«Frainteso da amici e nemici, lottò da solo contro il Mondo Moderno». Questo necrologio, firmato sul «Corriere della Sera» cinquant’anni fa dall’editore milanese Vanni Scheiwiller, a nostro parere può racchiudere il senso di quella che probabilmente è stata la più significativa ‘Conferenza Evoliana’ svoltasi a Genova negli ultimi anni. L’evento, promosso da ‘Il Circolo delle Idee’ si è tenuto il 28 giugno di quest’anno, cioè poco tempo fa, presso l’Hotel Rex di Boccadasse.
L’occasione è stata la presentazione della meravigliosa biografia di Julius Evola, scritta da Andrea Scarabelli, dal titolo “Una vita avventurosa”, Edizioni Bietti: un’opera che, come poche, riesce ad abbinare quantità e qualità rivelandosi del tutto esaustiva e coinvolgente nelle sue circa settecento e passa pagine, senza mai arenarsi in passaggi celebrativi o ridondanti che avrebbero reso questa possente biografia poco fruibile. La prima novità che tutto il pubblico presente in sala ha palesemente apprezzato è stato l’aver iniziato la conferenza con domande rivolte dal pubblico all’autore anziché relegare il cosiddetto “question time” a fine conferenza, scelta di rara efficacia dal momento che il pubblico ha potuto disquisire con l’autore “a tabula rasa“e l’autore stesso ha potuto saggiare la competenza e il grande interesse delle persone presenti.
La prima domanda in particolare ha riguardato la figura di Evola parcellizzato tra le sue varie anime, quella pittorica (fu personaggio di spicco del Dadaismo europeo), quella filosofica e quella politica. A tal proposito appare richiamare l’esaustiva affermazione del correlatore Alberto Rosselli secondo cui “Evola faceva filosofia col pennello e al tempo stesso dipingeva con la mente”.
Evola pittore Dada, oltre che filosofo.
La seconda domanda ha poi riguardato l’amore di Evola per la montagna ed in particolare la sua raccolta “Meditazione delle vette”, forse sottovalutata dalla tradizionale letteratura evoliana, ma molto significativa per capire l’intimo pensiero del maestro Evola. Scarabelli ha spiegato che per un Siciliano come Evola la montagna altro non poteva avere che un significato metafisico, non solo in tema di vette e di stagioni che cambiano, ma anche soprattutto in tema di fatica della scalata e di occasione per l’uomo di mettersi alla prova con se stesso, al punto che nel libro di Scarabelli viene presentata una fotografia, con dedica di Evola in quel di Ortisei, in una fase della sua vita in cui già questo poliedrico e discusso filosofo trovava difficoltà nel camminare, a riprova del fatto che l’amore per la montagna può andare ben oltre i propri limiti fisici, a condizione di possedere ardimento spirituale. La terza domanda che ha dato il la all’intera conferenza ha riguardato il legame di Evola con la politica e la religione e il significato che riveste questo autore per un lettore del 2024.
Dopo aver presentato un bellissimo spaccato di Evola, uomo scopritore di se stesso e assiduo indagatore dell’Europa e della sua spiritualità immanente (ricordiamo i soggiorni nella Vienna post asburgica dei ritrovi ‘secessionisti’), luogo dell’anima e del ricordo in cui egli si immerse onde trovarne conforto e verifica della sua scelta intellettuale) Andrea Scarabelli ha spiegato che anche in tale amore per la capitale mitteleuropea è possibile leggere l’intima, chiacchierata conflittualità che avrebbe caratterizzato l’animo di Evola, spaccato in questo caso tra la grande Roma della Tradizione e la capitale austriaca foriera di novità sociali ed intellettuali (filosofiche e pittoriche).
Un’opera importante.
Scarabelli ha poi tratteggiato un Evola ‘solo’ apparentemente contraddittorio con parti di sé stesso apparentemente distoniche, che tuttavia si armonizzano in una brillante sintesi dialettica e di sostanza, in grado di risolvere attraverso il ragionamento le grandi criticità politiche dell’epoca, con riferimento specifico al turbolento rapporto Evola-Fascismo. Sostiene infatti Scarabelli che definire Evola “fascista” non solo sia superficiale, ma in alcuni passaggi delle vite dell’autore diventi addirittura anti storico e fuorviante, ignorando i grandi contrasti che gli ebbe con i vertici dell’apparato fascista e le difficoltà quotidiane che il suo libero pensare gli crearono (basti pensare che la sua rivista ‘La Torre’ subì più di un’incursione da parte di squadristi che Evola definiva gangsters).
Per chi oggi scrive, il momento centrale della conferenza genovese di Scarabelli è stato allorquando quest’ultimo, in maniera solo apparentemente provocatoria, ma in realtà molto acuta, ha focalizzato l’unicità di Evola e del suo pensiero che lo collocano di fatto in un ‘unicum’ (Evola non ha infatti lasciato una Scuola o degli ‘eredi’, come capitò al suo predecessore René Guénon), senza considerare – ha sottolineato Scarabelli – che, dopo la morte di Evola, non ha avuto più alcun senso definirsi “evoliani”. Secondo il nostro parere, ritornando all’Uomo Evola fu un ‘unicum’ poiché di fatto specchio frantumato riflettente parti di vita e di pensiero solo apparentemente separati, talvolta addirittura in contraddizione, ma sempre riuniti e armonizzati dalla forza del pensiero e dall’intelligenza nel non rinnegarsi e nel raccontarsi senza mai voltarsi indietro.
Una copertina di ‘Civiltà’ ricorda Julius Evola e la sua opera (1974).
Julius Evola fu un personaggio eclettico (pittore e cabarettista dadaista, filosofo, sociologo, antropologo, storico, esteta e grande seduttore. Il compianto filosofo genovese Piero Vassallo, che conobbe personalmente Evola, riferì ad Alberto Rosselli delle sue presunte 734 donne conquistate). Come giustamente sottolineato da Scarabelli, Evola seppe superare le sue presunte contraddizioni attraverso un approccio olistico alla Conoscenza, ipotizzando un ritorno necessario ad una Tradizione (quella europea) che guarda avanti anziché rimanere ripiegata su un onanistico ricordo, crescendo insieme alla Storia, con spregiudicato ottimismo, cioè l’esatto contrario di quanto predicano gli alfieri di varie correnti puramente ‘nostalgiche’. Questo è quanto chi scrive ha tratto dall’evento di Genova: un’occasione per capire, ma soprattutto per comprendere Evola ‘oltre’ Evola.
Postilla personale. La conferenza di Genova, e il suo positivo impatto (condiviso da tutto il pubblico presente), ha indotto l’autore di questo resoconto a ‘riaprire’ i testi di Evola che sfogliai la prima volta appena sedicenne. E tutto ciò non mi sembra poco.
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