Jan Zizka, l’invicto. Di Lorenzo Utile.

Jan Ziska, l'invincibile.

Sconosciuta in Occidente, la figura del condottiero del 14° secolo. Politico, stratega, innovatore tecnico, vinse tutte le sue sfide sul campo, compresa la famosa battaglia di Tannenberg.

Figura di riferimento nella storia medievale dell’Est Europa, Jan Zizka (1360-1424), riconosciuto eroe nazionale céco, è invece praticamente ignoto alle cronache ufficiali della storiografia occidentale. In realtà, il suo nome era Jan Trocnoca, mentre Zizka, che significa “monocolo”, è il soprannome che gli venne affibbiato quando perse un occhio durante uno scontro, fino poi a perdere anche l’altro, e tuttavia a morire di morte naturale e senza mai avere subito una sconfitta, nei vari campi in cui si è cimentato. Trocnoca, ovvero “di Trocnov”, deriva poi dal nome del piccolo villaggio nativo del regno di Boemia, nel distretto di Ceske Budejovice (Meierhof), feudo di una nobile famiglia locale che aveva legami con la corte reale. Grazie a un’educazione di primo livello, Zizka svolse l’incarico di ciambellano presso la regina Sofia di Baviera (1376-1428) regina consorte di Venceslao di Lussemburgo, signore di Boemia. Il primo riferimento biografico è un documento dell’aprile 1378 che lo cita come “Johannes dictus Zizka de Trcnov”, ovvero “Jan, detto Zizka, di Trocnov”, testimone di un matrimonio, e quindi all’epoca già nella maggiore età.

Jan Zizka, l’eroe di Tannenberg (Foto Olympus)

Il suo nome è legato alla grande battaglia di Grunwald, più nota come battaglia di Tannenberg del luglio 1410, dove svolse un ruolo fondamentale contro l’Ordine Teutonico, quindi fu ancora un riferimento durante le guerre civili culminate nelle battaglie di Sudomer e Vitov (1410) e quindi a Kutna Hora (1421) dove sconfisse l’esercito del Sacro Romano Impero e del regno di Ungheria. Celebri le invenzioni in campo bellico, come l’artiglieria mobile da campo impiegata contro la cavalleria, e tattiche audaci, innovative e ben poco ortodosse, fra cui la divisione delle truppe in reparti composti da specialisti in determinati settori, e una sorta di carro corazzato munito di piccoli cannoni e moschetti, considerato un elaborato fra il concetto leonardesco e la realizzazione del moderno carro armato, o anche l’attenta valutazione e utilizzo del terreno di battaglia, e una non comune capacità di mantenere la disciplina, e nel contempo assoluti stima e rispetto da parte dei propri uomini e delle numerose popolazioni contadine che difendeva, e che in più di una occasione trasformò in soldati, per tentare di bilanciare la quasi sempre evidente inferiorità numerica.

Jan Zizka (1360-1424), eroe nazionale céco.

Mercenario, fuorilegge, generale

Pur appartenendo alla piccola nobiltà locale, Jan Zizka non aveva possedimenti e anzi, più d’una volta si ritrovò in difficoltà finanziarie. Pare ebbe una moglie, poi vendette il piccolo podere di Trocnov e, costretto dal bisogno, si arruolò come mercenario, in un periodo di conflitti locali come quello scoppiato fra il 14° e il 15° secolo, che vide opposti Venceslao IV di Boemia e il potente Enrico III di Rosenberg, che per un periodo tenne anche il re nemico in ostaggio nei castelli di Probenice e Cesky Krumlov. Nel 1406, il nome di Jan Zizka appare iscritto nell’elenco dei ladri e banditi ricercati nei possedimenti di Heinrich von Rosenberg, ma non sono chiare le ragioni di questo avvenimento. Probabilmente fu una questione di debiti, ma di fatto si creò un contrasto che non si sarebbe mai sanato, acuito poi da una sorta di rivolta contadina fra i villaggi intorno a Budejovice, del quale Zizka venne incolpato insieme ad alcuni altri. Alcuni storici affermano che Zizka si dette alla clandestinità con diversi altri per contrastare la continua espansione del casato dei Rosenberg con continui espropri di terre, e che probabilmente il suo piccolo terreno fu uno di questi. Entrò quindi a far parte di alcune bande che facevano capo al nobile locale Valkoun. Ben presto la protesta si trasformò in rivolta armata, alla quale si unì la banda di Matej Vudce (Matteo il Condottiero, a sua volta era acerrimo nemico dei Rosenberg, che scorrazzava nella Boemia meridionale e che probabilmente era anch’esso appartenente alla piccola nobiltà decaduta.

Le attività della banda erano ben note alla famiglia Rosenberg, anche perché uno dei finanziatori di Matej Vudce era un altro nemico dei Rosenberg, Venceslao IV di Boemia, avversario della Lega dei Lord, come John Sokol di Lamberg. Celebre l’attacco al castello di Hus, una delle sedi dei feudi dei Rosenberg, amministrato da tale Mikulas di Hus, come i tentativi di espugnare altri castelli a Nové Hrady, Lichtenburg (alleandosi al casato Bitov) e Veleshin, nei pressi di Ceského Krumlova. Nel 1407 Enrico III di Rosenberg iniziò a reprimere il banditismo con particolare decisione e la banda cominciò a sfaldarsi, finché anche Zizka lasciò il gruppo. Altri furono catturati, processati e giustiziati, fra cui lo stesso Matej Vudce, che sotto tortura confessò diverse rapine e fu impiccato nel 1409 a Ceské Budejovice. Da diversi nascondigli fra i boschi di Sedlo, Lomnice, Hlavatce, le bande attaccavano mercanti e viaggiatori in tutta la Boemia meridionale, poi passarono ai rapimenti a scopo di riscatto, incursioni e vendette personali, situazione di cui Jan Zizka pare abbia approfittato diverse volte. L’attività di soldato proseguiva in contemporanea, con l già citato assedio di Hus, nei pressi di Prachtatice, nel 1408, Nove Hrady e Trebon con le truppe di Ales di Bitov, e l’attacco a Slovenice con gli armati di Erhard di Kunstat. Nel conflitto, dove Zizka Perse molti compagni della prima ora, intervenne poi re Venceslao IV (1361-1419), che nel 1409 impose la pace e un ben calcolata amnistia per i combattenti di Budejovice.

Pittura raffigurante il condottiero Zizka.

L’epica battaglia Tannenberg (o Grunwald)

Nel 1410, quando Zizka combatteva come ufficiale mercenario, le guerre polacco-lituano-teutoniche erano all’apice. In questo quadro pare che abbia preso parte, fra le brigate della città di Radzyn, al grande scontro di Grunwald, o battaglia di Tannenberg, forse il maggior scontro armato della storia dell’Europa medievale, fra le truppe del regno di Polonia di Wladislaw II, e quelle del granduca Witold di Lituania da una parte, e quelle dell’Ordine Teutonico guidate dal 26° Gran Maestro Ulrich von Junginen. E’ un periodo molto denso di avvenimenti concatenati e interdipendenti, scontri, trame, rivalità, alleanze e intrighi, forse più che in altre epoche, e la battaglia di Tannenberg si colloca in questo scenario, evento che segnò il repentino declino del potente Ordine dei Cavalieri Templari, in gran parte uccisi e fatti prigionieri, e tuttavia ancora bellicosi all’assedio del castello di Malbork, finché venne imposta la Pace di Thorn nel 1411, con altre dispute territoriali che continuarono fino al Trattato di Melno del 1422.


La battagllia di Tannenberg o Grunwald (dipinto di Jan Matejko)

L’esito dello scontro, determinò lo spostamento degli interessi politici e commerciali verso l’Europa centro-occidentale, segnando l’ascesa dell’Unione Polacco-Lituana. Un evento a tal punto fondamentale che segnò le direttrici dell’ideologia e della politica dominante delle case regnanti dell’Europa medievale, e che solo recentemente gli storici hanno rivalutato, riconciliando varie narrazioni che differivano ampiamente a seconda della fonte. Di fatto, le origini delle rivalità fra case regnanti del territorio europeo orientale e l’Ordine Teutonico, risalgono al 1280, quando l’ordine militare crociato stabilì il proprio quartier generale a Chelmno, sfidando e convertendo i clan pagani della Prussia, ovviamente con il sostegno dell’imperatore del Sacro Romano Impero e del papa. Successivamente, l’interesse dell’Ordine si spinse verso la Lituania, con continue violazioni dei confini, dalla Livonia in Samogizia, saccheggi e provocazioni, secondo un ben elaborato progetto. I territori di confine si spopolarono a causa dei continui attacchi, i Cavalieri si impossessarono alla fine della Samogizia, ma sostanzialmente perché il Granducato di Lituania rinunciò per convenienza alla provincia, per ottenere il sostegno nella lotta al potere interno.

Jan Zizka in combattimento.

Nel 1385 il Granduca Jogail di Lituania (1352-1434) sposò Jadwige di Polonia e concluse l’Unione di Kreva, convertendosi al Cristianesimo e incoronato re di Polonia con il nome di Ladislav II Jogail, avventi che unificarono i due regni, e che segnarono un periodo di stallo nella rivalità con l’Ordine Teutonico, il cui Gran Maestro Konrad Zollner von Rothenstein (    -1390), aveva nel frattempo concluso un’alleanza con il re Sigismondo di Lussenburgo (1368-1437) e, come pretesto, accusò di falsa conversione Ladislav presso la corte papale, mentre in Samogizia riprendevano le proteste della popolazione e gli scontri di confine. A queste si aggiungevano le richieste del regno di Polonia sui territori di Danzica e Dobrzyn caduti in mano ai Cavalieri e mantenuti in uno stato di pace forzata dal Trattato di Kalisz del 1343. Alle spalle di tutto, motivazioni commerciali, poiché l’Ordine Teutonico deteneva forzatamente il monopolio dei traffici sul corso inferiore dei fiumi Neman, Vistola e Daugava, che attraversavano Polonia e Lituania. Nel 1409la Samogizia era in preda alle rivolte di massa, provocate dai Cavalieri che attendevano il momento di intervenire militarmente, contro le minacce del Granducato. In questo scenario, il regno di Polonia si schierò naturalmente dalla parte lituana, minacciando di invadere la Prussia e provocando la dichiarazione di guerra del nuovo Gran Maestro, Ulrich von Jungingen, sicuro del sostegno del re Sigismondo, e calcolando di sconfiggere Lituania e Polonia separatamente, con il potente esercito al suo comando. I Cavalieri cominciarono a compiere incursioni in territorio polacco, in Kuyavia, distruggendo il castello di Dobrin, la cittadina di Bobrowniki, e saccheggiando diverse altre città di confine. I polacchi ripresero il controllo di Bromberg e altre città, ma nessuna delle parti in realtà era pronta per una guerra su vasta scala.

Astutamente, re Venceslao entrò in scena proponendo una mediazione alla disputa, ottenendo una tregua nell’ottobre 1409, che sarebbe scaduta nel giugno dell’anno successivo, e che entrambe le parti utilizzarono per prepararsi alla guerra, tessendo alleanze e intrighi, e cercando finanziamenti per armare un esercito più potente dell’avversario. Diplomaticamente, la sfida si aprì intanto con missive, lettere ufficiali e proclami e accuse reciproche, chiamando in causa il papato e, specie per quando riguarda l’Ordine Teutonico, con la corruzione diffusa, fra cui la “donazione” di 60mila fiorini a Venceslao come pegno di Cristianità”. In cambio Venceslao emise un decreto che assegnava la Samogizia all’Ordine dei Cavalieri, eccetto il territorio polacco di Dobrzyn. Inoltre, al re Sigismondo di Ungheria-Lussenburgo l’Ordine fece pervenire ben 300mila fiorini, per accordi segreti di reciproca assistenza militare, riguardo al Principato di Moldavia. Nel dicembre 1409, Ladislav II e Vytautas (Vitold) di Lituania strinsero un patto di alleanza, concordando di unificare gli eserciti in una massiccia forza d’urto che avrebbe attaccato direttamente Marienburg, centro nevralgico dell’Ordine Teutonico, da due direzioni: i polacchi sul fiume Vistola verso Danzica, e i lituani lungo il fiume Neman verso Ragnit. Il Gran Maestro corse ai ripari e concentrò le forze a Schwetz, posizione centrale da cui le truppe potevano rispondere a un’invasione da qualsiasi direzione piuttosto rapidamente. Robuste guarnigioni furono lasciate nei castelli orientali di Ragnit, Ryn vicino a Lotzen e Memel (Klaipėda). Per mantenere segreti i loro piani, Ladislav II e Vitold organizzarono diverse incursioni nei territori di confine, costringendo così l’ordine a mantenere le loro truppe sul posto.

Il numero preciso dei soldati coinvolti nella grande battaglia di Tannenberg è ancora oggi difficile da stabilire, sebbene si siano tentate diverse stime. Si sa che il numero di stendardi di cavalleria presenti era di circa 50, sia per i polacchi che per l’Ordine Templare, e per i lituani una quarantina, ma il numero di uomini, provenienti da differenti territori, che combattevano sotto ciascuno di essi era molto variabile. Non è noto il numero delle unità di fanteria, lancieri, arcieri, balestrieri e artiglieri, in ogni caso si parla di un minimo di 40mila uomini fra i polacco-lituani, e circa 30mila fra i Cavalieri Teutonici, minori quindi in numero, ma ben più abituati al combattimento, noti per la cavalleria pesante e per l’uso delle bombarde. Notevole era poi il numero di truppe mercenarie, delle quali uno degli ufficiali comandanti era Jan Zizka, provenienti in gran parte da Slesia sotto il comando in capo del duca Konrad VII il Bianco, Hans von Motschelnitz e Dietrich von Kottulin, e dalla Boemia, e comunque presenti in entrambe gli schieramenti, per un totale di oltre 20 stati e regioni. Vi erano poi combattenti da Westfalia, Austria, Frisia, Baviera e Svevia, e le truppe messe insieme da due nobili ungheresi, Stibor Stiboricz e Nikol II Garaj, e il poco numeroso contributo di Sigismondo. Jon Sokol di Lamberg conduceva i mercenari cechi, al servizio del quale militava Jan Zizka, mentre Alessandro I di Moldavia comandò un gruppo di spedizione polacco, per altro con tanto onore da guadagnarsi il riconoscimento della Spada Reale, la “Szczerbiec”. Nel frattempo, Vitold di Lituania raccolse le truppe lungo i confini della Rutenia, con i combattenti di Smolensk in prima linea, agli ordini di Lengvenis, fratello di Ladislav II, e il contingente di guerrieri tartari, comandati da Jalad Al-Din, futuro Khan dell’Orda d’Oro.

Comandante in capo fu designato Ladislav II, che però non prese parte allo scontro, mentre sul campo il regista principale fu il Granduca Vitold, che prese parte attiva ai combattimenti alla testa delle unità lituane, in coordinamento con il generale Zbigniew Brzeziv alla testa dei polacchi. La battaglia si svolse in più fasi. Inizialmente, le truppe polacco-lituane si radunarono a Czerwinsk, a un centinaio di chilometri dal confine prussiano, dove il fiume Vistola venne attraversato su ponti di barche nell’ultima settimana del giugno 1410, in un più che notevole sforzo logistico e organizzativo, per tenere unite e al tempo stesso distinte le numerose ed eterogenee unità. Altre forze lituane si unirono a mercenari ruteni nei dintorni di Wolborz. L’esercito polacco-lituano riprese quindi a marciare su Marienburg, in Prussia, attraversando il confine il 9 luglio, finché fu scoperto da esploratori ungheresi.

Il Gran Maestro Ulrich von Jungingen intese le intenzioni avversarie e, dopo avere lasciato un presidio di circa 3.000 uomini a Schwerz al comando di Heinrich von Plauen, diresse la forza principale sul fiume Drewenz, dove fece erigere opere di difesa e fortificazioni. Re Ladislav II decise di non attaccare frontalmente le opere difensive, ma di aggirare le posizioni verso le sorgenti, attraversando il fiume a Lobau, quindi marciando in parallelo ai polacco-lituani. Poco dopo l’alba del 15 luglio 1410 i due eserciti si scontrarono fra i villaggi di Grunwald, Tannenberg e Ludwigsdorf. L’esercito polacco-lituano era posizionato davanti e ad est di Ludwigsdorf e Tannenberg, la cavalleria pesante polacca formava il fianco sinistro, la cavalleria leggera lituana il fianco destro e varie truppe mercenarie costituivano il centro. Gli uomini erano organizzati in tre file a forma di cuneo, profonde circa 20 uomini. Le forze teutoniche concentrarono la cavalleria pesante, comandata dal Gran Maresciallo Frederic von Wallenrode, per indurre i polacchi o i lituani ad attaccare per primi, ma costò parecchio affaticamento a Cavalieri e cavalli, attendere per diverse ore un attacco nemico, sotto il sole di luglio, e con le armature addosso. Per la cronaca, da qui deriva uno dei simboli della Polonia moderna, ovvero le “Spade di Grunwald”: per indurre il nemico ad attaccare, il Gran Maestro dell’Ordine inviò due messaggeri da Ladislav II, con un dono provocatorio, costituito da due spade che avrebbero potuto essere d’aiuto in battaglia.

Ad attaccare fu invece Vitold di Lituania sul fianco sinistro dei Teutonici, scatenando uno scontro corpo a corpo che durò circa due ore, e dal quale la cavalleria lituana uscì decisamente malconcia, tanto da doversi ritirare. A questo punto il Gran Maestro credette di avere la vittoria in mano, e ruppe la formazione per inseguire il nemico, dando libero sfogo al saccheggio dei villaggi della zona, per poi riunire le truppe e attaccare i polacchi. Salvo il fatto che i lituani si riorganizzarono e tornarono in massa sul campo di battaglia. Molti storici concordano sul fatto che sia stata un’abile manovra tattica, organizzata e diretta da Jalad Al-Din dell’Orda d’Oro, già utilizzata nella battaglia del Vorska del 1399 quando gli stessi lituani erano stati pesantemente sconfitti e il Granduca Vitold era sopravvissuto alla morte.

Mentre i lituani si stavano ritirando, scoppiarono pesanti combattimenti tra le forze polacche e teutoniche. Comandate dal Grand Komtur Kuno von Lichtenstein, le forze teutoniche si concentrarono sul fianco destro. Sei degli stendardi di von Walenrode non inseguirono i lituani in ritirata, ma si unirono all’attacco sul fianco destro. Un obiettivo particolarmente prezioso era lo stendardo reale di Cracovia.

Ladislav II schierò le riserve (la seconda linea del suo esercito) mentre il Gran Maestro Ulrich von Jungingen guidò personalmente 16 stendardi, 1/3 delle truppe, sul fianco destro polacco. La mischia raggiunse il comando polacco e un cavaliere, identificato come Lupold o Diepold di Kokeritz, attaccò direttamente il re Ladislav II, che fu salvato dal cavaliere Zbigniew Oleśnicki, diventato poi fra i più potenti del regno di Polonia. Fu a quel punto che i lituani tornarono in battaglia, alle spalle dei Teutonici. Lo stesso Gran Maestro von Jungingen fu ucciso, trafitto al collo da una lancia. Circondati e senza leader, i Teutonici iniziarono a ritirarsi, parte verso il loro accampamento, ma scontrandosi con i contadini armati che si unirono ai polacco-lituani. I Cavalieri tentarono di costruire un forte di carri, tuttavia, la difesa fu sbaragliata, e il campo devastato in una battaglia quasi ininterrotta, che durò circa 10 ore, con un massacro la cui responsabilità fu attribuita a Nikolas von Renys, comandante dello Stendardo di Chelmno, decapitato senza processo. Secondi i resoconti dell’epoca, i morti furono circa 15mila, e altre migliaia i feriti.

Una bolla papale del 1412 parla di 18mila cristiani morti. In due lettere scritte dopo la battaglia, Ladislav II annota che le vittime polacche erano relativamente poche, fra cui solo 12 cavalieri, mentre pare che fra i lituani ne tornò la metà, ma tale fonte tiene conto anche delle vittime del successivo assedio di Marienburg. La sconfitta Teutonica fu clamorosa, e soprattutto densa di conseguenze. I corpi di von Jungingen e di altri Cavalieri Teutonici di alto rango furono trasportati al castello di Marienburg per la sepoltura il 19 luglio. Polacchi e lituani catturarono diverse migliaia di prigionieri. Mercenari e combattenti di truppa furono in parte rilasciati, dietro pagamento di un tributo, altri trattenuti a scopo di riscatto, come Konrad VII di Oeals, Kasimir V di Pomeriania e Holbracht von Loym. Successivamente, i polacco-lituani si diressero contro la fortificata Marienburg, dove il comandante, Heinrich von Plauen, aveva organizzato la difesa, mentre Danzica, Thorn, Elbing e altre città si arrendevano senza opporre resistenza, eccetto otto castelli che rimasero in mano ai Cavalieri Teutonici.

Marienburg fu assediata, con tutte le conseguenze del caso, specie fra gli attaccanti, fra i quali cominciarono a diffondersi contagi di vario tipo, mentre l’Ordine Teutonico si appellava a re Sigismondo e al Sacro Romano Impero, per ottenere rinforzi. Di fatto, l’assedio ebbe termine a metà settembre, con la ritirata dei polacco-lituani salvo alcuni presidi in diverse fortezze conquistate, quattro delle quali in seguito riacquistate in denaro contante. Tannenberg segnò il declino dell’Ordine Teutonico, ma la sconfitta militare definitiva avvenne a Koronowo il 10 ottobre 1410, dopo di che ebbero inizio i negoziati che condussero alla Pace di Thorn, firmata nel febbraio 1411, secondo i cui termini l’Ordine rinunciava definitivamente alla Samogizia, e altre clausole punitive, specialmente sotto l’aspetto commerciale. Altri conflitti scoppiarono in seguito, come la Guerra della Fame del 1414, e la Guerra di Gollub del 1422, fino alla risoluzione finale delle dispute territoriali con il Trattato di Melno del settembre 1422, anche se né polacchi né lituani sfruttarono i guadagni diplomatici e territoriali.

L’aspetto economico della guerra ebbe un peso fondamentale. Le clausole della vittoria imposte all’Ordine Teutonico, miravano specificatamente al portafoglio, con il pagamento di un tributo annuale in argento, che costrinse i territori rimasti all’Ordine a un pesante aumento delle imposte e confische di ogni tipo, innescando rivolte popolari, come a Danzica e Thorn. Tannenberg lasciò l’Ordine Teutonico con poche forze per difendere i territori rimasti. Dal momento che la Samogizia fu ufficialmente convertita, e Polonia e Lituania lo furono a loro volta, l’Ordine ebbe difficoltà a reclutare nuovi crociati volontari. I Gran Maestri che seguirono avevano quindi bisogno di fare affidamento su truppe mercenarie, rivelatesi un costoso impiego delle cifre a disposizione, prossime all’esaurimento. Conflitti interni, declino economico e aumento delle tasse, portarono a disordini e alla fondazione della Confederazione Prussiana, o Alleanza contro la Signoria, nel 1441, che a sua volta portò a una serie di conflitti culminati nella Guerra dei Tredici Anni, intorno alla metà del 15° secolo.

Praga e le crociate hussite

Dopo aver preso parte alla grande battaglia di Tannenberg, Jan Zizka pare sia entrato al servizio di Sofia di Baviera, moglie di Venceslao IV, ed ebbe contatti con la famiglia reale di Boemia come uno dei consiglieri del re, stabilendosi nella parte vecchia di Praga. Allaciò relazioni convenienti anche con alcuni sacerdoti hussiti, fra cui Jan Zelivsky. Fu l’inizio della rivolta hussita di Praga: la folla prese d’assalto il Municipio e precipitò i consiglieri dalle finestre, prendendo il controllo della città. Venceslao IV morì pochi giorni dopo, per attacco di cuore.

Rimaneva re Sigismondo, come autorità in grado di amministrare le dispute, il quale concluse un armistizio nel 1419 con i rivoltosi di Praga. Jan Zizka, decisamente contrario, lasciò Praga per Plzen, una delle città più ricche del regno, poi lasciò anche quella città con alcuni seguaci e prese parte alla battaglia di Sudomer nel marzo 1420. In seguito arrivò a Tabor, roccaforte del movimento hussita di recente costituzione. L’organizzazione ecclesiastica di Tabor aveva un carattere alquanto puritano, con una disciplina militare molto rigorosa, istituita sebbene il governo fosse stabilito su basi democratiche. Zizka ebbe un ruolo importante nell’organizzazione della nuova comunità militare, e divenne uno dei quattro capitani del popolo (Hejtman) a capo della comunità.

Fu il primo comandante a organizzare batterie d’artiglieria mobili nello scontro, con cannoni di medio calibro, montati su telai metallici assicurati a carri trainati da cavalli, e linee difensive di cannoni inframezzati da palizzate. In questo conflitto, per la prima volta, furono sperimentate le pistole sul campo di battaglia, e Zizka fu un vero e proprio innovatore sull’uso della polvere da sparo. Le cosiddette “pisht’ala”, in ceco, non si devono intendere come i moderni revolver, erano dei mortai, gli Howitzer, che sparavano un colpo alla volta, con un uso calibrato della polvere a seconda della gittata. Venivano poi utilizzate armi portatili a colpo singolo, con cui un fante poteva fermare un cavaliere lanciato all’attacco. Diversi reparti, protetti da mura o palizzate, e dotati di tale arma, potevano costituire un baluardo ben difficile da superare. Zizka aveva inoltre studiato le tattiche della grande battaglia di Tannenberg, e conosceva le strategie avversarie, trovando così i punti deboli del nemico, e ottenendo diverse vittorie pure in inferiorità numerica. Sviluppò tattiche di combattimento con carri, che i cechi chiamavano “vozova hradba” e i tedeschi “Wagenburg”, con 8 balestrieri, 2 artiglieri con pistola, 6 con picche o flagelli, 2 porta-scudi e altrettanti conducenti, usati come fortificazioni mobili dietro a un fossato, disposti in cerchio o quadrato, uniti da catene, e posizionati quasi di traverso, per non avere angoli morti.

Zizka elaborò due strategie diverse, una difensiva e una di contrattacco: i carri si avvicinavano allo schieramento nemico e sparavano i primi colpi, a distanza ravvicinata, costringendolo ad attaccare per evitare ulteriori perdite, quindi la fanteria nascosta dietro i carri apriva il fuoco con balestre, archi e frecce e contrattaccava. I tiratori miravano prima di tutto ai cavalli, per privare il nemico del principale mezzo, quindi intervenivano i fanti a finire i superstiti delle cadute. La seconda fase cominciava con un contrattacco massiccio di cavalleria, seguita da fanteria di rincalzo da dietro i carri, che colpiva principalmente ai fianchi. Costretto a ritirarsi precipitosamente, il nemico lasciava sul campo i cavalieri che, appesantiti dalle armature, costituivano un ostacolo e non opponevano più molta resistenza. La cavalleria era in genere composta da nobili e signori, che non sopravvivevano perché gli Hussiti non facevano prigionieri, ed erano votati al riconoscimento della loro fede, precursori della Riforma Protestante.

Jan Hus (1371-1415) teologo, riformatore religioso boemo, nonché rettore all’Università Carolina di Praga, era stato scomunicato nel 1411 dal Consiglio di Costanza, e alla fine arso sul rogo, ma a tutti gli effetti è considerato il precursore della Riforma che sarebbe iniziata circa un secolo dopo la morte, quindi ben prima di Martin Luteor (1483-1546), Uldrich Zwingli (1484-1531) e Giovanni Calvino (1509-1564). Dopo la morte di Jan Hus, i seguaci si schierarono in massa contro la corruzione e i crimini della Chiesa cattolica, respingendo cinque crociate contro di loro. Un secolo più tardi, il 90% degli abitanti delle terre ceche continuò a rimanere anti-cattolico, aderendo alla Riforma Protestante o entrando a far parte dell’Unione dei Fratelli Boemi, diretti successori del movimento hussita. In pratica, non esisteva un sovrano riconosciuto di un definito regno di Boemia, in quanto nominalmente il regnante era Sigismondo di Ungheria-Lussenburgo, che aveva pretese dirette sulla corona boema.

Fermo sostenitore della Chiesa di Roma, Sigismondo ottenne l’aiuto di papa Martino V (1369-431), che nella Bolla del 17 marzo 1420 proclamava la “crociata per la distruzione degli Hussiti e degli eretici in Boemia”. Sigismondo e molti principi tedeschi giunsero davanti alle mura di Praga il 30 giugno alla testa di un vasto esercito di crociati provenienti da tutte le parti d’Europa, e in gran parte composto da avventurieri attratti dalla possibilità di saccheggio, che iniziarono l’assedio della città, difesa sotto la responsabilità di Jan Zizka alla testa di un esercito formato in buona parte da contadini, per altro non certo armati a dovere, con spada, cavallo e armatura. Nei mesi precedenti, Zizka, che nella difesa della città aveva coinvolto i combattenti Taboriti, aveva però affinato le capacità dei contadini, fino a trasformarli in veri e propri guerriglieri, adattando gli strumenti agricoli ad armi da guerra.

Zizka e i suoi uomini presero una posizione sulla collina appena fuori Praga conosciuta come Vítkov, oggi a Zizkov, quartiere cittadino che prende il nome dalla battaglia. Il 14 luglio 1420 gli eserciti di Sigismondo effettuarono un attacco in forze su Vítkov, la roccaforte che assicurava le comunicazioni hussite. Grazie alla guida di Zizka, l’attacco fu respinto e le forze di Sigismondo abbandonarono l’assedio. Secondo alcune fonti, fu in questa battaglia che Jan Zizka rimase ferito e perse un occhio. Sebbene Sigismondo si fosse ritirato, i castelli di Vysehrad e Hradcany rimasero in possesso delle sue truppe. I cittadini di Praga assediarono Vysehrad e, verso la fine di ottobre, la guarnigione stava per capitolare a causa della carestia. Sigismondo tentò di liberare la fortezza, ma fu pesantemente sconfitto dagli Hussiti di Zizka vicino al villaggio di Pankrác. I castelli di Vysehrad e Hradcany capitolarono e poco dopo quasi tutta la Boemia cadde nelle mani degli Hussiti.

Zizka si impegnò quindi in una guerra contro sostenitori e alleati di Sigismondo, in particolare con il potente Oldrich II di Rosenberg. Con questa lotta, gli Hussiti ottennero da Sigismondo il possesso della maggior parte della Boemia, e nel giugno 1421 decisero di nominare un governo provvisorio, composto da 20 membri scelti fra tutti i partiti politici e religiosi del paese. Jan Zizka, eletto come uno dei due rappresentanti di Tábor, fu impegnato nella repressione dei disordini causati dalla setta degli Adamiti, e combatté tenacemente i sostenitori di Sigismondo e della Chiesa Romana. Alla testa del suo esercito conquistò il castello di Leitmeritz, l’unico che dichiarò di sua proprietà e ribattezzò Kalich. Nello stesso anno, durante l’assedio al castello di Ràbi, fu gravemente ferito, e perse anche l’occhio rimasto, ma anche completamente cieco rimase al comando delle truppe. Alla fine del 1421 Sigismondo tentò ancora di sottomettere la Boemia e si impossessò dell’importante città di Kutná Hora. I cittadini principalmente tedeschi uccisero alcuni degli Hussiti e chiusero la città a Zizka, le cui truppe accampate fuori dalle mura si trovarono circondate dalle forze di Sigismondo.

Zizka, sempre a capo degli eserciti uniti di Tábor e Praga, sebbene intrappolato, riuscì a eseguire quella che alcuni storici chiamano la prima manovra di artiglieria mobile della storia, che sfaldò le linee nemiche fino a Kolín, e dopo aver ricevuto rinforzi attaccò e sconfisse l’esercito di Sigismondo a Nebovidy nel gennaio 1422, in una battaglia dove morirono oltre 12mila uomini di Sigismondo, costretto a fuggire.

Guerra civile e morte improvvisa

All’inizio del 1493, i dissidi interni alla comunità Hussita sfociarono in guerra civile tra opposte fazioni, nella quale Jan Zizka comandava i Taboriti contro la guarnigione di Praga, ma si diffuse la notizia che il papa aveva bandito una nuova crociata contro “gli eretici della Boemia”. I dissidi interni furono messi da parte con l’armistizio di Konopiste, e gli Hussiti si coalizzarono contro il nemico esterno, che fu ancora respinto, poi si tornò alle questioni interne, con scontri accaniti fino all’agosto del 1423.

Con un esercito potente e organizzato, Zizka varcò i confini dell’Ungheria contro re Sigismondo, ma l’impresa si rivelò troppo ambiziosa, sebbene fosse la più grande mai organizzata da Zizka, che riportò le sue forze in territorio amico con un magistrale ripiegamento strategico. Nella successiva guerra civile del 1424 in Boemia, Zizka sconfisse duramente i nobili boemi nelle battaglie di Skalice e Malesov, e a settembre marciò sulla stessa Praga, poi fermato dalla mediazione di Johann di Rokycany, arcivescovo della città, abile negoziatore che ribaltò la situazione, convincendo gli Hussiti riuniti ad accattare la Moravia, ancor in buona parte controllata da re Sigismonado.

Jan Zizka fu indicato come comandante in capo, ma nell’imminenza della spedizione, si ammalò e morì di peste a Pribyslav, nell’ottobre 1424, esprimendo il desiderio che la sua pelle fosse usata per i tamburi, in modo da poter dare il passo di carica alle truppe anche da morto. Gli successe Prokop il Grande (1380-1434) che a sua volta fu ucciso nella battaglia di Lipany.

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