Otto von Bismarck: unificò la Germania col ferro e col sangue per poi inaugurare una stagione di pace in Europa. Il suo licenziamento diede il via ad una serie di crisi che avrebbero prodotto la Prima Guerra Mondiale. Di Fabio Bozzo.

Definito a buon titolo “Il Cancelliere di Ferro” Bismarck fu forse la figura politica più imponente della seconda metà del XIX secolo. Fautore di una fredda e pragmatica realpolitik, combatté tre guerre (contro Danimarca, Austria e Francia) per raggiungere l’unificazione tedesca, avendo però sempre ben chiari i limiti delle sue vittorie. In particolare dopo la sconfitta dell’Austria impedì, minacciando le dimissioni, che il re di Prussia abbattesse l’Impero asburgico, da lui ritenuto un indispensabile elemento di stabilità nella Mitteleuropa (valutazione difficile da contraddire alla luce della storia post 1918). Più duro con la Francia, nondimeno moderò le pretese territoriali della leadership tedesca, convinto che non fosse saggio inglobare un’eccessiva minoranza francese.

Dopo la fondazione dell’Impero tedesco, detto II Reich, si trasformò nel più strenuo difensore dello status quo europeo, all’insegna del motto “Germania Paese soddisfatto”. Per garantire la pace Bismarck fu tanto abile da creare la cosiddetta Lega dei Tre Imperatori, un’alleanza tra Germania, Austria e Russia, malgrado tra le ultime due i rapporti fossero tutt’altro che cordiali.

Per isolare la Francia, ansiosa di rivincita ma consapevole della propria inferiorità, riuscì ad instaurare una relazione di buon vicinato anche con la Gran Bretagna. Contrario ad un’espansione navale che avrebbe portato ad un contrasto con Londra, per lo stesso motivo limitò l’espansione coloniale. Definitivo trionfo diplomatico del “sistema bismarckiano” fu il Congresso di Berlino del 1878, in cui rese la Germania l’arbitro dell’equilibrio europeo.

In politica interna il Cancelliere fu un conservatore ai limiti del reazionario, avente in odio i socialisti e sospettoso verso l’influenza politica del cattolicesimo. Tali posizioni lo portarono a due feroci battaglie politiche, una contro il partito socialdemocratico e l’altra contro il papato e la Chiesa cattolica tedesca. Mentre con la prima non riuscì a fermare la crescita elettorale della sinistra, pur mantenendo saldo il potere, la seconda si concluse con un compromesso. Tuttavia le idee ultra conservatrici non impedirono a Bismarck di varare la legislazione sociale e pensionistica all’epoca più estesa e costosa del mondo.

La fine politica del grande statista arrivò nel 1890, dopo ventotto anni di potere, quando entrò in contrasto con il giovane e complessato Kaiser Guglielmo II (1859-1941). Il nuovo sovrano era deciso ad abbandonare il “pacifismo armato” del Cancelliere, per lanciarsi in avventurismi ai limiti della dabbenaggine. Raggiunto il punto di rottura, l’anziano politico si dimise, pensionato da un monarca inadeguato e guerrafondaio che avrebbe dato un contributo decisivo allo scoppio del primo conflitto mondiale.

Una fine paradossale per il Cancelliere di Ferro che, si disse, “Fece dominare la Germania dalla Prussia e l’Europa dalla Germania”.

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