Oman: sottaciuto cardine geopolitico del Medioriente. Di Arianne Ghersi.

L'Oman.

Qābūs bin Saʿīd Āl Saʿīd, il sultano che cambiò la storia di un Paese.

Aveva trent’anni quando depose dal trono il padre, ereditandone un paese tra i più poveri e arretrati del
mondo. Fino a quel momento l’Oman viveva nel più profondo Medioevo: non aveva luce elettrica,
acquedotti e fognature, non conosceva i giornali, né la radio e la televisione, possedeva in tutto 9 km di
strade asfaltate e un solo ospedale, dove non potevano entrare gli stranieri, per spostarsi da una città
all’altra occorreva un permesso di polizia e di notte vigeva il coprifuoco, dove tutte le decisioni erano
concentrate nelle mani del vecchio sultano che aveva sui suoi sudditi poteri di vita e di morte e che fece
chiudere le poche scuole esistenti, già peraltro precluse alle donne, perché possibili fonti di corruzione.
Era il 1970. Lui, il sultano Qaboos bin Said, sovrano assoluto dell’Oman, morto il 10 gennaio 2020 a 79
anni, il più longevo dei leader arabi. Attratto dai modelli di sviluppo occidentali – negli anni ’60 la
famiglia lo mandò in Inghilterra a studiare – si convince della necessità di portare la sua nazione ad una
svolta radicale e farla uscire dall’immobilismo del privilegio feudale del passato. Colleziona un successo
dopo l’altro, grazie alla sua lungimiranza, al buon senso, all’utilizzo delle risorse petrolifere strumento per
l’effettiva crescita del paese e al consenso della popolazione. Il nuovo impulso dato dall’economia gli
consente di indirizzare stabilmente il regno sulla via del progresso. Fa costruire strade, lussuosi alberghi
per accogliere uomini d’affari, moschee, ma soprattutto scuole, ospedali e un’università con 6 mila
studenti, frequentata per lo più da donne. Riporta agli antichi splendori palazzi, città, villaggi e forti, crea
musei e parchi naturali, porta luce, acqua e strade anche nei villaggi più remoti, facendo della sua nazione
una delle più progredite ed equilibrate del Medio Oriente.[1]https://www.terreincognitemagazine.it/oman-quando-regnava-il-sultano-qaboos-bin-said/


La morte del sultano, vero padre dell’Oman

Qābūs bin Saʿīd Āl Saʿīd


Qābūs bin Saʿīd Āl Saʿīd è stato capace di rendere l’Oman una “meridiana” capace di guidare i rapporti
regionali: il primo grande successo diplomatico si consumò nel 1979 quando mediò i negoziati tra Israele
ed Egitto.
Quando nel 2020 venne a mancare questa storica e determinante figura trapelò apprensione tra molti
osservatori mondiali dato che il regnante non aveva eredi (non aveva nemmeno contratto matrimonio). In
tempi brevissimi fu nominato come suo successore Haitham bin Tariq Al Said, all’epoca ministro della
Cultura. La nomina non fu una sorpresa: trattasi di un cugino del deceduto monarca ed era indubbiamente la figura maggiormente capace di garantire un proseguo ordinato di quanto intrapreso dal predecessore. La successione venne annunciata a brevissima distanza dalla dipartita e questo fu oggetto di ipotesi “maliziose” che ipotizzarono l’annuncio tardivo del decesso finalizzato alla diffusione pressoché contemporanea della notizia della salita al potere del cugino al fine di evitare eventuali ingerenze estere che avrebbero potuto in qualche modo influenzare il processo (i sospetti si annidarono principalmente a sfavore dell’Arabia Saudita e degli Emirati Arabi Uniti).

L’attrattiva economica dell’Oman

L’Oman è capace di carpire l’attenzione economica sia cinese che occidentale e tale consapevolezza è ben
radicata nei pensieri del sultano. Tale asserzione la si può dedurre in particolare da un articolo comparso
sul “Times of Oman”[2] [2]https://timesofoman.com/article/123358-omans-duqm-economic-zone-attracts-investments-worth-omr3673bn datato novembre 2022.

La zona costiera di Duqm è un luogo in cui si intersecano sia interessi militari che petroliferi, ma la
lungimiranza del precedente sultano ha fatto sì che preponderanti nel parterre delle possibilità omanite
non fossero unicamente le riserve energetiche, ma la conservazione della grande biodiversità del paese e il riconoscimento della posizione geografica come invidiabile partner agli occhi statunitensi e cinesi.
Sono state altresì condotte politiche per favorire gli investimenti esteri. Gli investitori possono mantenere
la proprietà sul 100% dei loro investimenti, non ci sono vincoli di capitale di investimento minimo, non
c’è imposta sul reddito delle persone fisiche e l’imposta sulle società è solo il 15% dell’utile netto. Sono
inoltre stati introdotti ulteriori incentivi per attrarre investimenti: riduzione delle tasse governative,
riduzione dei canoni di locazione in alcune aree, 88 differenti opportunità di business fra cui scegliere per
investire, possibilità di acquisto di territori per scopi industriali, turistici o residenziali e una burocrazia
snella che si traduce in processi telematici facilitati per iniziare il proprio business senza dover passare per
l’approvazione di diversi enti.[3] [3]https://www.notiziegeopolitiche.net/oman-ruolo-regionale-strategia-di-sviluppo-e-media/

Le capacità diplomatiche dell’Oman

“Molti” potrebbero essere gli esempi sottaciuti a dimostrazione dell’illuminata gestione della diplomazia
e della geopolitica da parte del sultanato, ma prioritaria è indubbiamente una “recente” ricognizione.


Arabia Saudita – Iran
Il 10 marzo a Pechino è stato siglato un accordo importantissimo, capace di stravolgere gli equilibri
mediorientali, che ristabilisce i rapporti diplomatici tra Arabia Saudita e Iran. La Cina ha svolto un ruolo
prioritario nell’ultimo biennio di diplomazia araba, i teatri internazionali in cui si sono svolti gli incontri
che hanno reso possibile il cambio di passo sono Oman e Iraq.


L’apertura degli spazi aerei nei confronti di Israele

“L’Estremo Oriente non è così lontano e i cieli non sono più un limite: questo è un giorno di grandi
notizie per l’aviazione israeliana. Israele è diventato, di fatto, il principale punto di transito tra l’Asia e
l’Europa. Abbiamo lavorato per aprire lo spazio aereo, prima sull’Arabia Saudita e dal 2018, quando ho
visitato l’Oman, per aggiungere anche l’Oman in modo da poter volare direttamente in India e poi in
Australia. Questo risultato è stato raggiunto oggi, dopo notevoli sforzi, anche negli ultimi mesi. Ecco una
buona notizia: Israele si sta aprendo all’Oriente su una scala senza precedenti”[4] [4]https://www.ansa.it/ansamed/it/notizie/rubriche/trasporti/2023/02/23/oman-apre-spazio-aereo-a-israele-netanyahu-grande- notizia_d511cca6-24c0-43c4-8b1b-e90d3b3b2664.html.

Con queste parole il primo ministro Benjamin Netanyahu ha descritto lo storico accordo siglato tra il sultanato e lo Stato ebraico che prevede il transito dei voli aerei israeliani sullo spazio aereo omanita. Si può ipotizzare che ciò possa intendersi come un passo per la normalizzazione dei rapporti con Gerusalemme e che esso costituisca un primo tassello per giungere alla firma degli Accordi di Abramo.
Iran ed Egitto ricuciono un dialogo grazie all’Oman Khamenei ha recentemente annunciato la riapertura di un dialogo con il Cairo: la visita del sultano ad entrambi gli stati ha posto le basi perché fosse possibile la riapertura di un dialogo interrotto nel 1979, al momento della nascita della Repubblica Islamica.


Il valore strategico di Muscat
L’Oman ha anche aiutato il Belgio e l’Iran ad attuare un accordo di scambio di prigionieri che ha garantito
il rilascio di un diplomatico iraniano che stava scontando una condanna a 20 anni di carcere a Bruxelles
con l’accusa di terrorismo, in cambio di un operatore umanitario belga che l’Iran aveva condannato a 40
anni per spionaggio.
Nell’ultimo decennio l’Oman si è impegnato a risolvere questioni di lunga data tra l’Iran e i suoi rivali
o nemici. In particolare, la leadership omanita ha svolto il ruolo di mediatore tra Teheran e Washington.
Un lavoro iniziato più o meno ufficialmente attorno al 2013, e che ha gettato le basi per la maratona di
colloqui culminata nell’importante accordo sul nucleare iraniano del 2015 (noto come Jcpoa).
L’accordo è naufragato e sembra difficile una sua ricomposizione[5] 
[5]https://formiche.net/2023/06/egitto-oman-iran-jcpoa/ , ciò non toglie però l’indiscutibile riconoscimento dell’operato di una nazione troppo spesso dimenticata.


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