L’’ombra dei ‘Fratelli Musulmani’ dietro la campagna mediatica occidentale contro il presidente Abdel Fattah al-Sisi e l’Egitto. Di Louis de Touche.

Il Presidente egiziano Al-Sissi.

In Egitto, l’organizzazione dei “Fratelli Musulmani” sta attraversando la crisi più grave della sua storia. L’organizzazione è vietata, i suoi membri sono braccati, la sua legittimità danneggiata dal pietoso governo del loro ex presidente nel 2012, Mohamed Morsi, il cui licenziamento è stato richiesto da 30 milioni di manifestanti nel 2013. In questa lotta, il Cairo ha pochissimo sostegno da parte dell’Unione Europea, anzi molti progressisti occidentali – fra i quali l’Italia – non cessano di condannare al-Sisi pur rimanendo molto discreti su Qatar e Turchia facendo con loro accordi, malgrado che sostengano la “fratellanza islamica” ideatrice e sostenitrice del jihad in Occidente e in Africa.

La confraternita dei Fratelli Musulmani, matrice dell’Islam politico e del jihad, è combattuta in diversi paesi arabi (Egitto, Emirati Arabi Uniti, Bahrein, Siria, Arabia Saudita, ecc.) ma ha più che mai preso piede in Europa. In Italia, con la sua sede a Milano, è influente all’interno dell’UCOII (Unione delle Comunità Islamiche in Italia), in Francia in seno al  CFCM (Consiglio Francese del Culto Musulmano) e in Germania ha ottenuto persino l’insegnamento del Corano nelle scuole. Non parliamo poi negli USA dove è una lobby molto potente con il CAIR (Associazione per le Relazioni Islamo-Americane).

La strategia dei “Fratelli Musulmani” è quella di sensibilizzare i “progressisti” occidentali diffondendo le notizia che in Egitto, al-Sisi, stia arrestando in massa attivisti per i diritti umani, giornalisti liberi, attivisti LGBT, difensori dei diritti, mettendoli così sullo stesso piano della maggior parte dei detenuti che sono essenzialmente jihadisti e attivisti della Fratellanza Musulmana. Così, quando l’ex leader della fratellanza, Mahmoud Ezzat, è stato condannato per aver propugnato la lotta terroristica contro al-Sisi, con centinaia di “Fratelli” legati al gruppo jihadista Hasm, i Fratelli Musulmani hanno propagandato “denunciando” queste ondate di condanne come “repressioni delle forze di opposizione democratica”.

Allo stesso tempo, l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Michelle Bachelet, ha denunciato una “grave e irreversibile negazione della giustizia” in Egitto; il 24 ottobre 2020 il Parlamento Europeo ha chiesto una “revisione approfondita” delle relazioni con l’Egitto, che dovrebbe essere subordinata alla questione dei diritti umani, e lo scorso dicembre 2020  84 eurodeputati, 138 parlamentari nazionali di paesi membri dell’UE e 56 membri del Congresso degli Stati Uniti hanno scritto ad al-Sisi chiedendo alle autorità egiziane di “rilasciare immediatamente e incondizionatamente tutti i detenuti d’opinione”.

Secondo il deputato egiziano e presidente del CEMO, con sede a Parigi, Abdelrahim Ali, molte ONG e politici occidentali che denunciano le violazioni dei diritti umani in Egitto si basano su informazioni che provengono dai “quadri dei Fratelli Musulmani” che oggi vivono in Occidente e sono fuggiti dall’Egitto perché condannati per numerosi omicidi e violenze.  Sempre secondo quanto afferma Abdelrahim Ali, Gruppi per i diritti umani finanziati dai Fratelli Musulmani stavano cercando di raggiungere altri obiettivi come il reclutamento per l’organizzazione dei Fratelli Musulmani e quello di sabotare le riforme economiche e sociali attraverso scioperi in un paese che invece ha bisogno di beni di prima necessità. Poi afferma che nel 2015 è stato necessario legiferare con leggi di emergenza che davano competenza ai tribunali militari per alcuni processi relativi al terrorismo e ai crimini di sangue che altrimenti si sarebbero trascinati anni prima di ottenere giustizia nelle sedi giudiziarie ordinarie. Fu questo il prezzo da pagare contro il terrorismo ma fu anche eliminato e il paese fu in grado di modernizzarsi e riprendersi. Sempre secondo Abdelrahim Ali, il moralismo dei difensori dei diritti in Occidente sta facendo il gioco degli islamisti partecipando alla campagna contro l’Egitto. Il messaggio che Abdelrahim Ali lancia alle Ong occidentali che condannano al-Sisi è chiaro: in Egitto, nel nostro Paese, un leader politico può e sarà giudicato solo dal suo popolo.

Purtroppo in Occidente dimentichiamo che nessun luogo in Egitto è sfuggito ai mille attacchi delle milizie dei Fratelli Musulmani che hanno causato la morte di 4.000 persone nelle file dell’esercito e della polizia e tra i civili dal 2013. Come dimentichiamo che, oggi, l’Egitto è uno dei pochi Stati affidabili alleati arabi dell’Occidente, insieme agli Emirati, di fronte alla minaccia comune dell’islamismo politico (i Fratelli Musulmani e la Turchia di Erdogan) e dell’islamismo jihadista. Non sorprende che la “islamo-sinistra” e la “islamo-destra” e Verdi europei siano all’origine delle campagne più virulente di demonizzazione di al-Sisi, da mettere in parallelo con la loro difesa permanente dei temi della Fratellanza Musulmana (lotta contro la “islamofobia”, comunitarismo, campagne pro-velo, antisionismo).

Questi stessi “pro-islamici”, di sinistra come di destra e verdi, che hanno “glorificato” Ramadan Tariq, negli anni 1960-70 e suo padre Said Ramadan, genero del fondatore della fratellanza musulmana, Hassan Al-Banna, che lo ha installato in Europa, in Svizzera da dove riversava a suon di dollari petroliferi il suo odio verso gli ebrei e l’Occidente. In queste logiche di due pesi e due misure troviamo la “convergenza delle lotte” contro l’odiato Occidente (e la sua civiltà) di queste forze “anti” che non hanno mai condannato il movimento terroristico dei Fratelli Musulmani quali Hamas, a Gaza, né i leader storici dei Fratelli Musulmani come Abdullah Azzam, mentore di Osama Bin Laden e ideiologo di Al-Qaeda .

Detto questo, questo sistema ei due pesi e due misure dei “progressisti” occidentali, che sono molto accodiscenti nei confronti della Turchia e del Qatar più che nei confronti dell’Egitto, non giustifica da parte di questo Stato le violazioni dei diritti umani: l’Italia deve fortemente condannare l’imprigionamento di giornalisti e attivisti per i diritti umani, nonché richiedere fortemente la consegna di coloro che in Italia sono imputati per l’omicidio di Giulio Regeni affinché siedano sul banco degli imputati e partecipino alle fasi processuali nell’aula di giustizia italiana e se ritenuti colpevoli scontino la pena in Italia. Tuttavia, dobbiamo mantenere un approccio pragmatico e non confondere le questioni, perché non costringeremo un paese sovrano come l’Egitto con condanne e sanzioni controproducenti, ma solo con negoziati e aiuti.

Dobbiamo capire che l’Egitto è stato gravemente destabilizzato da due rivoluzioni successive a causa degli islamisti, che questo paese è ancora “sotto attacco” degli islamisti e che i nostri “servizi di sicurezza” cooperano efficacemente con il Cairo di fronte all’islamismo radicale e alla Turchia di Erdogan, che minacciano sia i paesi dell’Unione Europea che l’Egitto nel Mediterraneo. Al-Sisi ha preso il controllo di un Paese che è stato dissanguato, la società è precipitata nel caos, con il terrorismo che ha colpito ogni giorno la capitale, le città e i villaggi, a volte le amministrazioni, a volte la grande cattedrale della Chiesa copta al Cairo. Era quindi necessario ricostruire il paese, ristabilire l’ordine nelle strade e portare il paese fuori dal crollo economico e finanziario. È anche vero che i cristiani copti egiziani testimoniano che la situazione non è mai stata così buona per loro dopo decenni di persecuzioni impunite.

Cosa accadrebbe alla pace mondiale se l’Egitto crollasse, se il terrorismo diffondesse le sue devastazioni nella regione , se milioni di egiziani diventassero rifugiati in esilio? L’Egitto ha dovuto affrontare, al posto del mondo intero, la sfida terroristica e, allo stesso tempo, riformare il Paese: progetti giganteschi come l’elettricità o la costruzione di nuove città per eliminare le baraccopoli, poi il progetto nazionale per eliminare il virus Covid-19, o riforme dei sistemi di istruzione, polizia e sicurezza nazionale per affrontare il terrorismo e la criminalità organizzata.

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