contenuti, il successo di pubblico e la visibilità a livello nazionale di questa iniziativa realizzata grazie all’impegno di pochi volonterosi e delle modestissime ma decisive risorse ottenute attraverso un bando pubblico dagli enti territoriali, mai avrebbe potuto sperare nel successo e nella visibilità ottenuti senza l’attenzione e l’apprezzamento di Vittorio Sgarbi, che ha seguito i lavori convincendosi della novità e della validità dell’iniziativa, stendendo quindi la bellissima prefazione al catalogo dei “Profeti”.
 
 
 
 

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