La seconda vita di Guido Morselli, un grande Autore ancora sconosciuto ai più. Di Roberto Roggero.

Guido Morselli in età giovanile.

La rivalutazione dello scrittore non arriva dall’Italia, ma dagli USA, in particolare con “Dissipatio H.G.”, ultimo romanzo prima del suicidio.

Nato nell’agosto 1912, a Bologna, da una famiglia della borghesia benestante, Guido Morselli si tolse la vita nell’estate del 1973, deluso dal sistematico rifiuto di molte case editrici che avevano ricevuto i suoi manoscritti. Una personalità dotata di particolare sensibilità, segnata dalla perdita della madre, vittima dell’epidemia di influenza spagnola, nel 1924, da quella della sorella nel ’38, e dall’assenza di un padre troppo occupato nel proprio lavoro, e poco propenso alle affettività familiari. Guido infatti era un adolescente chiuso in sé stesso, poco socievole, irrequieto, non propenso allo studio, ma fortunatamente dotato di una intelligenza precoce e notevolmente reattiva, che preferiva dedicarsi all’istruzione come autodidatta, scrivendo i primi saggi a carattere giornalistico, per piacere personale. Dopo il servizio militare, soggiornò all’estero, e continuò a scrivere reportage giornalistici che però non furono pubblicati, mentre i rapporti già tesi con il padre si deteriorarono ulteriormente. 

Amareggiato, ma non domo, Morselli cominciò a frequentare il club letterario “Società del Giardino”,  e scrisse il romanzo “La mia vita”, oltre a redigere un diario che si snodò per tutta la sua pur breve esistenza. Guido Morselli si cimentò in diversi generi, sperimentando, e trovandosi a proprio agio, anche nella stesura di romanzi ucronici. In particolare, “Roma senza Papa” (edito nel 1974), dove la Chiesa cattolica, alla fine del ‘900, è governata da un pontefice irlandese, tale Giovanni XXIV, il quale lascia il Vaticano e sceglie di vivere a Zagarolo, in una modesta casetta.. 

Nel corso di un viaggio di lavoro annota sul suo diario appunti di stesura del romanzo “Uomini e amori”, prima opera importante dai forti accenti autobiografici, ed inizia anche il saggio “Realismo e fantasia” (ovvero “Dialoghi con Sereno”, che uscirà pubblicato dall’editore Bocca).

Isolamento volontario 

Negli anni Cinquanta, Morselli disegna e fa costruire una piccola casa a Gavirate, su un terreno acquistato dal padre. Sarà il suo rifugio (la “Santa Trinità”): abitazione semplice e priva di inutili confort. In questo periodo la fidanzata Carla respinge la sua proposta di matrimonio e, quando sposerà un altro, Morselli ne soffrirà moltissimo. 

I rapporti di Morselli con le donne furono costantemente complicati, se non bizzarri. Dopo la perdita dell’amata Carla, non si farà più coinvolgere sentimentalmente, ma si limiterà ad avventure fugaci, che nulla avevano a che fare con quella profonda passione, della quale per altro accusò sempre la mancanza.

Nell’isolamento di Gavirate, Morselli compose la maggior parte della sua produzione, ed inaugurò collaborazioni giornalistiche con “Il Tempo” di Milano.

Nel suo diario scrisse: “Il lavoro è un inganno, un pretesto. Se fossimo felici, il lavoro sarebbe tutt’al più una pausa, imposta dalla nostra fragilità, come fra un bacio e l’altro di due amanti il respiro.”. 

Perché Guido Morselli decide di ritirarsi in solitudine? Fu una scelta volontaria o una condizione cui lo scrittore fu costretto? 

Nel 1958 morì il padre. Nonostante litigi e incomprensioni per Morselli fu un dolore atroce che gli servì però da stimolo produttivo. Forse una sorta di “male necessario”, dal quale nacquero opere come “Il Comunista”, “Roma senza Papa”, “Contropassato prossimo”, “Divertimento 1889”. 

Sconfortato, spinto dalla disperazione causata dal continuo rifiuto da parte degli editori, Guido Morselli si spara alla testa il 31 luglio ‘73, usando quella che nel suo diario definiva “la mia ragazza dell’occhio scuro”, ovvero una pistola Browning 7.65 mm. 

I diari costituiscono una chiave di lettura approfondita della psicologia di Guido Morselli, poiché comprendono, fra le molte altre cose, una cartella intitolata “Rapporti con gli editori”, descritti come individui dall’etica alquanto approssimativa. Unico, fra questi, Geno Pampaloni, della casa editrice “Comunità”, che volle riservarsi sei mesi di tempo per visionare il saggio “Filosofia sotto la tenda”: testo composto da sole 60 pagine. 

Lo stesso Italo Calvino, che negli anni Sessanta era direttore editoriale della “Einaudi”, rifiutò la pubblicazione de “Il Comunista”, rispondendo a Morselli con una lettera nella quale criticava il lavoro: “Dove ogni accento di verità si perde è quando ci si trova all’interno del partito comunista. Lo lasci dire a me che quel mondo lo conosco, credo proprio di poter dire, a tutti i livelli. Né le parole, né gli atteggiamenti, né le posizioni psicologiche sono vere. Ed è un mondo che troppa gente conosce per poterlo inventare. Spero che Lei non s’arrabbi per il mio giudizio”. Constatando il rifiuto, Morselli rispose: “Quando torna a Milano me lo faccia sapere, verrò a salutarla e per me sarà incontrare un amico. Per non essere, a Lei, del tutto uno sconosciuto: sono emiliano, autodidatta, vivo solo su un piccolo pezzo di terra dove faccio un poco di tutto, anche il muratore; politicamente sono in crisi, con quasi nessuna speranza di uscirne”. Nel 1966, Rizzoli, accettò di pubblicargli il lavoro e iniziò a sottoporgli le bozze per la correzione; ciononostante, il nuovo direttore editoriale annullò tutti i programmi e il romanzo rimase una bozza. 

Carlo Fruttero, della casa editrice Mondadori, ricevette il romanzo “Contropassato prossimo”, ma anche in questo caso ne seguì un nuovo rifiuto: “Inizio sfolgorante, buona prima parte, ma la seconda non convince”. 

Certo, nessuno scrittore vede di buon grado una fama post-mortem, tuttavia questo fu ciò che oggi si potrebbe definire “il Karma” di Guido Morselli: proiezione esemplare del romanziere postumo, forse perché ha “osato troppo” nello sperimentare un genere eccessivamente discostante dalla linea tradizionale del romanzo italiano dell’epoca. 

Fu la sua improvvisa e tragica scomparsa a dare inizio al caso letterario, con intellettuali e scrittori di fama che riaprirono il caso Morselli, additando modelli come Emmanuel Kant, Anatole France, Marcel Proust, fino a Giacomo Leopardi, Friedrich Hegel, Karl Marx e perfino Sant’Agostino. Alla fine, fu la casa editrice “Adelphi” a dare alle stampe la completa produzione di questo anomalo scrittore. 

Oggi a lui è intitolato anche un Premio Letterario, tuttavia non è ancora conosciuto come dovrebbe. Ci stanno provando gli americani, che avranno mille difetti ma per quanto riguarda editoria e giornalismo viaggiano decisamente meglio rispetto al Vecchio Mondo, e al nostro Paese in particolare. 

Il “New York Times” è stato il primo a rispolverare l’autore bolognese, poi è stata la volta del “New Yorker”, con un ampio servizio, intitolato “Il romanziere italiano che ha immaginato un mondo senza umanità” dedicato in particolare all’ultimo romanzo, “Dissipatio HG”, il rifiuto del quale da parte degli editori fu la classica goccia che fece traboccare il vaso, e che spinse Morselli al suicidio. 

L’indagine personale di Guido Morselli, che rivela note stilistiche e umane decisamente uniche, era incentrata nella esplorazione della sottile linea di confine fra beata solitudine e isolamento estremo, in un continuo disequilibrio dettato da variazioni di stati d’animo ed emozioni, Un dato costante emerge dalle pagine di Morselli: nella lettera di addio, quella notte del 31 luglio 1973, lasciò scritto “Non ho alcun rancore”. Il che la dice lunga sul fatto che egli non avesse paura di nulla, salvo che dell’essere umano. 

BIBLIOGRAFIA:

“Guido Morselli: i percorsi sommersi” – Elena Borsa/Sara D’Arienzo, 1998; 

“Invito alla lettura di Morselli” – Valentina Fortichiari, 1984; 

“Morselli e il tempo” – Francesca Parmeggiani, 2001; 

“Morselli e il mistero del male” – Carmine Di Biase, 1978; 

“Morselli antimoderno” – Alessandro Gaudio, 2011; 

“Guido Morselli. Un inspiegabile caso letterario” – Marina Lessona Fasano, 2003. 

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