L’atteggiamento di Costantino nei riguardi della divinazione. Di Giovanni Pellegrino.

Costantino e la visione della Croce.

Dopo aver sconfitto Massenzio nella battaglia di Ponte Milvio, Costantino si convertì alla religione cristiana anche se non si fece battezzare se non in punto di morte. Costantino dichiarò che la sua vittoria su Massenzio nella battaglia di Ponte Milvio era stata dovuta in gran parte all’ aiuto di una “mens divina “che trascendeva le divinità tradizionali del paganesimo tradizionale. Dopo questa vittoria Costantino ebbe i suoi primi contatti col cristianesimo attraverso i rappresentanti della chiesa di Roma. In seguito a tale conversione Costantino emise dei provvedimenti legislativi che riguardavano la divinazione effettuata dagli arustici che rivestivano grande importanza nel paganesimo tradizionale romano.

Il primo di tali provvedimenti legislativi proibiva agli arustici di entrare nelle case private anche per motivi estranei alla divinazione: inoltre Costantino si spinse ancora oltre vietando ogni tipo di amicizia con gli arustici. Le pene minacciate sono gravissime: la condanna a morte per l’arustice, la confisca dei beni e il confino in un’isola per quanti accoglievano nelle loro case gli arustici[1].

In un altro provvedimento legislativo Costantino riconfermò il divieto agli arustici di entrare nelle case mentre concedeva agli arustici di celebrare i loro riti nei templi pagani in pubblico[2].

Come si vede Costantino pur vietando agli arustici di entrare nelle case private permette loro di celebrare i loro riti nei templi: questa apparente contraddizione si spiega tenendo presente che la maggioranza dei sudditi di Costantino erano pagani e non avrebbero tollerato la proibizione totale dei riti degli arustici[3].

Costantino in questi due provvedimenti legislativi manifesta una ostile indifferenza verso gli arustici ma poi in un successivo provvedimento legislativo permette che siano consultati gli arustici secondo le antiche tradizioni pagane nel caso che un fulmine abbia colpito un edificio pubblico[4].

Riteniamo ora opportuno chiarire chi erano gli arustici e quale ruolo abbiano avuto nella storia di Roma per meglio comprendere la portata dei provvedimenti legislativi di Costantino. Gli arustici erano gli indovini che nei tempi più antichi avevano il compito di predire il futuro dalle viscere degli animali sacrificati e poi si occupavano dell’interpretazione dei fulmini e di altri fenomeni naturali. Sin dai tempi della repubblica romana gli arustici avevano avuto un notevole prestigio e le loro parole avevano influenzato i più importanti personaggi della Roma repubblicana, ma anche sotto l’impero la situazione non cambiò e molti imperatori si avvalsero delle prestazioni degli arustici che ricevettero incarichi di particolare importanza da parte di molti imperatori. Tutto però cambiò dopo la vittoria di Costantino su Massenzio poiché Costantino dopo la sua vittoria non celebrò i tradizionali riti pagani e scatenò per tale ragione il malcontento e le nostalgie di una città ancora in massima parte pagana. Soprattutto gli arustici che erano soliti celebrare i loro riti nelle case private al difuori di ogni controllo costituirono un pericolo costante per Costantino poiché andando di casa in casa potevano sobillare la popolazione contro di lui formulando profezie contrarie all’ imperatore.

 Per evitare tali rischi Costantino vietò l’aruspicina privata con pene tanto severe che da sole ne dimostravano la grande diffusione. Tuttavia, leggi di condanna della divinazione privata non erano nuove nel mondo romano: esse erano già state promulgate da alcuni imperatori con misure di tutela nell’ ordine pubblico.

Tuttavia, a differenza dei precedenti imperatori Costantino non si limita a colpire gli aspetti più pericolosi dell’aruspicina privata ma esprime un disprezzo del tutto nuovo verso l’aruspicina pubblica pur ritenendola legalmente lecita. Quindi Costantino mostrò di disprezzare uno dei riti più antichi della tradizionale religione pagana[5]

Vedremo ora alcuni dei provvedimenti legislativi adottati dagli imperatori che precedettero Costantino contro l’aruspicina privata.

Secondo la testimonianza di Cassio Dionee, Augusto aveva proibito agli indovini di profetare da soli ed inoltre aveva proibito ogni profezia che riguardava la morta di qualcuno[6]. A sua volta Tiberio aveva rinnovato tale divieto come ricordava Svetonio che attribuì a tale divieto, all’ indole particolarmente sospettosa dell’imperatore il quale temendo delle vendette derivanti dal suo comportamento nei confronti dei sudditi viveva in continuo terrore.

Tuttavia, Costantino a differenza dei sui predecessori prese le distanze anche dall’ aruspicina pubblica che faceva parte dal tempo degli etruschi della religione tradizionale romana. Per dirla in altro modo Costantino voleva far comprendere ai suoi sudditi di essersi allontanato da questa antica tradizione romana.

Per comprendere i motivi che spinsero Costantino a prendere le distanze dalla religione tradizionale romana bisogna tener presente dal 313 in poi Costantino si fece influenzare dalle credenze della Chiesa come dimostrano altri provvedimenti legislativi emanati da Costantino. Dobbiamo evidenziare che i cristiani avevano sempre considerato i riti della divinazione così come quelli magici tra i loro peggiori nemici anche perché maghi e indovini avevano in passato esortato gli imperatori a perseguitare i cristiani. Volendo fare un esempio concreto Lattanzio ricorda che furono proprio gli aruspici con le loro accuse a fornire il pretesto a Diocleziano per cominciare le persecuzioni contro i cristiani[7].

Nonostante tutto le masse cristiane non erano insensibili al fascino che la divinazione continuava ad esercitare. Infatti, nella vita di ogni giorno non erano rari i casi di cristiani che accanto ai pagani cecavano di conoscere il futuro attraverso i riti della vecchia religione pagana. La Chiesa molto preoccupata da tale fatto ribadì a livello ufficiale la condanna della divinazione in ogni sua forma: nel concilio di Ancira del 314 furono puniti i cristiani che predicevano il futuro e che seguivano le pratiche pagane magiche[8].

Questa disposizione conciliare presenta singolari analogie con i provvedimenti legislativi di Costantino dal momento che in entrambi i provvedimenti vi è il divieto di ospitare indovini nelle case private.

Oltre ciò Costantino disprezzava gli aruspici anche perché essi prima della battaglia di Ponte Milvio avevano emesso profezie sfavorevoli all’ imperatore e favorevoli a Massenzio.

 Per tutti questi motivi le disposizioni di Costantino non si possono considerare semplicemente finalizzate a tutelare l’ordine pubblico ma si devono considerare conseguenza della sua conversione al cristianesimo. Tuttavia, Costantino non ebbe il coraggio di proibire l’aruspicina pubblica anche se la disprezzava. Per comprendere i motivi di fondo della prudenza dell’imperatore riguardo l’aruspicina pubblica dobbiamo fare alcune considerazioni di carattere generale. In primo luogo, bisogna ricordare che i culti della divinazione, particolarmente nel periodo storico di Costantino erano estremamente diffusi nell’ Impero Romano e trovavano adepti persino tra i cristiani.  D’altra parte, la necessità di conoscere il futuro era conseguenza della crescente insicurezza di quei tempi: la grande crisi economica che scoraggiava ogni spirito di iniziativa; il peso di una burocrazia corrotta che rendeva impossibile qualsiasi speranza di miglioramento politico; una giurisdizione che lasciava impuniti la maggior parte dei delitti e l’idea che l’intera umanità fosse colpita da una decadenza irrimediabile.

 Tutto ciò spingeva individui ad interrogarsi disperatamente sul loro futuro e ad accogliere con favore quelle persone che come gli indovini sembravano poter diradare la caligo futuri.

Inoltre, secondo le credenze dell’innumerevoli presagi guidavano la vita di ogni uomo. Pertanto, le persone come gli indovini che avevano la capacità di interpretare i presagi godevano di grande prestigio sociale.

 A Roma poi le cerimonie dell’aruspicina avevano ancora particolare rilievo presso l’aristocrazia senatoria che si sentiva erede e custode delle tradizioni religiose della città. Per tutte queste ragioni ora esposte Costantino non ebbe il coraggio di proibire l’aruspicina pubblica mettendosi contro “i Moss maiorum” dell’antica tradizione romana. In conclusione possiamo dire che se Costantino avesse proibito l’aruspicina pubblica si sarebbe messo contro non solo le masse ancora pagane ma anche l’ aristocrazia senatoria che in quel periodo storico pur perdendo gran parte del potere politico manteneva però intatta la sua ricchezza fondiaria ed inoltre cercava di difendersi dai nuovi ceti emergenti anche sottolineando il prestigio che le derivava dall’ essere essa  la  sola classe garante dei costumi e delle cerimonie religiose dell’età classica .


[1]  CT h 9,16 ,1

[2]  CT h 9,16,2

[3] G. Pellegrino L’ atteggiamento di Costantino nei riguardi dei templi pagani e degli anfiteatri, centro studi la runa

[4] CT h ,16 ,10 ,1

[5] J. Maurice “la terreur de le magie au IV siecle “in Revue historique de droit francais et étranger VI (1927) ,109

[6] Dio Cas, LVI, 25, 5

[7] Vita Costantini II, 50

[8] Concilio di Ancira, canone 24

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