L’ autodistruzione dell’Occidente. ‘Attacco alla famiglia’, di Pierre de Meuse, un libro che fa riflettere. Recensione di Nicola Farinelli (*). |  

Pierre de Meuse.

Per quanto di dimensioni contenute, quest’opera – pubblicata nel 2021 dalle Éditions de la Nouvelle Libraire e prontamente tradotta dal francese da ‘Passaggio al bosco’ – non è certo priva di interesse o di utilità. Innanzi tutto perché fa un puntuale bilancio delle attuali condizioni della famiglia in Francia, ripercorrendo sinteticamente le principali tappe – in particolare a livello legislativo – che hanno portato alla lenta ma metodica erosione dell’istituzione familiare nel paese d’oltralpe. E alla fine non si può non concludere – bisogna pur dirlo – che in Francia sono messi anche peggio che da noi, anzi ben peggio. Un’ulteriore, ma non necessaria, conferma in questo senso è data dalla recente proposta del ministro degli Interni Gérald Darmanin di scioglimento del movimento cattolico Academia Christiana. E in tutto ciò, come ben evidenziato dal testo, pesanti sono le responsabilità del centro destra francese, che – almeno su queste tematiche – di destra oramai non ha più nulla. E poco pure di centro.

Ma l’aspetto più importante del saggio di Pierre de Meuse, e che travalica i confini francesi estendendo la sua validità a tutto l’Occidente, è quello di aver saputo indicare con lucidità e coraggio quali sono oggi i reali nemici della famiglia, i più pericolosi, i più potenti: “l’ideologia individualista e universalista dell’Illuminismo“, la modernità, il capitalismo. Per questo, come giustamente ci ricorda infatti l’autore, “non si può difendere la famiglia in maniera coerente se non si critica il progetto della modernità impostoci dal Sistema della democrazia ideologica“; (pag. 72). Ed ancora: “essere dalla parte della famiglia significa necessariamente schierarsi, che ci piaccia o no, dalla parte dei ribelli“; (pag. 73). Invece – in questo caso cito dalla prefazione di Gianluca Marletta – “la maggior parte dei gruppi conservatori contemporanei […] pur inalberando la bandiera della lotta contro la società liquida, l’aborto, il gender, ecc. rimangono al contempo ancorati a quella stessa prospettiva liberal-capitalista della società che genera proprio i «mali» che si vorrebbero combattere. Non si riesce cioè a capire che dichiararsi in qualche modo «tradizionalisti» e liberali, favorevoli ai «valori della famiglia» ma al tempo stesso paladini del modello «occidentale», è lo stesso che accettare come buono un tumore maligno credendo che esso non darà mai metastasi” (pagg. 11-12).  Altrettanto necessario è fare chiarezza sul linguaggio. Va ribadito – ed è di nuovo de Meuse a parlare – che “solo la famiglia biologica, che da millenni si chiama famiglia naturale, merita di essere chiamata così” (pag. 18).

Un’affermazione che può sembrare anche “banale” nella sua evidenza. Eppure il vero senso della parola “famiglia” deve essere rimarcato ogni giorno, contro “i significati contradditori ed aberranti” che altri le vogliono attribuire, contro le “contraffazioni” e le parodie presentate quali nuovi modelli, come ad esempio le cosiddette famiglie omogenitoriali. Ma non l’aveva già predetto Chesterton che prossimi erano i tempi in cui tutto sarebbe stato negato, l’epoca in cui sarebbe stato necessario sguainare la spada perfino per dimostrare che due più due fa quattro o che le foglie sono verdi in estate? Non è casuale quindi un “simile accanimento nello snaturare le parole“. Si tratta in effetti di “una tendenza ben remota“, una condotta per niente innocente che dalla rivoluzione francese in poi “mira a sovvertire il vocabolario“. Infatti “per far passare delle idee insostenibili, attuare cambiamenti che nessuno vuole, che vanno contro il senso comune, si dichiara che non esiste una definizione della parola «famiglia». Constatiamo, per la famiglia, gli stessi segnali relativi ad altre nozioni-chiave, come l’arte e la cultura. Tutto è cultura, anche i jingle del supermercato o il rap; tutto è arte, anche un orinatoio rovesciato; tutto è famiglia, secondo l’opinione ufficiale: assistiamo dunque a uno stravolgimento indefinibile della semantica per tutte quelle nozioni che ostacolano il progetto della democrazia ideologica, che è l’esatto opposto della democrazia reale. In ciascuno di questi casi, rivoluzionando i significati, si cerca di sbarazzarsi d’un blocco che logicamente intralcia l’attuazione d’una nuova visione utopica dell’uomo” (pagg. 19-20). Interessanti, molto interessanti sono pure le conclusioni, dove si indicano le riforme necessarie per “ricostruire” un’istituzione così essenziale per l’ordine sociale: tutta una serie di misure di natura giuridica ed economica, incluse quelle di sostegno alla natalità. Misure sulla cui reale efficacia – confesso – sono un po’ scettico. L’obiettivo comunque è, o dovrebbe essere, quello di “rimettere in piedi una famiglia solida” ma non certo “quella di tre secoli fa“: bensì “una famiglia nata dalle necessità del nostro tempo“. Tenendo sempre presente che “un approccio moralistico non permetterà di orientare le riforme nella giusta direzione“.

In conclusione però ci sentiamo in dovere di aggiungere qualche considerazione personale, ad integrazione di quanto indicato dall’autore del libro. Se  l’accettazione e l’affermazione dell’esistenza di un ordine naturale è comunque il presupposto necessario e fondamentale, crediamo sia altrettanto importante tenere sempre presenti i limiti di una “lotta” condotta solo sul piano politico, od anche culturale ma nel senso più profano del termine. Il rischio, concreto, è quello paventato da Aleksandr Dugin in Il sole di mezzanotte, quando ci ammonisce che la dissoluzione dell’identità sessuale, e quindi dell’identità umana, non può essere arrestata facendo solo riferimento alla differenza organica e biologica tra uomo e donna. Infatti “il sesso non è un fenomeno soltanto corporale ma anzitutto metafisico; esiste grazie ad archetipi che denotano una diversità tra uomini e donne, dèi e dee. Se neghiamo questa dimensione spirituale, è inutile battersi per la famiglia «tradizionale». Il femminismo postmoderno vincerà, perché abbiamo perso del tutto la base del sesso […] l’uomo «naturale» è solo il cammino discendente che dal divino conduce al demoniaco“. Detto in altre parole, certo più autorevoli: “Ma dall’inizio della creazione Dio li fece maschio e femmina…” (Vangelo Mc 10, 2-16). Senza la riscoperta del Sacro quindi, negando la propria relazione con la trascendenza, l’uomo perde se stesso…

D’altro canto – su un piano del tutto diverso – almeno in linea di principio non andrebbe del tutto esclusa l’eventualità di temporanee convergenze su determinati temi con soggetti su posizioni anche molto differenti dalle nostre. Penso a rappresentanti di fedi religiose tradizionali non europee, singoli esponenti di una sinistra non conformista (per esempio un Mario Adinolfi che da sinistra appunto si è scagliato contro “falsi miti di progresso” del matrimonio omosessuale, della cosiddetta omogenitorialità e dell’idealizzazione delle identità sessuali fluide), o addirittura anche, in determinati casi, con certe femministe, quelle che si battono contro la maternità surrogata (vedi Daniela Danna, Fare un figlio per altri è giusto. Falso!, pubblicato da Laterza). Tenendo ovviamente fermi i principi in cui ci riconosciamo, una certa spregiudicatezza tattica potrebbe pure dare qualche frutto. Ma sono argomentazioni che esulano dall’oggetto di questa recensione e che sarà meglio affrontare in altra sede.

A margine di queste note, vorrei esprimere tutto il mio personale apprezzamento per le edizioni Passaggio al bosco per la buona battaglia che stanno combattendo contro lo spirito del tempo. Una sorta di guerriglia culturale – non a caso si ispirano allo Jünger del Trattato del ribelle – condotta con coerenza e con coraggio. L’elaborazione di una visione del mondo coerente ed alternativa è in effetti il primo passo da compiere. E molti dei libri pubblicati da questa casa editrice sono altrettante armi messe a disposizione di tutti coloro che, per dirla alla Yourcenar, si sono sempre ostinatamente tenuti sul lato destro della barricata (mi includo!), anche al di là di eventuali contingenti divergenze su questo o quell’altro particolare aspetto.  Per quanto scarse o nulle siano – temo – le possibilità di infliggere colpi significativi al nemico. Almeno nel breve periodo. Ma custodi ed eredi di valori eterni, consapevoli come siamo che certe sconfitte valgono più di tante vittorie, sappiamo bene che non occorre sperare per intraprendere, né riuscire per perseverare.

(*) Fonte: https: www.centrostudilaruna.it

Il testo recensito: Pierre de Meuse, Attacco alla famiglia. Radicamento personale e resistenza comunitaria, Firenze, Passaggio al bosco, 2022.

Lascia il primo commento

Lascia un commento