Recentemente è stata votata e approvata in Parlamento (in piena crisi Covid-19) una legge che punisce comportamenti accomunati dalla finalità di discriminazione fondate sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale e sull‘identità di genere: la c.d. Legge Zan (non entrerò nel merito di questa legge poiché mi sono già espresso in passato, ma desidero ricordare ai “politici di professione” che hanno votato contro, con giuste motivazioni, che esiste lo strumento referendario per chiederne eventualmente l’abrogazione. Esiste infatti il dispositivo dell’art. 604 bis Codice Penale (Libro Secondo – Dei delitti in particolare → Titolo XII – Dei delitti contro la persona → Capo III – Dei delitti contro la libertà individuale → Sezione I bis – Dei delitti contro l’eguaglianza) che punisce chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi e vieta ogni organizzazione, associazione, movimento o gruppo avente tra i propri scopi chi diffonde teorie che si fondano, ad esempio, sulla negazione o minimizzazione della Shoah o dei crimini di genocidio, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra, come definiti dagli articoli 6, 7 e 8 dello statuto della Corte penale internazionale. Tutto ciò è anticipato da altre leggi: la Legge Mancino che sanziona e condanna gesti, azioni e slogan legati all’ideologia nazifascista, ed è successiva alla Legge Reale che di fatto sanciva il diritto delle forze dell’ordine ad utilizzare armi da fuoco quando strettamente necessario anche per mantenere l’ordine pubblico, etc.. Senza dimenticare la famosa Legge Scelba che vieta e persegue la riorganizzazione del disciolto partito fascista, perseguendo finalità antidemocratiche proprie del partito fascista. Fatta questa premessa, perché non “colpire” e “vietare” sul nostro territorio la promozione del fondamentalismo islamico? Oppure, anche qui’, intendiamo “abbaiare” senza poi mordere? Perché continuare questo teatrino di fingere di lottare contro il fondamentalismo islamico, che nelle nostre città sta tessendo le sue tele? Si sa benissimo che quando favoriamo l’UCOII (l’Unione delle Comunità e Organizzazioni Islamiche in Italia è la rappresentanza dell’organizzazione globalista islamica “Fratelli Musulmani” ed è la più diffusa e radicata associazione islamica italiana che riunisce 153 associazioni, sia territoriali che di settore, e gestisce circa 80 moschee e 300 luoghi di culto non ufficiali) aiutiamo a diffondersi e organizzarsi in Italia il fondamentalismo islamico. Mentre l’Inghilterra e la Francia li dichiarano “fuorilegge” ed espellono i suoi rappresentanti, in Italia li aiutiamo a conquistarci. Si. Ripeto per chi abbia dubbi: a conquistarci! E’ vero che non siamo noi in guerra contro l’Islam, ma il contrario. Sono i fondamentalisti islamici in guerra contro di noi e non è una guerra ordinaria. È la jihad, l’invito alla sottomissione.
Ci troviamo di fronte a un movimento su larga scala: la conquista del mondo da parte del movimento fondamentalista islamico “Fratelli Musulmani” che vede un Islam tornato alle sue origini. C’è una distinzione fondamentale nell’Islam che suddivide il mondo in due parti : il mondo della pace, della sottomissione, chiamato “Dar al Islam” (con l’espressione dār al-Islām -in arabo: letteralmente “Casa dell’Islam”- la cultura islamica identifica i territori che sono sottoposti all’imperio politico e giuridico dell’Islam, dove i musulmani possono compiere gli obblighi loro richiesti in quanto credenti, in particolare l’ottemperanza ai cinque pilastri dell’Islam: la Testimonianza di fede, shahāda – la preghiera , salāt – l’elemosina legale, zakāt – il digiuno nel mese di Ramadan, ṣawm o ṣiyam, e il pellegrinaggio alla Mecca, ḥajj; rientra nella teoria islamica della ripartizione territoriale del pianeta, basata su principî confessionali e di extraterritorialità, partendo dall’assunto che l’obiettivo dell’Islam è l’intero pianeta, la giurisprudenza islamica (non la teologia islamica) e in questo “mondo” hanno diritto di vivere e operare solo i musulmani e, con diverse limitazioni (come ad esempio il divieto di proselitismo e di erigere nuove chiese o monasteri) gli appartenenti alle cosiddette religioni “del Libro” (Ahl al-Kitāb) mentre ne sono esclusi i politeisti e gli atei. L’altro “mondo” è il mondo della guerra, della conquista, dell’invasione, della jihad, noto come “Dar al harb” (in arabo: “dimora della guerra”), è il territorio esterno alla dār al-Islām, abitato da non musulmani, che sono chiamati tecnicamente ḥarbī – nel diritto musulmano, l’infedele, il non musulmano, il nemico – e sono divisi in diverse categorie: kāfir – politeisti o apostati , murtadd – e kitābī se appartenenti a una delle religioni monoteistiche – Ahl al-kitāb ; nella Dār al-Harb, i dhimmi – i sudditi di uno stato islamico governato dalla shari’a, la legge islamica, al quale è concessa libertà di culto come cristiani, ebrei, zoroastriani e fedeli di qualche altra religione come i sabei, occasionalmente gli induisti, normalmente residenti in terra d’Islam a seguito di un patto detto dhimma, “patto di protezione” contratto tra non musulmani e un’autorità di governo musulmana) .
Oggi stiamo assistendo impotenti al grande movimento nella storia dell’Islam, tentativo mai arrestatosi: la conquista, la colonizzazione dell’Occidente. Il primo fu fermato a Poitiers nell’ottobre del 732 (la battaglia di Poitiers, in Francia, si svolse, per arrestare l’espansione dell’islam in Europa e fu combattuta tra l’esercito arabo-musulmano di Abd al-Rahman e quello dei Franchi di Carlo Martello; l’esercito arabo fu sconfitto dai Franchi e lo stesso generale arabo perse la vita nel corso della battaglia), il secondo fu il 2 gennaio 1492 con la “Reconquista” di Granada, in Spagna, dove a distanza di distanza di otto secoli dalla conquista musulmana i seguaci di Maometto furono costretti ad abbandonare la penisola iberica lasciandola nelle mani di Isabella di Castiglia e Ferdinando d’Aragona e poi la battaglia di Lepanto, una città greca posta all’imboccatura del golfo di Corinto, il 7 ottobre 1571, dove una grande flotta della Lega Santa al comando di Giovanni d’Austria, fratello naturale di Filippo II, si fronteggiò alla flotta Turca e si risolse in una grande disfatta dei turchi, infine Vienna nel 1683, che rappresentò il punto di svolta a favore degli europei delle guerre ottomano e segnò l’arresto della spinta espansionistica ottomana in Europa.
Ci sono voluti secoli di invasione, poi secoli di liberazione….ma la jihad non si è mai fermata e le terre colpite dall’Islam, malgrado le riconquiste, non sono mai state bonificate dall’Islam, lasciandolo crescere e diffondersi a macchia d’olio. In questo secondo movimento di diffusione in Occidente, sul suolo europeo, l’Islam considera l’Italia l’anello debole, il punto d’ingresso in Europa, ed è quindi diventata proprio la “terra da conquistare”. E’ l’anello debole per tre motivi: il crollo demografico, la richiesta di una forza lavoro complementare, la negazione delle radici giudaico-cristiane, e quindi il vuoto dell’identità.
Le loro armi sono ben chiare, almeno a chi scrive.
In primo luogo, la tranquilla installazione di una “contro-società” attorno al concetto di Islam moderato. Ci hanno provato riuscendoci in Inghilterra, dove già ci sono piccoli comuni in cui vige la sharia, la legge islamica in contrapposizione alla legge inglese; così anche in Belgio e nelle periferie delle grandi città francesi. Poi, in conseguenza ad atti di violenza, creare un riflesso di solidarietà e staccare questa contro-società dalla società occidentale composta da “miscredenti”. Le azioni terroristiche messe in atto nel mondo occidentale, significatamente nei paesi europei, non hanno principalmente lo scopo di intimidirci — siamo già molto deboli, lo sanno perfettamente — ma di lavorare alla contro-società islamica in formazione per separarla dalla società occidentale. Si vede già, questo effetto “separazione” dalla minima percentuale di islamici che partecipano alle manifestazioni di condanna degli attentati islamici perché non la sentono come loro, perché non li riguarda.
Se poi, in Italia, abbiamo anche figure istituzionali che vanno a braccetto coi “Fratelli Musulmani”, la strada gli è resa ancora più facile. Sono, per esempio, i due ultimi casi: quello del presidente della Camera, Roberto Fico, e il suo rapporto privilegiato con Al Jazeera, l’emittente del Qatar arcinota per essere la punta di lancia dei Fratelli Musulmani e quello del ministero della Giustizia che ha rinnovato all’UCOII l’ingresso dei propri imam nelle carceri. L’aver fatto della ricerca di verità e giustizia per Giulio Regeni una priorità è certamente lodevole, ma dalla terza carica dello Stato, qual è Roberto Fico, sarebbe stato lecito attendersi una maggiore attenzione nella scelta degli interlocutori per mantenere il dovuto equilibrio istituzionale. Oppure, è appunto ciò che rappresenta ad aver spinto il presidente della Camera a rilasciare ad Al Jazeera svariate interviste e d’altro canto, non sembrano esserci ritrosie nell’impiegare lo scranno più alto di Montecitorio per perseguire direttrici di politica estera che nulla hanno a che vedere con la linea diplomatica italiana, ma che hanno molto in comune con le esternazioni di Erdogan. Scorrono le stagioni, cambiano gli scenari, ma la sinistra ‒ quella a cinque stelle compresa ‒ resta sempre la stessa nella sua inclinazione benevola verso gli islamisti. I Fratelli Musulmani questo lo sanno bene ed ecco offrire a Roberto Fico la vasta tribuna sul mondo arabo di Al Jazeera per i suoi comizi da “statista”, incentrati principalmente su Giulio Regeni, ma che toccano anche l’emergenza Coronavirus, la Libia e l’ambiente (a favore di una politica “equa, cooperante e solidale… in cui venga messo in qualche modo in discussione il capitalismo odierno… per cercare di avere uno sviluppo, ma uno sviluppo sostenibile”).
Non è da sottacere anche la decisione presa dal ministero della Giustizia di de-radicalizzare i radicalizzati con gli stessi radicalizzatori. E’, infatti, questa la logica alla base della collaborazione tra il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (DAP) del Ministero della Giustizia e l’UCOII ( come sopra detto emanazione dei Fratelli Musulmani) in merito all’assistenza spirituale da fornire a detenuti di religione musulmana, molti dei quali sono a rischio radicalizzazione, se radicalizzati non lo sono già (e quindi condannati per attività legate al terrorismo islamico). Una collaborazione che si rinnova e amplia addirittura i propri orizzonti, segno che il committente, vale a dire il Ministero della Giustizia, deve essere particolarmente soddisfatto dell’operato in carcere degli imam facenti capo all’UCOII. Così mentre l’Inghilterra, la Francia e l’Austria li condannano, nell’Italia rosso-gialla, i Fratelli Musulmani vengono invece premiati (ogni riferimento non è assolutamente casuale) con alti riconoscimenti al merito della Repubblica, incarichi politici e appunto con l’onere di presiedere con i propri “ministri di Dio” alla cura di anime precedentemente traviate dal suo stesso fondamentalismo. Alla discontinuità, il Ministro Bonafede ha però preferito la recidività ed allora dubbi e domande sorgono spontaneamente sulle relazioni che il Ministero della Giustizia continua a intrattenere con l’UCOII, malgrado la consapevolezza della vera natura dell’organizzazione sia ormai comunemente diffusa tra gli addetti ai lavori e nell’opinione pubblica. Abile nel fingere di non sapere e di non capire, il Ministro Bonafede è riuscito a sgusciare via senza fornire in sostanza risposta alcuna alle domande incalzanti poste durante un’interrogazione alla Camera dei Deputati, nella quale gli si chiedeva conto delle ragioni del rinnovo della collaborazione tra lo Stato e il braccio italiano dei Fratelli Musulmani (perché di questo si tratta). La collaborazione con gli imam dell’UCOII nelle carceri è iniziata nel 2015, quali sono stati i risultati conseguiti? Qual è la valutazione del DAP? Il rinnovo dell’accordo, che prevede anche il coordinamento da parte dell’UCOII di un corso di formazione per imam da poco avviato presso l’Università di Padova, si è basate su considerazioni di merito o di tipo “politico”? Quali sono, in ogni caso, queste considerazioni? Qual è la precisa opinione del Ministro Bonafede circa la natura dell’UCOII come espressione dei Fratelli Musulmani in Italia? Qual è valutazione del Ministro Bonafede sugli obiettivi dell’UCOII, sulla base delle seguenti dichiarazioni pronunciate dall’attuale leader mondiale dei Fratelli Musulmani, Sheikh Youssef Al Qaradawi, protetto non a caso dal Qatar? “La conquista di Roma, la conquista dell’Italia e dell’Europa, significa che l’Islam tornerà in Europa ancora una volta. […] La conquista si farà con la guerra? No, non è necessario. C’è una conquista pacifica [e] prevedo che l’Islam tornerà in Europa senza ricorrere alla spada. [La conquista] si farà attraverso la predicazione e le idee”. Il rinnovo dell’accordo è per caso uno dei prezzi da pagare per le “relazioni pericolose” che l’Italia ha instaurato con gli emiri di Doha?
All’ideologia, allo spirito e agli obiettivi dei padri fondatori, l’UCOII è rimasta fedele fino ad oggi, attraversando in maniera del tutto impunita gravi scandali tra cui i cosiddetti Qatar Papers (decine di milioni di euro presi dal Qatar per promuovere dalla Lombardia alla Sicilia la visione fondamentalista dell’islam tipica dei Fratelli Musulmani, il tutto comprovato da documentazione inoppugnabile) e in ultimo, solo qualche settimana fa, le farneticazioni online del proprio segretario generale su cristianesimo e giudaismo come “eresie da correggere”. Davvero sono i partner ideali per combattere la radicalizzazione nelle carceri? Evidentemente, l’esponente del Movimento Cinquestelle pensa di sì, non distinguendosi affatto dal suo predecessore in quota PD, Andrea Orlando, che aveva dato avvio alla collaborazione istituzionale con l’UCOII, conformemente alla tradizionale linea politica di una certa sinistra di derivazione marxista-comunista, consistente nel supportare le componenti estremiste in seno alla comunità musulmana in Italia.
Il Ministro Bonafede era già stato avvertito che in tutta evidenza non era certo una buona idea affidarsi al braccio italiano dei Fratelli Musulmani per la de-radicalizzazione e la prevenzione della radicalizzazione in carcere. Ma, in fondo, chi meglio può inserirsi nelle delicate dinamiche della vita nei centri di detenzione di soggetti che il mondo arabo continua a combattere perché fautori di un estremismo che ha ispirato Al Qaeda e non è certo estraneo alle farneticazioni ideologiche e dottrinarie dell’ISIS?
Sa, il Ministro Bonafede, che per l’assistenza spirituale e le attività di culto il Regno del Marocco invia in Italia dei propri imam certificati, non fidandosi degli imam di origine marocchina basati in territorio italiano che portano il timbro dell’UCOII? Perché il Ministero dell’Interno dovrebbe allora autorizzare, come evidentemente ha già fatto, l’impiego di imam dell’UCOII nelle carceri? Quella dell’UCOII ai detenuti radicalizzati non è altro che un’infusione di pazienza, effettuata attraverso il pretesto di contrastare “il fenomeno della vittimizzazione”, dovuto alla percezione, reale o meno, di essere discriminati perché musulmani, sostituendo “il risentimento per la propria condizione” con un momento di riflessione morale e di speranza “attraverso il perdono”, come spiega la stessa UCOII sul proprio sito Web (accesso effettuato il 24 settembre 2020). In sostanza, perdonare l’infedele, ovvero lo Stato e la società italiana che ancora non abbracciano la fede musulmana, per far sì che la rabbia (legittima) del detenuto non sfoci nel terrorismo.
L’attività degli imam e dei mediatori interculturali dell’UCOII si svolge in lingua araba: che provvedimenti sono stati presi per rispondere alle critiche mosse dall’Istituto Studi Penitenziari, che ha lamentato “l’impossibilità per gli operatori (leggasi educatori e polizia penitenziaria) di comprendere che cosa effettivamente essi [i detenuti musulmani e gli inviati dell’UCOII] si dicano durante i momenti di preghiera collettiva”, quando vengono recitati i sermoni o si tengono colloqui?
Il ministro Bonafede ha pero’ annunciato, si deve dargliene atto, che accordi simili a quello firmato con l’UCOII verranno presto firmati con altre organizzazioni islamiche, non appartenenti ‒ fortunatamente ‒ ai Fratelli Musulmani e alla corrente del cosiddetto islam “politico”. Perché non concentrarsi esclusivamente sul consolidamento delle relazioni con queste organizzazioni, invece di continuare a dare spazio all’UCOII peraltro elevandolo nella posizione di partner privilegiato?
In Italia, ci sono tanti imam e la comunità musulmana è per la maggioranza favorevole a una piena integrazione nel tessuto sociale e culturale del paese: perché puntare sul fondamentalismo che non riconosce la legittimità delle altre religioni ed alza barriere per impedire l’integrazione, soprattutto delle nuove generazioni? Oppure, il Ministro Bonafede concorda con l’affermazione per la quale cristianesimo e giudaismo sono “eresie da correggere”?
Del resto come dar loro “torto” quando a noi stessi interessa poco difendere le nostre radici? Noi che accettiamo la deculturazione dell’Europa, Quell’Europa che è stata romanizzata, cristianizzata e soggetta alla disciplina e allo spirito dei Greci. A questo aggiungiamoci la diseducazione nazionale e il giogo dhimmico è fatto! Così impariamo l’arabo alla scuola pubblica e le scuole private cattoliche vengono economicamente asfissiate… Ora abbiamo solo la libertà di espressione e laicità come scudi, cioè la neutralità, la cultura ragionata e fredda …e nel nome della “fratellanza”, del “solidarismo” e della “accoglienza” permettiamo che il Corano soppianti la Bibbia e il Vangelo.
Subiamo anche – il che ci indebolisce ancor di più – l’ideologia della “accoglienza dell’altro”, condivisa a Bruxelles e Roma, con la benedizione del papa che va a Lampedusa a predicarla. Il contrario della battaglia di Lepanto.
Qualcuno potrebbe dirmi di non mescolare Islam e islamismo fondamentalista. Certamente! Ma i jihadisti, coltello in aria e a squarcia gola, finora, non hanno ancora gridato “Viva Buddha!” o “Viva la Vergine Maria!” . Allora rispondo loro che l’Islam non è strettamente una religione, è una legge. Non possiamo riformare, adattare, modificare, la parola increata che è Islam. Coloro che dicono “creeremo un Islam illuminista” o “professiamo un Islam moderato” non capiscono cos’è veramente l’Islam e che ci dicono ciò per farci dormire sonni tranquilli. L’Islam è una legge, non è una sorta di cattolicesimo musulmano. Bisogna capire che l’Islam e l’islamismo sono uguali. L’islamismo è l’Islam in fretta, rumoroso e ruvido. L’Islam è un islamismo paziente, discreto e metodico. L’obiettivo dichiarato dell’Islam, fin dall’inizio, non è la conversione del mondo intero, ma la sua conquista, non necessariamente militare. Cerca di stabilire regimi in cui una qualche forma di legge islamica sarà in vigore in modo che i loro sudditi abbiano un interesse a lungo termine alla conversione.
Gli attentati terroristici islamisti di Nizza e Vienna avrebbero dovuto essere l’ultimo monito per un’Europa martoriata e mortificata. Eppure, neanche le due ultime stragi hanno saputo ridimensionare le strategie intergovernative occidentali, ancora supine a organizzazioni e politici islamisti. Del resto è quanto sostengono tanti analisti di Arabia Saudita, Palestina e Tunisia, che in questi giorni stanno esaminando la delicata situazione in cui si trova l’Europa, mettendola in guardia: continuare a finanziare o essere compiacenti verso le organizzazioni islamiste alimenterà il terrorismo. Negli ultimi anni il terrorismo di matrice islamica s’è nutrito non solo della dimensione sua propria di progetto per punire l’infedele di turno, ma anche della spettacolarizzazione degli attentati come strumento per produrre la grande mediatizzazione. Lasciare che i media insistano e discutano, senza sforzo, di islamismo, califfato, sharia è pubblicità alla pretesa che esista un problema di “islamofobia”. E ciò nonostante i media, poi, tendono sempre a giustificarli. Perché in questo modo si alimenta il sogno dell’islamismo: marketing che fa progredire il progetto islamico, una sponsorizzazione a basso costo e di successo. Non quindi è un caso che il velo e l’osservanza della sharia crescano a dismisura nelle capitali europee, e che la guerra ai miscredenti nasca dal basso, nelle periferie, dimostrando l’estraneità a qualsiasi processo d’integrazione.
Del resto il lavoro di penetrazione delle varie organizzazioni terroristiche, con la complicità più o meno consapevole dei vari capi di Stato occidentali, ha portato a una paranoizzazione che ha convinto i musulmani in Europa a sentirsi perseguitati se non hanno piscine e palestre separate, se non è loro concesso di indossare il velo fin dalle scuole elementari, e se non vengono dispensati da tante norme per far valere la sharia. Con la logica dell’antirazzismo, l’islam è penetrato in ogni istituzione pubblica, ha disseminato moschee e Ong pericolose che coltivano il “separatismo-sociale” autogiustificato.
I nostri servizi di sicurezza e quindi il primo ministro Conte, che ne è al vertice, sanno molto bene che ci sono governi e organizzazioni islamiche che attualmente sostengono gli attentati terroristici in Francia e in Europa. Sanno molto bene che la Turchia di Erdogan e il Qatar alimentano il terrorismo e lo sostengono anche con i soldi dell’Unione Europea, percepiti grazie ai vari accordi sull’immigrazione siglati con l’U.E.. Ma non si tratta di considerazioni che vengono solo dal Golfo Persico, ma di un avvertimento lanciato nelle ultime settimane da un numero crescente di scrittori, analisti politici e politici di Paesi arabi. Il messaggio principale, inviato agli europei da chi l’islam lo ha in casa da sempre, è: l’islam politico è una minaccia non solo per i non musulmani, ma anche per gli arabi. Gli europei devono svegliarsi e iniziare ad affrontare il terrorismo islamico. Le organizzazioni dell’Islam politico sono la ragione per diffondere odio e terrorismo nel mondo. Il punto di vista unanime riguarda il concetto stesso di terrorismo, che in Europa è mistificato e che fa sorgere una domanda: com’è possibile che tante organizzazioni politiche islamiche sono bandite nei Paesi arabi e islamici, ma in Europa – specie in Italia – no? Com’è il caso dell’organizzazione dei Fratelli Musulmani – l’incubo di Algeria, Giordania, Libia, Marocco, Palestina, Sudan, Tunisia (tutti Paesi dove la longa manus della Fratellanza s’è infiltrata in tanti partiti politici) – finanziata da Qatar e Turchia e che è stata trattata dagli Usa di Obama e da tanti altri Paesi occidentali come un “movimento politico moderato”. Ma “moderato” non è! Si tratta invece di un movimento fuori legge già dal 1948, e che in Egitto è diventato ufficialmente illegale nel 2014. Basti pensare che il sostegno di Doha alla Fratellanza è tra le cause scatenanti dell’embargo imposto dai Saud al Qatar nel 2017. È scandaloso considerare i Fratelli Musulmani come “centristi e moderati”, non c’è differenza tra loro e i gruppi jihadisti.
I problemi che l’Occidente ha iniziato a percepire stanno avendo un grave impatto sulla coesione della sua stessa società e dei suoi Stati. Questo è il risultato dell’abbraccio e del nutrimento dato ai movimenti politici islamisti. La presenza di questi gruppi nei Paesi occidentali ha proiettato un’ombra anche su milioni di musulmani che vivono in Occidente e che sono tenuti (dopo ogni attacco terroristico) a dimostrare la loro innocenza.
Sento molti dire che l’Islam è una civiltà ormai presente sul nostro suolo, che dobbiamo quindi imparare a scoprire e accettare… l’Islam, cari amici che mi leggete, è una civiltà che porta i frutti delle sue conquiste: l’architettura bizantina, la matematica di Tolomeo. È vero! Non dobbiamo giudicare male questa civiltà, ma da rispettarla ad accettarla ce ne passa! L’Islam non è la nostra civiltà. Guardando la Storia si scopre che queste due civiltà non sono mai state in grado di coesistere sullo stesso suolo ed è ciò che sta accadendo con i cristiani d’Oriente e il dramma armeno del Nagorno-Karabakh. Questo dovrebbe ispirarci un po’ di saggezza preventiva e lucidità.
Se vogliamo installare definitivamente due civiltà sul suolo italiano, sul suolo dell’Europa giudaico-cristiana, in un faccia a faccia impossibile, avremo una guerra civile. Del resto è già iniziata. E non è giocando con le parole dei “diritti umani” che potremo vincerla. L’Islam non è in grado di sopportare l’esistenza di “altri” lasciandoli essere “altri”. L’Islam è una grande religione-legge-Stato che si basa sull’impotenza a saldare legami con altri che non siano islamici, che siano esterni all’Islam.
Molte persone pensano che dovremmo accettare l’Islam e gli islamici. Bene, nel nome della laicità dello Stato rispondo che hanno ragione, ma dovremmo distinguere l’Islam e i musulmani. L’Islam è incompatibile con la nostra civiltà, a causa dell’umma, della sharia e della jihad. Ma i musulmani possono diventare italiani, europei se sappiamo come attirarli da noi e farli desiderare di assomigliare a noi. Non nell’edonismo digitale o nel globalismo eugenetico e sradicato, ma nell’esaltazione comune del nostro patrimonio vitale: la nostra cultura. Per diventare italiano, per diventare europeo, un musulmano dovrà compiere tre sforzi simultanei: cambiare il suo rapporto con il Corano e la Sunna, che sono le due fonti della Sharia, per primo, liberarsi dalla tutela e dall’influenza del paese d’origine, per secondo e per terzo accettare l’innesto di identità, cioè i nostri ricordi, i nostri sogni, la nostra storia… Può essere difficile? Non lo so’, ma ho visto tanti immigrati innamorati del nostro paese, della nostra cultura, della nostra civiltà divenire più italiani, più europei che degli italiani nativi. Quindi sì! È possibile che i musulmani diventino italiani e europei nel cuore. Ma solo se l’Italia tornerà ad essere l’Italia, se cesserà di vergognarsi di essere Italia. Una Nazione è una calamita e l‘Italia riacquisterebbe così la sua perdita di capacità di attrazione e non sarebbe più una facile preda da conquistare. Come fare? Semplice, dobbiamo spiegare, dire e ripetere che in Italia la sharia non ha spazio: nel nostro paese abbiamo campanili, non minareti. Dobbiamo rispettare, certamente, la libertà di cambiare religione, ma in Italia non si macellano gli animali senza stordirli, la poligamia è proibita, stringiamo la mano a donne che non valgono solo la metà degli uomini, non le picchiamo, non le costringiamo a indossare il velo, ecc. ecc. . In Italia, come in Europa, non applichiamo la sharia. In Italia vige lo Stato di Diritto, quello delle leggi emanate dal Parlamento e non in contrasto con la Costituzione. O almeno così dovrebbe essere.
Oggi però ci sono giudici che si ergono a “padroni del diritto” piegandolo ai loro pregiudizi e persino alla loro ideologia. In altre parole, la macchina giudiziaria è diventata una macchina per disintegrare la società. Così con i principi di “solidarietà” e di “fratellanza” si giustifica l’azione di chi aiuta i migranti clandestini ad entrare nel nostro Paese, nonostante esista la legge in materia di immigrazione che condanna e punisce l’immigrazione illegale. È l’ideologia dei diritti umani, dei diritti individuali distaccati dalla loro fedeltà nazionale. Non ci sono più cittadini, ci sono solo “individui che hanno diritti”. Ma questa battaglia si combatte anche a livello europeo. È così che questo dispositivo normativo protettivo è diventato un ricettacolo “venditori a domicilio” (non me ne vogliano) per ingenui che si bevono di tutto, ma talvolta e talvolta un macinino tritolatore trans-identitario. È lo Stato del diritto promosso dai giudici (che nulla ha a che vedere con lo Stato di diritto che i giudici dovrebbero difendere applicandolo) che distrugge la Nazione. Quindi dobbiamo e possiamo capire la frase profetica dello sceicco Youssouf al-Qaradawi: “Con le vostre leggi democratiche, vi colonizzeremo. Con le nostre leggi coraniche, vi domineremo”.
Quale soluzione allora? Se l’Italia tornerà a essere l’Italia, le cose si faranno da sole. Coloro che non sono a proprio agio con noi se ne andranno. L’Italia è una patria carnale, un romanzo d’amore che condividiamo; una leggenda che amiamo perché la conosciamo o perché la scopriamo, amandola come possiamo coccolare una madre adottiva. Si può benissimo divenire italiani senza essere italiani di origine. Non è vietato innamorarsi di un paese straniero! Se da domani spiegheremo che non c’è più halal e che non c’è speranza di stabilire un’altra civiltà — e la sua sharia — in Italia, le cose si risolveranno da sole. I recalcitranti partiranno in punta di piedi e noi vivremo con gli altri. Ma questo richiede uno sforzo, una volontà.
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