La spia che volle farsi Zar. La misteriosa vicenda di Michail Goleniewski, personaggio ambiguo che, dopo un crollo psicotico, si convise d’essere l’ultimo discendente dei Romanov. Di Roberto Roggero.

Michail Goleniewski.

Il periodo del secondo dopoguerra, passato alla storia come Guerra Fredda, ancora oggi esercita un innegabile fascino, fra romanticismo, avventurose missioni, doppio e triplo gioco, personaggi che, come l’infallibile James Bond, sembrano usciti dalla penna di Ian Fleming o di altri specialisti del genere, e che invece sono realmente esistiti. Uno di questi è senza dubbio Michail Goleniewski, la cui vita è ammantata di note controverse e inquietanti, oltre che di misteri ancora insoluti. 

Michail Goleniewski, forse la più proficua spia doppiogiochista mai arrivata nelle mani della CIA, ufficiale della Esbecja (servizio segreto polacco), al tempo stesso sul libro paga del KGB, che non si sa a quale scopo, se per convenienza o realmente, finì per convincersi di essere l’ultimo erede della famiglia Romanov e quindi pretendente di diritto al trono degli Zar di tutte le Russie. 

Da informatore a triplo agente  

Nato a Nieswiez nel 1922, quando il territorio apparteneva alla Polonia e oggi Bielorussia, non credeva fermamente nella causa comunista, a cui il suo Paese aveva dovuto uniformarsi dopo il primo conflitto mondiale. 

Dopo aver combattuto nell’esercito polacco durante la seconda guerra mondiale divenne tenente colonnello e fu chiamato alla Esbecja, il servizio segreto, a Varsavia. Si laureò in legge all’Università di Poznan e successivamente si specializzò con un master in scienze politiche all’Università della capitale polacca nel 1956. Fu in questo periodo che venne reclutato dal KGB e, in seguito, nel 1958, decise di offrire i propri servizi all’Occidente. 

Inizialmente Goleniewski aveva intenzione di comunicare solo in forma anonima con il Federal Bureau of Investigation, poiché temeva di essere scoperto ed eliminato, sapendo che all’interno dei servizi occidentali, soprattutto britannici e statunitensi, vi erano numerosi agenti sovietici infiltrati. Successivamente assunse il nome in codice di “Sniper” per la CIA, e “Lavinia” per l’Mi-5 inglese, e divenne così un agente triplo, fra KGB, Mi-5 e Central Intelligence Agency. Durante i primi tre mesi nella veste di triplo agente, Goleniewski smascherò una talpa della Esbecja all’interno del servizio informazioni della Royal Navy, nel periodo in cui vi era una notevole attività spionistica intorno al Programma Polaris e, successivamente, approfittò del contatto con la CIA per svelare l’identità di un agente sovietico infiltrato ai massimi livelli dell’Mi-6, la spia George Blake (1922-2020), il quale a sua volta rivelò di essere a conoscenza della presenza di un agente doppio all’interno dei servizi di Varsavia. Non è mai stato chiarito se l’informatore di cui parlava Blake fosse o meno il tenente colonnello Michail Goleniewski, ma bastò il sospetto per convincerlo a disertare e chiedere asilo negli Stati Uniti, nel 1961. 

Poco tempo prima che Berlino venisse divisa dalla costruzione del muro, “Sniper” passò dalla Germania Est alla Germania Ovest e si presentò all’ambasciata americana, incontrando alcuni funzionari, ai quali svelò di essere un agente triplo, chiedendo protezione dai killer che, secondo lui, la Esbecja aveva inviato per rapirlo, sottoporlo a interrogatorio sotto tortura, e quindi eliminarlo. 

Secondo i testi “The Spy Who Would Be Tsar” (di Kevin Koogan), e “The Spy Who Was Left Out in the Cold” (di Tim Tate), pare che, a differenza della maggior parte dei disertori, che di solito “cercavano una vita migliore al di fuori dell’Unione Sovietica”, Goleniewski si fosse reso conto che il sistema comunista era sbagliato, e per questo andava contrastato. Non è chiaro se questo fosse realmente il pensiero di Goleniewski, tuttavia era ormai praticamente certo che l’agente doppiogiochista, che per circa tre anni si era districato nell’Europa divisa dalla “cortina di ferro”, fosse persona di grado elevato, visto il genere di informazioni trapelate. Di certo, Goleniewski fornì a CIA e Mi-5 informazioni di altissimo livello, oltre a liste di nomi e identità autentiche di numerosi agenti sovietici, infiltrati sia nei servizi segreti della Germania Ovest, che nelle rappresentanze diplomatiche americane di mezza Europa, e perfino nei servizi d’informazione dell’aeronautica svedese. Da Mosca, quando la vicenda trapelò, venne emessa immediata condanna a morte per tradimento. 

Il “Rasputin della CIA” e la pazzia di “Sniper” 

In seguito alla sua defezione, una volta al sicuro negli Stati Uniti, Goleniewski si rivelò fonte di prim’ordine per “bruciare” le identità degli agenti doppi alle dipendenze dei sovietici e, non di meno, una vera miniera d’informazioni sui segreti di Mosca. 

Secondo una valutazione interna, consegnata ai vertici della CIA a Langley, Goleniewski contribuì a smascherare quasi 1.700 spie sovietiche, infiltrate nei servizi segreti, nelle forze armate e in dipartimenti governativi occidentali in piena Guerra Fredda. 

Il record di Goleniewski per il numero di agenti infiltrati, è rimasto imbattuto nella storia dello spionaggio mondiale, ma fu proprio lui ad essere cancellato dalla storia, per volontà della stessa agenzia che a lungo lo aveva protetto, concedendogli addirittura la cittadinanza americana con un’apposita legge, nel 1963. 

A questo punto, però, la domanda è automatica: come è possibile che Michał Goleniewski sia passato, in meno di un decennio, dall’essere una delle migliori spie della Guerra Fredda, a minaccia per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti?  E perché a Langley si decise di mettere definitivamente “in naftalina” una delle fonti più proficue della storia dell’agenzia? Secondo gli storici che si sono appassionati alla vicenda, fu un altro disertore a contribuire alla distruzione della reputazione di Goleniewski: Anatolij Golitsyn (1926-2008). 

Due personaggi di primo piano, uno contro l’altro. Ma chi era Anatolij Michayloviç Golitsyn? Autore di due celebri libri sulla strategia dell’inganno praticata dal KGB, e sulle dinamiche delle operazioni nella maggior parte delle “Linee” (Dipartimenti) a Helsinki e in altre residenze, nonché sui metodi del KGB per reclutare e gestire agenti, nacque a Pyriatynin, Russia, ed entrò nel Dipartimento Pianificazione Strategica del KGB con il grado di maggiore. Con il falso nome di Ivan Klimov, fu assegnato all’ambasciata sovietica a Helsinki, in Finlandia, come vice-consigliere. Com’è noto, disertò con moglie e figlia, chiedendo la protezione della Central Intelligence Agency nel dicembre 1961, che non si fece sfuggire l’occasione e riuscì a portarlo dalla Finlandia alla Svezia, quindi negli Stati Uniti via Francoforte. 

Anche Golitsyn, come Goleniewski, incontrò il direttore del controspionaggio della CIA, James J. Angleton (detto “Kingfisher, 1917-1987), al quale rivelò come il KGB avesse infiltrato oltre una cinquantina di agenti in altrettanti Paesi, con successive istruzioni operative. 

Come risposta, nel novembre 1962, l’allora capo del KGB, Vladimir Efimoviç Semichastny (1924-2001), approvò il piano per l’assassinio di Golitsyn e di altri traditori, fra cui Igor Gouzenko (1919-1982), Nikolay Khokhlov (1922-2007) e Bogdan Stashinsky (1931-vivente). Il KGB fece notevoli sforzi per screditare Golitsyn, promuovendo la disinformazione sul fatto che fosse coinvolto in operazioni di contrabbando illegale, ma la CIA proseguì nel progetto. 

Golitsyn fornì informazioni su molti agenti sovietici, fra i quali il celebre Harold Adrian Russell Philby, meglio noto come Kim Philby (1912-1988), Donald Maclean (1913-1983), Guy Burgess (1911-1963), John Vassall (1924-1996), il doppio agente Aleksander Kopatzky (1923-1982) che lavorò in Germania e altri Paesi. Pur non essendo in grado di identificare alcuni agenti in modo specifico e per nome, come Kim Philby, Golitsyn rivelò informazioni sufficienti per consentire all’Intelligence Service britannico di identificare e localizzare i colpevoli. La defezione di Golitsyn mise in moto il processo che confermò definitivamente Philby come spia sovietica. 

Golitsyn era una figura molto significativa per l’intelligence occidentale. Lo scrittore Sir John Hackett, e lo stesso direttore del controspionaggio della CIA, James Angleton, lo hanno identificato come “il disertore più prezioso che abbia mai raggiunto l’Occidente”, tuttavia, lo storico ufficiale dell’Mi-5, Christopher Andrew, lo ha descritto come un “inaffidabile teorico della cospirazione”, ritenendo che, sebbene i dati dell’intelligence forniti da Golitsyn fossero affidabili, alcune delle sue valutazioni globali sulla strategia sovietica e del KGB erano discutibili. In particolare, ha contestato l’affermazione di Golitsyn secondo cui “la scissione cino-sovietica era una farsa per ingannare l’Occidente”. 

Golitsyn affermò che l’allora primo ministro del Regno Unito, Harold Wilson (1916-1995) era un informatore del KGB. Ciò ha incoraggiato le teorie del complotto all’interno dei servizi di sicurezza britannici riguardo a Wilson. Durante il periodo come presidente del Board of Trade alla fine degli anni ’40, Wilson era stato in missioni commerciali in Russia e aveva coltivato un’amicizia con il ministro del Commercio, Anastas Ivanoviç Mikoyan (1895-1987) e il ministro degli Esteri, Vyaceslav Michailoviç Molotov (1890-1986), e continuò le relazioni quando i laburisti entrarono all’opposizione e, secondo il materiale dell’Archivio Mitrokhin, le sue intuizioni sulla politica britannica furono apprezzate dal KGB, che avrebbe aperto un dossier nella speranza di reclutare Harold Wilson, con il nome in codice “Olding”, tentativo che comunque non portò a nulla. 

Successivamente, Golitsyn accusò il KGB di aver avvelenato Hugh Gaitskell (1906-1963), predecessore di Wilson come leader del partito laburista, affinché Wilson ne prendesse il controllo. Gaitskell morì dopo un attacco improvviso di lupus eritematoso, una malattia autoimmune. Le affermazioni di Golitsyn su Wilson furono credute in particolare dall’ufficiale dell’Mi-5 Peter Wright. Sebbene Wilson sia stato ripetutamente indagato dall’Mi-5 e scagionato, non pochi, all’interno del servizio, continuarono a credere che fosse un agente del KGB, e questa convinzione ha avuto un ruolo in complotti interni contro di lui. Fu poi sempre Golitsyn a rivelare di essere stato nientemeno che l’istruttore di Lee Harvey Oswald (1939-1963) durante il suo soggiorno in Russia e di essere a conoscenza di informazioni scottanti sull’assassinio di John F. Kennedy (1917-1963), nonché di essere in possesso di importanti segreti sul caso dell’aereo spia U2, ma le sue affermazioni furono contestate in seguito a due test falliti alla macchina della verità, e a un terzo invece considerato positivo. 

Di fatto, James Angleton considerò Golitsyn attendibile e ne fece un consulente dell’agenzia, in contrasto con Richard Helms (1913-2002), direttore della CIA, e J. Edgar Hoover (1875-1972) direttore dell’FBI. 

“Io sono lo Zarevich Aleksej!” 

Secondo le ricerche effettuate su documenti declassificati, la CIA dovrebbe essere considerata come principale responsabile della pazzia di Goleniewski, tradito e screditato al punto da determinare un crollo psicologico che lo portò a credere di essere lo Zarevich Alexej Romanov, figlio dello Zar Nicola II, sfuggito all’eccidio di Ekaterinburg, dove la famiglia reale fu sterminata dai bolscevichi il 17 luglio 1918, e di essere stato salvato in segreto da Yakov MikailoviçYurovsky (1878-1938), l’autore materiale dell’assassinio dei Romanov,  il quale lo avrebbe aiutato a passare in Polonia, attraverso Turchia, Grecia e Austria. 

La CIA non perse tempo nello sfruttare questa stravagante tesi per screditare ulteriormente Goleniewski, aggiungendo al dossier le continue accuse lanciate dallo stesso Goleniewski contro politici occidentali che riteneva essere ex-nazisti o agenti sovietici. 

Studi storiografici dimostrano che Goleniewski nacque 18 anni dopo il defunto Zarevich Alexei, ma la spia russa si appellò sempre a una particolare patologia mai confermata. A metà degli anni ’60, sulla copertina della rivista “Life” comparvero sia Goleniewski che Eugenia Smith, sedicente Anastasia Romanov. In quell’occasione, la Smith affermò di aver riconosciuto il fratello Alexeij in Goleniewski, che a sua volta affermò di aver riconosciuto nella Smith la sorella Anastasia. Venne anche effettuato un’analisi del DNA sui corpi riesumati a Ekaterinburg, molti anni dopo la morte dei Romanov, e il risultato fu oltremodo comprovante che entrambi avevano mentito. 

Goleniewski morì nel 1993 a New York, e fino all’ultimo non smise mai di sostenere di essere lo Zarevich Alexei, nome che usò anche nel certificato di matrimonio, sposando Ingrid Kampf nel settembre 1964. Non venne mai raggiunto dai killer del KGB e tutti segreti che conosceva, e che non rivelò mai né per vendetta, né per denaro o per desiderio di attenzione di un uomo tradito e rinnegato, morirono con lui. 

L’autore di “The Spy Who Was Left Out in the Cold” ha dichiarato che il controspionaggio britannico continua a negargli l’accesso alla maggior parte dei documenti che potrebbero rivelare il tassello mancante nell’ascesa e nella caduta di colui che reputa essere stato una delle spie più influenti della Guerra Fredda. 

La vicenda è ancora oggi disseminata di punti oscuri, perché la spia Golitsyn, una volta al sicuro in USA, riuscì a convincere James Angleton che solo lui era un autentico disertore intenzionato a passare al servizio dell’Occidente, e che tutti gli altri, primo fra tutti Goleniewsky, fossero ancora al servizio del KGB, e che trasmettevano informazioni a Mosca fingendosi “socialisti pentiti”, e nonostante che sia a Langley che a Londra, Goleniewski fosse considerato il più prezioso agente passato oltrecortina fino ad allora. 

Com’è noto, dal 1964 la CIA iniziò a prendere le distanze da Goleniewski, informando gli altri dipartimenti del governo che il vecchio e fidato agente doppio era “impazzito”. La cittadinanza che gli era stata promessa l’anno prima gli venne negata, e i continui cambiamenti di identità e coperture per sfuggire agli agenti di Mosca e Varsavia che volevano eliminare la spia, finirono per causare uno stato paranoico nel soggetto che, fra debolezza emotiva e problemi economici, finì per impazzire davvero. 

Nuove scoperte e rivelazioni 

Quello che è diventato celebre come “l’enigma della cospirazione Golitsyn”, ancora oggi è oggetto di ricerche, perché la vicenda ha numerosi punti rimasti oscuri. 

Il noto istituto di studi storici, specializzato in materia di cospirazione e spionaggio, la John Birch Society (JBS), ha indagato approfonditamente sul caso Goleniewski e sui metodi utilizzati dal KGB per le operazioni di inganno, depistaggio e controspionaggio, nei Paesi occidentali e specialmente negli Stati Uniti. Tuttavia, anche nei dossier della JBS sono presenti elementi che non contribuiscono a dissipare il mistero, specie se si considera che anche la JBS parte dal presupposto che Anatolij Golitsyn sia stato un autentico disertore passato all’Ovest. 

Dall’esame del dossier Golitsyn e da documenti desecretati, pare che James Angleton volesse saperne di più sull’apparato sovietico, e certo questo non deve stupire. In particolare era interessato a conoscere i motivi del perché il KGB fosse passato dallo spionaggio all’inganno, e perché l’apparato era stato riorganizzato. 

Golitsyn suggerì che tutto iniziò con una valutazione del Politburo a metà degli anni ’50 circa il fatto che l’Unione Sovietica non avrebbe prevalso in una eventuale guerra nucleare. Ne conseguiva che se voleva vincere contro l’Occidente, doveva utilizzare l’inganno piuttosto che la forza. Per questo unico scopo, l’intelligence sovietica avrebbe dovuto intraprendere il difficile compito di manipolare le informazioni occidentali relative ai leader politici. Ma perché la leadership e l’intelligence sovietica avrebbero percepito la necessità di manipolare le informazioni sui leader occidentali, basate su informazioni ricevute fin dagli anni Cinquanta? 

Secondo diversi studi, e come ha descritto lo stesso fondatore della JBS, Robert Welch, in “The Politician”, Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e Germania, e la maggior parte dei paesi della NATO, erano già profondamente infiltrati da agenti e simpatizzanti comunisti, ed era stato anche approvato un progetto per stimare il grado di influenza o controllo comunista sugli affari economici e politici di quasi tutte le nazioni del mondo.  

Golitsyn ha spiegato che la riorganizzazione del KGB nel 1958-59 è stata progettata per evitare ogni eventuale vulnerabilità. Per questo furono create due entità distinte, ovvero un KGB interno e uno esterno. Il KGB esterno era composto da personale che, per necessità, doveva essere in contatto con stranieri, ed era quindi vulnerabile. Comprendeva reclutatori e osservatori inviati presso ambasciate e missioni, addetti militari, agenti di disinformazione e propaganda, e funzionari che lavoravano all’estero. Dal momento che dovevano essere in contatto con gli occidentali, se non altro per tentare di reclutarli, si presumeva che fossero pedine sacrificabili, o almeno buona parte di loro. Questi agenti, ovviamente, venivano tenuti all’oscuro di segreti importanti, ma erano appositamente addestrati su ciò che era “utile” fornire al nemico, se fossero stati catturati. Il KGB interno, invece, era la vera cassaforte dei segreti, limitato a un piccolo numero di ufficiali fidati, sotto la diretta supervisione del Politburo, che pianificava, orchestrava, controllava e analizzava le operazioni. 

Pertanto, la domanda fondamentale rimane: come fanno i teorici della cospirazione a decidere a chi e cosa credere quando due diverse fonti (definite entrambe autorevoli e affidabili) giungono a conclusioni diverse, che si escludono a vicenda sullo stesso argomento? 

L’affare Goleniewski è in questo caso l’esempio ideale. Per gettare su di lui maggiore discredito, da Mosca furono anche diffuse informazioni che ne avvaloravano le responsabilità, ad esempio sul fatto che, in Polonia, Goleniewski avesse accesso a un’enorme quantità di informazioni di intelligence, che includevano dati sulle operazioni delle reti e degli agenti sovietici, nonché sui loro programmi, metodi operativi e nomi di traditori nel mondo occidentale. 

Dopo aver raggiunto una posizione elevata e aver accumulato molti dati, Goleniewski prese contatto con l’Occidente. Dall’aprile 1958 al dicembre 1960 servì volontariamente gli Stati Uniti redigendo e inviando segretamente in USA oltre 160 pagine di rapporti segreti dattiloscritti e più di 5.000 pagine di documenti top secret su microfilm che avevano a che fare con lo spionaggio satellitare sovietico, i servizi e gli agenti dell’intelligence polacca e della Germania orientale nell’Europa occidentale. In prevalenza, informazioni su questioni militari, economiche, politiche, di intelligence e controspionaggio, riguardanti il blocco sovietico, e oltre 800 pagine di rapporti dell’intelligence sovietica e polacca, che dimostravano i risultati delle loro operazioni in Occidente. 

A seguito di una particolare scoperta del KGB, Goleniewski e sua moglie furono quindi costretti a fuggire in Occidente e, il 12 gennaio 1961 arrivarono negli Stati Uniti, accompagnati dall’agente della CIA Homer E. Roman. Da questa data fino al 14 dicembre 1963 Goleniewski informò le autorità statunitensi sui rapporti e sui microfilm già inviati e mostrò altri personali appunti su 240 agenti infiltrati, con nomi, identificazioni, incarichi, posizioni e operazioni. Successivamente lavorò con la CIA su oltre 2000 casi che coinvolgevano agenti dell’intelligence militare polacca, dei servizi segreti della Germania orientale, del KGB-GRU, e altro ancora. 

Per quanto riguarda le informazioni di Golitsyn, ci sono i casi effettivi citati, oltre alle dichiarazioni rese da funzionari statunitensi nell’audizione della sottocommissione per la sicurezza interna del Senato (“State Department Security 1963-1965”). 

Nel gennaio 1975, Goleniewski iniziò anche pubblicare una newsletter mensile chiamata “Double Eagle” per presentare le sue opinioni. Nel marzo 1985 scrisse un documento incentrato sull’analisi selezionata della diffusione della disinformazione sovietica attraverso diverse pubblicazioni occidentali. Una parte importante di questo documento è dedicata ad Anatoli Golitsyn. 

Goleniewski afferma che dopo l’arrivo di Golitsyn negli Stati Uniti, nel 1962, fu consultato dal suo referente nella CIA, Herman Kimsey, riguardo al nuovo arrivato e alle sue attività, specialmente quelle passate e sul suo status nella struttura del KGB. 

Goleniewski espresse non poche perplessità circa il sostegno di Golitsyn all’interno del governo statunitense, e soprattutto nel SIS britannico, e indicò che nel caso erano necessariamente coinvolti agenti infiltrati di supporto negli Stati Uniti e nei governi del Commonwealth britannico. 

Goleniewski ha poi osservato: “È motivo di grande divertimento, in varie scuole del KGB e del GRU nell’Unione Sovietica, e fra alcuni dei capi esperti delle agenzie di sicurezza e controspionaggio occidentali, che il governo degli Stati Uniti abbia approvato come autentica la defezione di Golitsyn, personificazione della disinformazione. Golitsyn è un ufficiale di alto rango e di incarichi di alto prestigio all’interno dell’intelligence sovietica, e ha partecipato alle riunioni del Segretariato del Comitato Centrale presieduto da Josif Stalin (1878-1953), nonché una riunione del Presidium presieduta da Georgij Maksimilianoviç Malenkov (1901-1988) e alla presenza di Nikita Sergeeviç Kruschev (1894-1971), Leonid Iliiç Breznev (1906-1982) e Nikolaj Aleksandroviç Bulganin (1895-1975), ed è noto negli ambienti del controspionaggio con il nome di Martel”. 

Dall’altra parte, si sosteneva invece il ruolo di Goleniewski non poteva produrre alcuna informazione valida di controspionaggio perché l’unica prova della sua affidabilità erano stati i falsi disertori che avevano attaccato Golitsyn secondo le istruzioni del KGB, rendendo così più forte la versione della autentica della defezione di quest’ultimo. 

In sintesi, un chiaro esempio di cospirazione, che vuole far credere a due proposizioni, le quali però si escludono a vicenda, vale a dire: sia Golitsyn che Goleniewski erano agenti esperti, affidabili e autorevoli, specializzati nella disinformazione e in operazioni di intelligence. A questo punto, dove sta la verità, considerando che nell’ambiente dello spionaggio spesso di verità ne esiste più di una? 

Bibliografia: 

“New Lies for Old” – Anatoliy Golitsyn, 1990; 

“The Perestroika Deception: memoranda to the Central Intelligence Agency” – Edward Harle, 1998; 

“Deception: the invisible war between KGB and CIA” – Edward J. Epstein, 1989. 

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