Recentemente è stato celebrato il centenario della Prima Guerra Mondiale, con la presentazione di notevoli risultati di ricerche storiografiche che aprono nuovi orizzonti di indagine, e nuovi punti di vista sulle relazioni fra i diversi teatri di guerra che, nell’insieme, costituiscono il primo conflitto su scala mondiale.
Fra i diversi episodi rivalutati nell’importanza delle conseguenze che ebbero su diversi piani, vi è la cosiddetta “operazione Brusilov”, mai evidenziata nella sua totalità, nel panorama della Grande Guerra. Il nome deriva dal generale Alekseiej Aleskeeviç Brusilov (1853-1926), che ne fu principale artefice e che portò le forze russe al culmine della propria potenza e fortuna, nel periodo zarista, arrivando al punto di rivoltare la situazione e concentrare l’attenzione dei belligeranti sul Fronte Orientale, in aperta opposizione alla strategia del generale tedesco Erich von Falkenhayn (1861-1922), del francese Joseph Jacques Césaire Joffre (1852-1931) e del britannico John Denton Pinkstone French (1852-1925), mentre il generale austro-ungarico Franz Conrad von Hotzendorf (1852-1925) condivideva tali timori e affermava che tutti gli altri teatri di guerra, quello orientale non meno di quello italiano, dovevano essere funzionali e subordinati. In una guerra in cui le vittorie si misuravano per lo più in poche centinaia di metri, le armate zariste riuscirono ad avanzare di circa 120 km verso ovest. La Bucovina venne liberata dalle truppe austro-ungariche, mentre le perdite degli austriaci ammontarono a più di un milione e mezzo tra morti, feriti e prigionieri.
La strategia Brusilov
Il generale Brusilov aveva posto le basi di quella dottrina dell’azione in profondità che avrebbe poi fatto scuola in Europa. Per un momento sembrò che la sua offensive potesse decidere in modo del tutto inatteso le sorti della guerra, alleggerendo la spinta delle forze di Conrad sul fronte italiano e spingendo l’Austria-Ungheria sull’orlo del baratro. Solo il pronto intervento dell’alleato germanico, e la debolezza intrinseca della Russia, duramente provata dalle disastrose sconfitte del 1914-15, resero offensiva, ristabilendo un precario equilibrio che poi si sarebbe definitivamente rotto nel 1917. Nuove indagini storiche in corso, quindi, sulla strategia che portò allo svolgimento della più grande offensiva russa e maggiore vittoria della Triplice Intesa.
La battaglia ebbe inizio il 4 giugno 1916, con l’ordine dello zar Nicola II (1868-1918) al generale Brusilov di attaccare su un fronte di oltre 500 km, dalle paludi del Pripjat alla frontiera polacca, contro una delle estremità dello schieramento austro-ungarico.
Molto gioco fece l’opinione sulla lentezza della mobilitazione delle forze russe, negli alti comandi tedeschi, molto radicata fin dall’inizio del conflitto. Opinione che aveva portato i comandanti germanici a pensare di poter conquistare Parigi e trasferire poi tutte le truppe disponibili per attaccare la Russia, evitando il tal modo una guerra su due fronti.
U russi, però, giocarono d’anticipo e, inaspettatamente, operarono una manovra in forze nella Prussia Orientale, a sole due settimane dall’inizio della guerra, mettendo in estrema difficoltà le truppe del generale Maximilian con Prittwitz (1848-1917), che riuscì a evitare il peggio grazie alla maggiore mobilità delle proprie forze e alla complicata lentezza di quelle nemiche.
Per l’errore commesso nel non aver saputo prevedere l’attacco russo, von Prittwitz venne sostituito, e il suo comando affidato ai generali Paul von Hindenburg (1847-1934) ed Erich Ludendorff (1865-1937), che con un contrattacco a tenaglia ristabilirono la situazione e anzi, ribaltarono le sorti della battaglia con un doppio accerchiamento a Tannenberg, che costò ai russi oltre 125.000 morti, feriti, prigionieri e dispersi. A questa cocente sconfitta, seguì quella della prima battaglia dei Laghi Masuri e i diversi scontri con gli austro-ungarici in Galizia, che furono ancora una volta controllati efficacemente dall’intervento tedesco.
Elemento fondamentale fu la rete ferroviaria, che Hindenburg e Ludenforff seppero sfruttare al meglio per spostare truppe e materiali lungo il fronte, e conquistare tutta la Polonia alla fine del 1914, con operazioni di ampio raggio sul Baltico.
La situazione era a tal punto pericolosa che, alla fine dell’agosto 1915 lo zar Nicola II decise di assumere il comando diretto delle operazioni, portando a una situazione di stasi e guerra di trincea su una linea che, da Riga sul Baltico, terminava ai Carpazi, sul confine con la Romania. A questo punto la guerra si riaccese sul Fronte Occidentale, con il generale von Falkenhayn che diede inizio all’offensiva di Verdun per fiaccare definitivamente l’esercito francese, i cui comandanti rivolsero un pressante appello a Mosca perché lo zar attaccasse a Est con manovre diversive.
I russi attaccarono sul Lago Naraç ma non ottennero progressi, e anzi subirono oltre 100.000 perdite, mentre gli autro-ungarici mossero contro le linee italiane in Trentino, e anche l’Italia credette che Mosca potesse intervenire, distraendo forze nemiche.
I comandi russi sapevano che non era possibile sferrare nuovi attacchi per aiutare gli italiani, data la situazione di truppe e materiali, e le priorità della predisposta operazione Busilov, ma fu proprio lo stesso generale ad accogliere la richiesta italiana, progettando una manovra da attuare nel mese di luglio, con truppe del Gruppo Armate Ovest trasferite a Est e lanciate alla riconquista di Kovel e Leopoli.
Il 4 giugno 1916, circa 2.000 cannoni aprirono il fuoco su un fronte di circa 350 km il Pripjat e la Bucovina, di per sé insufficiente allo scopo, ridotta perché molti alti comandanti di artiglieria non condividevano la strategia di Brusilov. Paradossalmente, recenti ricerche hanno anche accertato che pochi cannoni rispetto all’estensione del fronte, non hanno ridotto il terreno di battaglia un paesaggio lunare che avrebbe rallentato l’avanzata della fanteria e favorito la difesa.
Una vittoria di Pirro
Il bombardamento preliminare raggiunse il proprio scopo: gettare nel caos le prime e seconde linee austro-ungariche, colte di sorpresa, e aprire i varchi nei reticolari, necessari per sviluppare un attacco in forze delle fanterie. Con una veloce avanzata, attraverso oltre cinquanta passaggi, approfittando di fumo e polvere e con l’utilizzo di granate nebbiogene, i russi catturarono più di 26.000 prigionieri e conquistarono Luck, evacuata dai circa 200mila difensori della 4a e 7a Armata austriache.
Le armate russe passarono il Pripjat all’estremità meridionale e avanzarono di 50 km, mentre sul saliente settentrionale gli austro-ungarici resistettero più a lungo ma alla fine cedettero, ritirandosi sul Dnestr, mentre gli attaccanti giunsero in vista di Cernivci, principale città della Bucovina.
Il successo iniziale non fu però sfruttato a dovere, perché sul saliente nord i russi non mossero all’attacco in forze, forse a causa delle reciproche rivalità negli alti comandi. Ne approfittarono i tedeschi, che sposarono forze sufficienti sul fronte sud, salvando così il fronte austro-ungarico. A tutto questo, da aggiungere che la veloce avanzata russa, causò un allungamento delle linee di rifornimenti e approvvigionamento, cosicché le truppe in prima linea furono costrette a rallentare. Lo zar Nicola dovette imporre tutta la sua autorità, e finalmente Brusilov ottenne i rinforzi necessari, che però tardarono ad arrivare in linea a causa della antiquata, dissestata e lentissima linea ferroviaria in retrovia. Alla fine, il generale Brusilov fu costretto a rivedere i piani e attestarsi su linee fisse., tornando così alla guerra di logoramento.
Alla fine del luglio 1916, Brody, sulla frontiera con la Galizia, venne conquistata dai russi, oltre a circa 40.000 prigionieri austriaci, ma anche le perdite degli attaccanti furono pesanti, cosicché Ludendorff e von Hindenbrg furono costretti a loro volta ad attestarsi in difesa, con la formazione di presidi misti autro-tedeschi a guardia delle linee, talmente vaste che richiesero anche la presenza di battaglioni turchi.
In questo settore, la guerra si trasformò quindi in azioni isolate di infiltrazione, commandos, alternate a bombardamenti di artiglieria e ad attacchi di battaglioni con lo scopo di conquistare la prima trincea nemica. Con un immenso spreco di vite.
Ai primi di settembre Brusilov raggiunse le pendici dei Carpazi, ma lì si arrestò per le evidenti difficoltà del territorio, e soprattutto l’arrivo di nuove truppe tedesche da Verdun. I russi chiusero le linee di ripiegamento autro-ungariche, ma pagarono un altissimo tributo. Il 22 agosto Brusilov e la sua armata vennero attaccati su una linea di 20 km da due divisioni turche che l’anno precedente avevano combattuto a Gallipoli, ma la ritirata austriaca non si fermò.
Il 20 settembre l’attacco di Brusilov si era completamente esaurito, con il solo risultato di avere distratto un certo numero di forze tedesche dal settore occidentale di Verdun, e soprattutto di costringere gli austro-ungarici a distogliere truppe dal settore del Trentino nel pieno della Battaglia degli Altipiani (che per gli autro-tedeschi è l’operazione Strafekspedition, costata circa 150mila vittime, fra cui oltre 400.000 prigionieri. Complessivamente, la “manovra Brusilov” costò da 600.000 a un milione di soldati. L’esito della battaglia convinse la Romania a entrare in guerra a fianco dell’Intesa.
Dopo i combattimenti, che segnarono la massima estensione dell’esercito russo nella Grande Guerra, l’impeto degli attaccanti perse energia e cominciò a declinare inesorabilmente, in buona parte anche a causa di innumerevoli problemi interni, delle diserzioni sempre più frequenti a causa del vento rivoluzionario che già si annidava tra le file dell’esercito. La Russia aveva poi perso già più di 5 milioni di soldati e, da lì a poco, la convinzione di invincibilità, mista alle idee sovversive, avrebbe innescato la miccia della Grande Rivoluzione. Molti torici sono d’accordo nell’affermare che l’operazione Brusilov fu la classica goccia che fece traboccare il vaso, disintegrato poi nell’ottobre 1917.
Brusilov tuttavia aveva dimostrato un notevole sviluppo nella tecnica militare, evidenziando che la strategia dell’attacco in profondità, preceduto da isolati ed efficaci interventi di artiglieria, potevano portare ad avanzate che però dovevano essere consolidate. Per ironia della sorte, furono i tedeschi ad apprendere e sviluppare questa tecnica detta “Infiltrazione e assalto”, usandola su tutti i fronti, con risultati sempre migliori. Nel 1918 i tedeschi, pur allo stremo, anche a causa del dal blocco navale, con l’aiuto di queste nuove tecniche (che gli altri eserciti non applicavano) durante l’Offensiva di Primavera furono vicini a vincere la guerra.
D’altra parte, l’entrata in guerra della Romania sul Fronte Orientale, non fu di aiuto all’Intesa, anzi, una serie di attacchi, preparati troppo superficialmente, indebolirono un esercito già antiquato e poco dotato e diedero l’opportunità alla forze bulgare di attaccare da sud, all’inizio del 1917 travolgendo le difese.
Bibliografia:
“Le 100 battaglie che hanno cambiato la storia” – Paul K. Davis;
“Grande storia della prima guerr mondiale” – M. Gilbert;
“The Real War 1914-18” – : Liddel-Hart;
“Austria-Hungary and the Brusilov Offensive of 1916” – A. Tunstall.
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