La Guerra Civile Russa fu un sanguinoso e lungo conflitto che venne combattuto su tre fronti principali: orientale, meridionale e nord-occidentale – può, sotto il profilo cronologico, essere divisa approssimativamente in tre periodi. Il primo, compreso tra la Rivoluzione d’Ottobre e l’armistizio russo-tedesco di Brest Lytovsk 3 March 1918; il secondo che va dal marzo al novembre del 1919 e il terzo, quello finale, che ebbe il suo sviluppo dal dicembre 1919 al novembre 1920, anno in cui l’ultima armata bianca, quella del generale Piotr Nikolaevich Wrangel (1878–1928) venne sconfitta e costretta ad abbandonare il suo ultimo ridotto di Crimea dove si era asserragliata nella precedente primavera.
Il generale Pyotr Wrangel.
Nella primavera del ‘20, asserragliato in Crimea, il “barone bianco” Pyotr Wrangel, al comando dell’ultimo esercito ancora in grado di combattere, fece il possibile per ricompattare la sua ormai debole armata[1]. In effetti, come scrisse lo storico inglese W. H. Chamberlin “è doveroso sottolineare le eccezionali capacità organizzative e militari di Wrangel. Egli possedeva più costanza di Denikin e più senso politico di Kolchak. E pur non facendosi illusioni sull’esito finale di una lotta così ineguale, fu capace di infondere coraggio e determinazione ai suoi uomini, demoralizzati da tante sconfitte e ridotti a lottare con una crescente penuria di materiali da guerra ed equipaggiamenti”. Sulle prime (seppur quasi abbandonato dall’Inghilterra e dalla Francia, che preferirono, per motivi diplomatici, defilarsi dalla grande contesa tra rossi e bianchi[2]) il suo operato diede ottimi ed insperati risultati: nel giugno del ‘20, Wrangel marciò verso nord, riuscendo a bloccare e a respingere l’avanzante esercito del generale Frunze, inseguendolo fino al fiume Dnepr. Ma la già citata pace siglata nel frattempo fra Polonia e governo bolscevico, e quella di Tartu (14 Ottobre), tra il Governo bolscevico e la Finlandia (che divenne indipendente), permise ai rossi di scaraventare contro l’ultimo generale controrivoluzionario un enorme numero di divisioni, pari a quasi 500.000 soldati[3]. A questo punto, Wrangel ritirò tutte le sue truppe (comprese le riserve) nel Tauride meridionale e in Crimea. Si trattava di un complesso formato da 23.070 fanti (a corto di viveri, munizioni e medicinali), undicimila 795 cavalleggeri appoggiato da poco più di 200 tra obici e cannoni da campagna, mille 663 mitragliatrici, quattordici treni corazzati e armati, quarantacinque tra autoblindo e carri francesi Renault e inglesi Tank e 42 velivoli da combattimento anch’essi di fabbricazione anglo-francese. Va comunque notato che la qualità degli uomini e del materiale – riporta W. Bruce Lincoln – si era deteriorata dopo le sue prime vittorie nella Tauride settentrionale. Autoblindo, carri e aerei erano ridotti in condizioni disastrose” e – fatto ancora più grave – nel corso degli ultimi combattimenti erano caduti sul campo i migliori ufficiali, tra cui il comandante della cavalleria, Babev.
Il generale Michail Vasilevič Frunze.
Soldati bolscevichi celebrano la vittoria.
Il 27 settembre, il generale Frunze era giunto a Charkov per assumere il comando del fronte meridionale. “Reduce da una serie di vittorie che aveva riportato in Siberia e in Turkestan,[4] Frunze non era uomo da accontentarsi d’altro che non fosse la piena vittoria: Wrangel doveva essere annientato” ci ricorda Lincoln. Per l’attacco finale, Frunze mobilitò circa 105.000 tra fanti e cavalleggeri bene armati e addestrati, quattrocento tra cannoni e obici, oltre 3.500 mitragliatrici e un numero di treni corazzati, autoblindo, carri armati e aerei di poco superiore a quelli dell’avversario, ma di qualità assai superiore. Per l’attacco finale, Frunze poté, inoltre, avvalersi delle forze di due abili generali: Semen Michajlovic Budennyi (1883-1973) (comandante della cavalleria, da poco rientrato dal fronte polacco, in seguito alla pace tra Mosca e Varsavia) e Vasilij Bljucher (1889-1938) che con la sua leggendaria 51ma divisione aveva precedentemente sconfitto l’ammiraglio Kolchak. L’estremo tentativo fatto da Wrangel per tenere almeno una porzione del Tauride settentrionale (ricco di cereali), come antemurale del vallo difensivo di Perekop (sottile lingua di terra che univa il Tauride meridionale alla Crimea) fallì sotto la pressione dell’Armata Rossa. Così Lincoln: “prima della fine di febbraio, Frunze aveva circondato schierato la IV, la VI e la XIII Armata di fanteria e la I e la II Armata a cavallo, appoggiate dai partigiani di Machno, lungo un ampio semicerchio che si estendeva da Cherson alla foce del Dnepr, sul suo fianco ovest, a Nogajsk, sul Mare d’Azov, circa 400 chilometri ad est”. Schieramento che determinò il semi accerchiamento dell’intera Armata di Wrangel, ormai con le spalle rivolte al litorale del Mar Nero e al Mare di Azov.
Cosacchi ‘bianchi’.
Tuttavia, i primi tentativi di sfondamento effettuati da Frunze per occupare tutta la Tauride e superare la principale linea difensiva bianca situata sull’istmo di Perekop, risultarono però disastrosi a causa della strenua resistenza dei reparti bianchi. “Sono stupefatto dell’enorme energia con cui il nemico resiste”, comunicò Frunze a Mosca “E’ indubbio che l’avversario stia combattendo più validamente e tenacemente di quanto avrebbe fatto ogni altro esercito”. In effetti, i bianchi opposero una fiera resistenza anche al passo strategico di Salkovo, perno della linea difensiva di Perekop, ma alla fine dovettero arretrare. Fu a quel punto che Wrangel decise di ritirare dalla Tauride gli ultimi reparti lasciati per ritardare l’avanzata di Frunze. Tentativo che non riuscì: investiti dall’Armata Rossa, migliaia di soldati bianchi rimasero accerchiati e fatti prigionieri, senza contare i molti caduti sul campo. L’occupazione totale della Tauride costò a Wrangel anche la perdita di 36.000 tonnellate di preziosi cereali accantonati nei magazzini di Melitopol e di Genicesk.
Soldati ‘bianchi’ in marcia.
L’offensiva bolscevica a Sud.
Ufficiali ‘bianchi’ e preti cristiani ortodossi.
L’intera Armata Bianca era ormai costretta alla sola penisola di Crimea, in attesa dell’urto finale. Alla fine della prima settimana di novembre, Frunze ammassò 180.771 uomini, appoggiati da quasi 3.000 mitragliatrici, 600 pezzi d’artiglieria, 23 treni corazzati e decine di carri armati e aerei da ricognizione. Dispositivo che Wrangel avrebbe dovuto affrontare con appena 26.000 uomini di prima linea e 16.000 di riserva. Frunze decise di sferrare l’attacco principale contro il cosiddetto “Vallo Turco” (edificato secoli prima dagli ottomani sull’istmo di Perekop) lungo il quale Wrangel aveva posizionato le sue forze migliori e cioè la 1a e la 2a Armata unificate, agli ordini dell’ottimo generale Kutepov. Il 5 novembre, la 51ma Divisione di Bljucher partì all’assalto, appoggiata dalla cavalleria di Budennyi, dalla IV Armata Rossa al completo e dai raggruppamenti dell’anarchico Machno. E il giorno 9, dopo ben quattro aspri combattimenti che costarono a Kutepov il 60% delle sue forze, Frunze riuscì finalmente a sfondare le linee predisposte da Wrangel che, nel frattempo aveva già organizzato con grande calma e accortezza lo sgombero via mare dalla Crimea. L’11 novembre, Wrangel ordinò che tutti i civili e i soldati (protetti da reparti di retroguardia agli ordini di Kutepov) si avviassero ai porti di imbarco da lui già predisposti, e cioè Evpatorijia, Sebastopoli, Jalta, Feodosija e Kerc. L’evacuazione si svolse nel massimo ordine (vennero imbarcati, a bordo di 126 navi, circa 146.000 tra soldati e civili). E nel tardo pomeriggio del 17 novembre, avuta notizia del completamento dell’operazione, Wrangel salì a bordo dell’incrociatore Generale Kornilov che l’avrebbe portato in esilio a Costantinopoli.
Soldati dell’Armata bolscevica.
La ben studiata ritirata, consentì anche la messa in salvo della Flotta russa del Mar Nero (o Flotta di Wrangel)[5] che, successivamente, venne internata a Biserta. Durante le ultime fasi dell’evacuazione delle truppe bianche, la quasi totalità dei civili tentò con ogni mezzo di abbandonare la Crimea, temendo rappresaglie da parte dei bolscevichi. Timore più che fondato, se si pensa che tra il 20 di novembre e la fine di dicembre del 1920, le avanguardie dell’Armata Rossa fucilarono o impiccarono circa 50.000 persone. Il 26 novembre, nella zona portuale di Sebastopoli, i reparti della Ceka arrestarono e misero a morte oltre 700 tra scaricatori, operai funzionari e un numero imprecisato di civili, accusati di avere aiutato le truppe bianche ad imbarcarsi sulle navi di Wrangel.
Soldati bolscevichi saccheggiano una chiesa ortodossa.
Il 30 novembre, il Comitato Rivoluzionario di Sebastopoli annunciò l’avvenuta “eliminazione di 1.836 pericolosi banditi reazionari’”: la prima di una lunga serie. Così spiega Chamberlin: “Primo fra tutti i generali bianchi, Wrangel aveva ereditato un relitto di esercito, ma seppe rifoggiarlo in forza combattente che inferse ai rossi alcuni fieri colpi. Wrangel non poteva salvare quella vecchia Russia di cui s’era fatto campione e rappresentante, ma la sua attività militare, che tenne una quantità di truppe comuniste impegnate in Ucraina e nel Kuban, non fu certo l’ultima ragione per cui l’esercito rosso mancò davanti a Varsavia di quella estrema riserva d’energia che avrebbe creato una Polonia sovietica ed esteso il bolscevismo molto oltre le frontiere russe. Visto da questo lato, l’epilogo del movimento bianco, impersonato da Wrangel, fu una fortuna per la Polonia e forse per altri stati di nuova formazione che evitarono di essere travolti un governo sovietico intenzionato (come progettava Trockji, NdA) ad invadere, oltre la Polonia e i Paesi Baltici, anche la Germania, la Romania e l’Ungheria”e a diffondere il verbo bolscevico fino all’Atlantico.
Fuga di militari e civili dalla Crimea a bordo delle navi russe di Wrangel.

La flotta Wrangel.
Soldati ‘bianchi’ imbarcati si apprestano a lasciare la Crimea.
[1] A rendere ancora più critica la situazione dell’ultima Armata Bianca di Crimea, stava il fatto che Wrangel non godeva dell’appoggio delle popolazioni ucraine, per le stesse ragioni che avevano provocato la sconfitta di Kolchak, Denikin e Judenic: la diffidenza dei contadini e l’esiguità delle classi medie che avrebbero potuto costituire una base sociale determinante; e ciò nonostante che Wrangel, ammaestrato dalla disfatta degli altri generali bianchi, avesse promesso ai contadini una riforma agraria radicale, a spese della grande proprietà terriera.
[2] I francesi– che avevano investito grossi capitali in Russia prima e durante la Prima Guerra Mondiale, avevano puntato quasi tutte le loro carte sulla Polonia del generale Pilsudski, ma, dopo la vittoria di quest’ultimo davanti a Varsavia, si disinteressarono sostanzialmente del destino di Wrangel, allontanandosi dalla causa bianca, considerata ormai persa. Oltre a ciò, nel 1919, la loro squadra navale, stanziata a Odessa per dare man forte ad un piccolo corpo di spedizione transalpino (5.000 uomini, in gran parte senegalesi e algerini) che affiancava (con l’apporto di circa 700 soldati greci), i bianchi, era stata scossa dagli ammutinamenti degli equipaggi delle navi da battaglia France e Jean Bart. Accadimento che indusseil governo francese a farla rimpatriare immediatamente nel timore di un possibile contagio bolscevico.
[3] Nel marzo del 1918, l’Armata Rossa contava 100.800 soldati: forza che nel maggio 1918 salì a 306.000 uomini; nel febbraio 1919 a 1.000.000; nel gennaio 1920 a 3.000.000 e nell’ottobre 1920 a ben 5.498.000 uomini. Va ricordato che questo potente esercito contava nelle sue file oltre 40.000 ufficiali che avevano prestato servizio sotto Nicola II: cosa che non andò giù a molti bolscevichi, ma che Trockij avvallò e impose con inflessibilità e acume.
[4] Dalla fine del 1918 a quasi tutto il 1919, con un’accorta e ambigua politica, Lenin favorì la nascita in Asia Centrale di istituzioni governative musulmane “indipendenti”, ma di fatto da lui controllate, come ad esempio il Comitato del Governo Provvisorio e il soviet dei Deputati dei Lavoratori e Contadini di Taskent. Improvvisamente, il 22 febbraio 1918, con un colpo di mano, l’importante centro di Khokand venne attaccato ed occupato militarmente dall’Armata Rossa, appoggiata da reparti della milizia armena. Presi alla sprovvista, i patrioti musulmani, disorganizzati e male armati, furono rapidamente sopraffatti e costretti alla resa: gesto che non impedì ai bolscevichi di eliminare fisicamente tutti gi appartenenti al governo locale musulmano e gran parte della popolazione civile. Dopodiché, Lenin inviò in Turkestan un forte contingente dell’Armata Rossa agli ordini del generale Mikhail Frunze che, approfittando della sostanziale debolezza delle bande armate basmache (i basmachi erano un popolo turcofono del Turkestan russo), conquistò rapidamente la grande oasi di Khiva e molti altri centri, eliminando centinaia di capi islamici ed imponendo il potere bolscevico attraverso i soviet. Dopo la caduta della regione di Khokand, i musulmani si ritirarono nella roccaforte di Dusanbe e nel Pamir, continuando a molestare le forze bolsceviche insediate a Taskent. La rivolta continuò anche dopo la formazione dell’Unione Sovietica e fu domata soltanto nel 1931.
[5] Inizialmente, prima della Rivoluzione, la Flotta Russa del Mar Nero, al comando del Rear Admiral Mikhail Alexandrovich Kedrov, era composta dalle navi da battaglia: General Alekseyev, Georgii Pobedonosets; dagli incrociatori: General Kornilov, Almaz; dai cacciatorpediniere: Kapitan Saken, Bespokoiny, Derzky, Gnevny, Pylkiy, Pospeshny, Schastlivy, Tserigo, Zharkiy, Zvonkiy, Zorkiy; dai sottomarini: Tyulen, Burevestnik, AG 22, Utka e dalle motovedette e siluranti: Vsadnik, Dzhigit, Gaidamak, Strazh, Grozny. Successivamente, nel febbraio del 1921, le rimanenti navi da guerra russe vennero internate a Biserta, sotto il comando del Rear Admiral Mikhail Berens. Si trattava di poche unità, ormai logore: la nave da battaglia Volja, l’anzianissima corazzata Georgii Pobiedonosetz, gli incrociatori Ochakov e Almaz, più sette tra cacciatorpediniere, sommergibili e cannoniere. Il destino di queste navi fu decisamente amaro. A Biserta, esse rimasero inattive per anni. Va ricordato che le 126 navi che abbandonarono la Crimea fecero un primo scalo a Costantinopoli, per sbarcare la massa dei soldati di Wrangel e molti civili.
Dopo avere patito un duro viaggio (a bordo delle unità scarseggiava il cibo e addirittura l’acqua potabile), gli scampati arrivarono a vendere le fedi nuziali a mercanti greci e armeni in cambio di una ciotola d’acqua o di un pezzo di pane. Come bene descrive lo studioso di marineria Mario Veronesi “sulle banchine, anziane dame di compagnia dell’imperatrice madre, con la testa rasata per allontanare i pidocchi, pregavano davanti alle icone di famiglia. Per le strade di Galata i soldati russi erano così tanti da sembrare un esercito d’occupazione. Questi vennero infine accolti negli accampamenti dell’esercito francese a Lemno, Catalca e lungo le sponde dei Dardanelli”. Finita la loro odissea, molti tra soldati e civili emigrarono in Grecia e in Europa occidentale, mentre una quota dei militari preferì arruolarsi nella Legione Straniera francese. Tranne i veterani di una Brigata cosacca che si trasferirono in Persia, unendosi alla locale Brigata Cosacca Persiana del colonnello Vsevolod D. Starosselski, per contribuire all’insediamento sul trono del penultimo scià Reza Khan Pahlavi (1878–1944). Quando la Francia riconobbe ufficialmente il nuovo stato dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, il governo di Parigi offri la restituzione delle superstiti navi della Flotta del Mar Nero, ma il Governo sovietico rifiutò di riprendersi quei ferri vecchi ormai inutili.












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