Laos: quando le forze comuniste fecero morire di fame gli ultimi regnanti dell’antico Stato. Di Giulio Vignoli.

1959: Savang Vatthana, ultimo re del Laos e della dinastia di Khun Lo.

Il Laos è un piccolo Stato dell’Indocina stretto fra Thailandia, Cina, Vietnam e Cambogia.

Nell’ Ottocento la politica coloniale della Francia si rivolse verso l’ Indocina, in particolare verso tre Stati: il Laos, appunto, la Cambogia e il Vietnam.

   All’arrivo degli Europei questi Paesi erano assai arretrati. I cambogiani avevano addirittura perso la memoria della civiltà Kmer: i grandi monasteri di Angkor furono scoperti alla fine dell’Ottocento da un esploratore francese, sommersi dalla foresta che da secoli ne impediva la vista.

   Il Palazzo reale di Luang Prabang, capitale del Laos, era fatto di legno e di bambù; l’odierno in muratura,  fu costruito dai francesi.

Il Laos era diviso in tre principati, vassalli del Siam (più o meno l’odierna Thailandia), la Cambogia era tributaria del Siam e del Vietnam. Il re di Cambogia per contenere la politica espansionistica di questi Stati, chiese la protezione della Francia e nel 1863 fu formato il protettorato francese. Nel 1862 la Francia iniziò a occupare il Vietnam, prima la Cocincina, regione a sud e ne fece una colonia, quindi nel 1883 occupò anche il Tonchino, regione a nord e, sconfitto l’esercito imperiale (il Vietnam era un Impero anche se il territorio era limitato), impose il protettorato su l’ Annam, la regione centrale.

   Nel 1893 la Francia sconfisse il Siam che controllava i regni di  Vientiane, Luang Prabang e Champasak, unificando l’intero Laos sotto il regno del re di Luang Prabang, ma imponendo il protettorato nel 1899.

   Come è noto, durante la Seconda Guerra Mondiale i giapponesi occuparono l’Indocina francese, anche se formalmente questa continuava a essere amministrata dallo “Stato Francese”, denominazione ufficiale della Francia di Vichy. 

   Nel 1945 i giapponesi, ritirandosi, disarmarono i francesi e proclamarono l’indipendenza di Cambogia, Laos e Vietnam.

   Tornati i militari francesi, fu tutto un ribollire di scontri, di proteste, di guerriglie. Vennero proclamate delle effimere repubbliche comuniste, ma le truppe francesi riuscirono a ristabilire in qualche modo la situazione di anteguerra. Tuttavia la Francia non riuscì ad arrestare l’infiltrazione di guerriglieri comunisti nel nord del Vietnam, sovvenzionata sotto ogni aspetto, militare ed  economico, dalla Cina.

   Con la battaglia perduta di Dien Bien Phu del 1954, la Francia si ritirava dall’Indocina.

   La Conferenza della pace di Ginevra decideva che il Vietnam fosse diviso in due Stati indipendenti, quello del Nord e quello del Sud. Il confine fu fissato al 17° parallelo: il Nord fu consegnato ai comunisti e il Sud divenne un Regno e poi una Repubblica. Cambogia e Laos furono dichiarati indipendenti.  

   Purtroppo i comunisti del Nord ripresero ad attaccare il Sud. La guerriglia, guidata dal famigerato Ho Chi-minh, riprese cruenta e sanguinosa. Riceveva tutti gli aiuti, armi, rifornimenti, viveri tramite il cosiddetto “Sentiero di Ho Chi-min” che non attraversava il solo Vietnam, ma anche il neutrale Laos che così venne coinvolto.

   L’intervento dell’America a favore del Vietnam aggravò, anziché alleggerire, la situazione. Ricorrendo gli USA soprattutto all’arma aerea per salvaguardare le truppe di terra, cominciarono a bombardare il Sentiero anche nella parte laotiana con migliaia e migliaia di morti.

   Il fronte interno degli Stati Uniti cedette, minato dalla Sinistra internazionale e interna, dai suoi intellettuali e attori cinematografici “progressisti”, dalle proteste dei giovani che non volevano più andare a morire in un lontano Paese.

   Il crollo americano fu totale e anche senza onore: gli USA abbandonavano i loro alleati alle vendette dei comunisti. Il genocidio di un terzo della popolazione cambogiana ad opera dei comunisti è abbastanza noto. Forse si ricorda anche il “popolo delle barche” e cioè le centinaia di migliaia di vietnamiti che fuggivano con ogni mezzo per mare, verso la morte. Meno noto è quanto avvenne in Laos.

   Caduta Saigon, i comunisti invasero il Laos. Almeno 100.000 laotiani fuggirono rifugiandosi soprattutto in Thailandia.

Il re Savang Vatthanà, che era succeduto al padre Sisavang Vong nel 1959, rimase.

Uomo pacifico e amabile, appassionato di botanica e di agricoltura, aveva cercato di salvaguardare lo Stato dalle interferenze americane e dagli attacchi del Pathet Lao, i guerriglieri comunisti del Laos, cioè i compari dei Vietcong del Vietnam, ma occorreva ben altro.

   Rimase con la famiglia per non abbandonare lo Stato e per le assicurazioni ricevute sempre dai comunisti che la Monarchia e il Re sarebbero stati rispettati. Del resto il capo dei comunisti del Pathet Lao era suo cugino, il principe Souphanouvong, il cosiddetto “Principe Rosso”, e un altro suo cugino, il principe Souvannaphouma, era il capo del governo di unità nazionale con i comunisti, che si era subito creato.

   Ma le promesse non furono ovviamente mantenute. 

   Il Re fu costretto ad abdicare il 29 novembre 1975, il 2 dicembre si formò il governo marxista-leninista. 

   L’ex Re con la famiglia dovette trasferirsi a 8 km. da Luang Prabang in residenza sorvegliata. Nel 1977 fu accusato di collaborare con la resistenza anticomunista, secondo altra versione governativa avrebbe cercato di fuggire con l’aiuto di “forze reazionarie”.

   Venne quindi deportato assieme alla famiglia al nord e “disparve”. Questo è quanto sanno gli attuali abitanti del Laos.

   In realtà venne deportato nel “Campo di rieducazione n. 1”, vero e proprio “Campo della morte” , destinato agli ex alti funzionari e agli ex alti gradi dell’ esercito del Regno.

   Il governo comunista ha creato infatti molti “Campi di rieducazione”; non se ne sa il numero, né se esistano ancora. Si stimano in 30.000 i morti per inedia in questi Campi. Il Laos è infatti, tuttora, una dura dittatura militare di stretta osservanza comunista, dove sventolano bandiere rosse con la falce e il martello. Una seconda Corea del Nord dove è ancora pericoloso indagare sulla fine della Famiglia Reale. Mai il suo governo ha fornito notizie sulla morte del Re e dei familiari, né dove, né quando.

   Con il passare degli anni, pian piano, qualcosa è trapelato soprattutto grazie ad un deportato del Campo n. 1 che è riuscito a sopravvivere e a rifugiarsi rocambolescamente negli USA. Altri prigionieri forse sopravvissero, ma non sono riusciti a lasciare il Laos.

   Nei campi di sterminio tutti i prigionieri erano soggetti all’imperio totale e senza appello del comandante del Campo. Tutti i soldati o il personale del Campo avevano diritto a usare le armi contro i prigionieri che non obbedissero agli ordini o commettessero una infrazione.

   Tutti i  prigionieri dovevano parlare forte, i bisbigli erano proibiti. Per avvicinare e parlare col personale i prigionieri dovevano accovacciarsi, le braccia strette attorno alle ginocchia e la testa bassa, bisognava tenere una distanza da 3 a 5 metri.

   Il 24 novembre 1977, verso le 22, tre persone sono condotte nel campo n. 1: il Re, la regina Kamphoui e il principe ereditario Vong Savang. Già nel Campo si trovavano il secondogenito del Re, principe Sisavang e tre fratelli del Re, i principi Souphantharangsi, Bovone e Thongsouk, nonchè un nipote del Sovrano, il principe Manivong Khammao.

   Il Re era il prigioniero più anziano, aveva compiuto 70 anni, condannato ai lavori forzati, privo di nutrimento e di medicinali, fu costretto a lavorare in pieno sole per 11-14 ore. 

   La vita del Campo era durissima per l’insufficiente alimentazione e la mancanza di medicine. La Croce Rossa Internazionale o altri enti umanitari non avevano accesso. I prigionieri non potevano scrivere o ricevere lettere. A chi portava gli occhiali questi vennero confiscati, nessuno poteva leggere nessun tipo di libro. Vietati sport, trattenimenti e attività culturali.

   Nel 1978 e nel 1979 al Re e al Principe ereditario venne ordinato di andare nella vicina risaia a raddrizzare staccionate e a piantare riso.

   Spesso le guardie urlavano contro la Famiglia Reale: “Traditori! Leccapiedi degli Americani! Parassiti! Vittoria al Popolo!”.

   In poco meno di un anno i prigionieri cominciarono a morire. Nell’agosto 1978 morì il principe Bovone, annientato dalla totale inattività e malnutrizione. Poi morì il secondogenito del Re, il principe Sisavang. Nelle sue ultime ore di vita chiese un bicchiere di vino di riso. Non gli fu concesso.

   Prima della fine dell’anno morirono gli altri due fratelli del Re. Gli altri sopravvissuti divennero degli scheletri viventi. Nel Campo, oltre i Reali, vi erano altri prigionieri come abbiamo detto. In totale all’inizio della detenzione erano 40. Nell’ottobre 1979 e nel gennaio 1980 morirono 10 internati e il nipote del Re.

   Nel 1979 vi era stata una lite fra il Principe ereditario e una guardia che gli sparò sfiorandolo alla testa. L’incidente gettò l’erede nella disperazione e da allora non uscì più dalla sua baracca; una mattina del gennaio 1980 la madre lo trovò morto. Aveva 48 anni.

   La regina fu adibita alla raccolta del riso e del granaio al posto del figlio.

  Un giorno del febbraio, sempre del 1980, il Re, mentre chino sul campo, tagliava l’erba col machete, veniva schernito dalla guardia che lo minacciava con il kalashnikov. Da allora il Re non uscì più dalla sua capanna di bambù. Morì nel marzo successivo. Il corpo, avvolto in lenzuola, fu tumulato a nord del Campo a poca distanza dal figlio. A quanto risulta, le loro ossa si trovano ancora in quelle fosse. Alla Regina fu impedito di partecipare al rito funebre.

   Poco dopo Kamphoui, allora sessantasettenne, fu trasferita in un altro Campo dove morì due anni dopo.

   Quaranta prigionieri entrarono nel Campo n. 1 nell’ottobre-novembre 1977, poco meno di tre anni dopo ne erano morti ventiquattro per malattia, inedia e malnutrizione (1).

(1) Il superstite del Campo n. 1 che riuscì a rifugiarsi in USA, è il colonnello Khamphan Thammakhanty dell’esercito Reale del Laos.

I figli  del Principe ereditario, bambini all’arrivo dei comunisti, non furono incarcerati. Molti anni dopo il primogenito, che lavorava in una risaia per mantenere la famiglia, riuscì, a 18 anni, a fuggire assieme al fratellino dal Laos, attraversando in una zattera di fortuna, costruita da loro, il grande e impetuoso fiume Mekong.

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