È il settembre del 312 d.C. e, nei pressi di Susa, Flavio Valerio Aurelio Costantino, il futuro Costantino I, sta per combattere la “Battaglia di Torino” (1), scontrandosi con Massenzio, suo rivale per il titolo di Imperatore romano, e figlio di Massimiliano Erculeo, il comandante romano responsabile dello sterminio dei militi della Legione Tebea, uccisi perché si rifiutarono di andare in Gallia a perseguitare cristiani. Pare il destino a far incontrare questi due condottieri che saranno ricordati nella storia del Cristianesimo per motivi opposti. L’uno come figlio di un crudele omicida di soldati cristiani, l’altro come l’imperatore che farà divenire il Cristianesimo la religione di Roma. Ed è proprio in quei giorni che in Val di Susa, accade un episodio che la storiografia scolastica attribuisce alla battaglia di Ponte Milvio del 28 ottobre 312, nei pressi di Roma. Si narra che qui apparve a Costantino una croce all’interno di un sole splendente, il chi-rho (una croce a 6 braccia), che poi lui ordinò di dipingere sugli scudi dei soldati. Ma in realtà la celebre visione avviene alle pendici del Monte Musinè (2), nello scenario naturale, la Val di Susa, in cui si prepara la battaglia tra i due condottieri.
L’Imperatore Costantino (mosaico).
Costantino arrivato dalla Britannia, dopo aver attraversato il “Summas Alpes”, l’attuale Monginevro e seguito la Strada delle Gallie, è giunto a Segusia, l’attuale Susa. È a capo di un grande esercito formato da soldati romani, ma anche da barbari catturati in guerra, oltre a germani, celti e britannici, in tutto circa 90.000 fanti e 8.000 cavalieri. Qui giunto Costantino si accampa allo sbocco della Valle Doranea, e si prepara ad attaccare Susa, occupata dalle truppe di Massenzio. Secondo la narrazione tradizionale il giorno precedente allo scontro finale, poco dopo mezzogiorno, Costantino, che sta rivolgendosi in preghiera alle divinità, vede nel cielo un incrocio di luci sopra il sole e una scritta con lettere di fuoco: “In hoc signo vinces” (3). Ed è proprio questo prodigioso avvenimento che lo convince a far combattere il giorno successivo i suoi uomini riportando sulle insegne militari e sugli scudi il simbolo che gli è apparso e che descrive come una croce nel sole (chi-rho) (4).
La Croce situata sul Monte Musinè (attuale provincia di Torino).
La battaglia si rivela vittoriosa e Susa viene conquistata, ma quando nella città invasa iniziano incendi e razzie da parte dei soldati, Costantino, saggiamente, ordina di sospendere i saccheggi e spegnere gli incendi, per non attirarsi l’odio delle vicine popolazioni. Quindi il futuro imperatore si dirige verso Augusta Taurinorum (Torino), dove si trova l’esercito di Massenzio, risalendo l’antica Via Cozia, (5) e passando accanto monte Pirchiriano (dove oggi sorge la Sacra di San Michele) e, probabilmente, schiera i suoi uomini vicino alla collina di Rivoli per poter osservare i movimenti delle truppe nemiche: 100.000 uomini schierate nel “Taurinatibus Campis”, un quadrilatero compreso tra Rivoli e Alpignano. Probabilmente la prima parte della battaglia avviene lungo l’attuale Corso Francia, al confine fra le città di Collegno e Grugliasco. Costantino, che è un abile e consumato condottiero, sfrutta a suo vantaggio la conformità del terreno, riuscendo a sconfiggere l’avanguardia delle truppe di Massenzio, che arretrano attraversando “Ad Quintum” (Collegno) fino ad arrivare alle mura della Porta Segusina o Decumana (6) della città di Torino, dove vengono soccorsi dall’esercito inviato da Ruricio Pompeiano, prefetto pretoriano di Massenzio, dotato di un forte contingente di cavalleria (clibanari e catafratti). E qui Costantino dimostra nuovamente le sue capacità strategiche: accortosi che la cavalleria di Massenzio avanza in formazione a cuneo, ordina al proprio centro di arretrare e di lasciar avanzare i cavalieri, in modo che i fianchi del suo esercito si possano chiudere sul nemico. I cavalieri di Massenzio hanno un equipaggiamento pesante, e non sono in grado di manovrare con rapidità contro la sua cavalleria armata “leggera”, e di conseguenza maggiormente mobile. Inoltre, Costantino ha dotato i suoi uomini di mazze chiodate che, essendo molto contundenti, rendono poco efficace la corazza pesante dei cavalieri avversari. Quando la vittoria si prefigura, Costantino, ordina ai suoi soldati di avanzare per tagliare la via di fuga al nemico.
L’Imperatore Costantino (Musei vaticani).
Visto l’esito della battaglia e temendo un assedio gli abitanti di Torino si rifiutano di dare asilo alle truppe in ritirata di Massenzio, chiudendo loro le porte di accesso alla città. Al contrario accoglieranno festanti le truppe di Costantino, dopo che queste hanno trucidato i soldati di Massenzio, intrappolati contro le mura. Dopo la battaglia infatti Costantino entra in città per essere acclamato dai suoi abitanti; oltre a ciò, appena giunta la notizia, molte città padane gli inviano rappresentanze per congratularsi con il vincitore e inneggiare alla “Vittoria Augusta”, riconoscendo sia la forza militare di Costantino che la saggezza sul come ha trattato la popolazione civile. Prima di partire verso Roma, Costantino pone parte del suo esercito, i Dalmati Divitensi, a guardia della città e degli sbocchi dei passi alpini. La vittoria della battaglia di Torino sarà molto importante e permetterà a Costantino la conquista dell’Italia e la conclusione della guerra civile romana iniziata nel 306 d.C.. Ma torniamo all’episodio della visione di Costantino. Il fatto è talmente noto e tramandato che per ricordare a tutti quell’apparizione, nel 1901, sul Monte Musinè, al disopra del quale sarebbe avvenuto l’episodio, venne edificata una gigantesca croce, visibile da tutta la pianura, sulla quale vi è una piastra con la seguente scritta:
IN HOC SIGNO VINCES
A PERPETUO RICORDO DELLA VITTORIA DEL CRISTIANESIMO CONTRO IL PAGANESIMO RIPORTATA IN VIRTÙ DELLA CROCE NELLA VALLE SOTTOSTANTE IN PRINCIPIO DEL SECOLO IV
SUA MAESTÀ IL RE VITTORIO EMANUELE III -MARCH. MEDICI SEN. DEL REGNO CONT. CARLO E CONT. GIULIA CAYS DI CASELETTE
Gli angeli proteggono Costantino in battaglia.
Ma il futuro imperatore vide davvero “il cielo squarciarsi” (7) per rivelargli una croce cristiana di fuoco (oppure il simbolo del Sol Invictus come sostengono alcuni storici)? Inoltre la sua conversione fu autentica oppure solo un’abile mossa per convincere le truppe dell’appoggio divino? Molto si è scritto in merito alla visione “cristiana” che Costantino, pagano, avrebbe avuto prima della battaglia (8). Ma questo fatto, non unico, non è inverosimile in quanto un pagano poteva credere all’intervento di un Dio diverso da quello invocato, e questo va attribuito all’aspetto polimorfo della religione pagana, del tutto diversa da quella esclusivista cristiana (9). Per quanto riguarda il simbolo, con tutta probabilità non si trattava, come affermato solo da scrittori cristiani (prima Eusebio e Lattanzio, poi tutti gli altri), del Chi-Ro (o Crismon) ma, semplicemente, della più semplice e più comune forma di rappresentazione del culto del Sol Invictus (10).
‘Sol Invictus’ (medaglione).
Secondo alcuni storici la leggenda del sogno di Costantino ha una base nel fatto che in quel periodo nell’esercito romano era particolarmente diffuso il culto del dio orientale del sole, Mitra, identificato sincreticamente con il Sol Invictus. I suoi fedeli dipingevano sullo scudo il suo simbolo somigliante al sole (formato da una croce sovrapposta ad una X, con al centro un cerchio), molto simile al chi-rho. La leggenda della visione di Costantino andrebbe quindi vista, storicamente, come trasformazione di una leggenda in origine pagana, che attribuiva non al Dio cristiano bensì al Sole Invitto, venerato dalla casta militare, l’apparizione nel luogo più logico, il cielo, assicurando la vittoria a Costantino e chiedendogli che fosse fatto quanto i soldati spontaneamente già facevano, ovvero dipingere il proprio simbolo sugli scudi. E in effetti una delle due fonti della pia leggenda, Eusebio di Cesarea (11), specifica addirittura che il simbolo apparve a Costantino sovraimpresso al sole. Inoltre, i molti dubbi sull’autentica conversione dell’Imperatore al Cristianesimo portano a pensare che la leggenda sarebbe stata cristianizzata, adattando l’episodio ai simboli della nuova religione, divenuta religione dello Stato romano. Infatti, se i documenti ufficiali celebrativi della vittoria del 312 (Panegirico del 312, arco di trionfo innalzato in Roma) attribuiscono tale fatto ad un generico “intervento divino”, senza precisare il nome della divinità, come spiegarsi il fatto che, nel costruire l’enorme arco trionfale che commemora la battaglia, ancora nel 315, Costantino fa collocare l’effige del Sol Invictus in ben tre bassorilievi? (12) Questa potrebbe essere una spiegazione della “visione” e una prova della scelta puramente e semplicemente politica in favore del Cristianesimo, nel quale Costantino ha visto una forza da utilizzare a proprio vantaggio (13). Che Costantino, dopo l’apparizione e la vittoria dei suoi soldati, con il simbolo dipinto sugli scudi, resti pagano (14), ne è prova il fatto che nel 321, la domenica, considerata da tutti il giorno del Sole, per suo ordine diventa giorno festivo. Nello stesso anno l’opportunista Costantino, che ha visto nel Cristianesimo un utile strumento di potere, incrementa i provvedimenti per attribuire alla Chiesa uno ordinamento privilegiato nella società (15).
‘Sol Invictus’ nella tradizione antica. Il marmo ( Musei vaticani) rappresenta la divinità Mitra e il suo simbolo solare.
Questa doppiezza, una tendente alla cristianizzazione del diritto e all’attribuzione di uno status speciale al clero, l’altra al mantenimento del culto pagano, determina il riavvicinamento tra la Chiesa e la società romana, ma rende anche possibile l’ingerenza dell’Imperatore negli affari interni del Cristianesimo, permettendo a Costantino, di costruirsi, con prudenza, la “sua” Chiesa. La prudenza è giustificata dal fatto che l’esercito romano è quasi interamente devoto ai culti pagani, e neanche Costantino può inimicarselo, per questo l’opzione in favore del Cristianesimo, avverrà quando questo non può più rappresentare una avventura rischiosa (16). Costantino, comunque, dal punto di vista religioso si dimostrerà aperto e tollerante, e non si distaccherà mai dai culti imperiali. Diverrà sacerdote del Dio Sole (17), rimanendo tale anche quando, pubblicamente, appoggerà il Cristianesimo. La politica di Costantino fu quella di incrementare il legame politico tra lo Stato e i cristiani, senza rinnegare il Paganesimo. Il Cristianesimo era una potenza in costante crescita nell’Impero, non solo numericamente, e si stava diffondendo anche tra le classi alte, normalmente prendendo il posto dei precedenti culti misterici, e soprattutto, stava sempre più coinvolgendo l’esercito. Sarebbe stato piuttosto stupido da parte di Costantino, che aveva un ascendente abbastanza forte sulle varie chiese sparse entro i confini imperiali, non cercare di approfittare della situazione, creando una sorta di connessione politica che, comunque, non necessariamente significava, per lui, il convertirsi alla nuova religione (anche se, probabilmente, pensava, adorando il Sol Invictus, di aver fondato, in qualche modo, un’altra “forma” di Cristianesimo).
Monete rappresentanti l’Imperatore Costantino.
Un altro fatto storico da correggere è che il celeberrimo Editto di Milano, che viene tramandata come il gesto con cui Costantino rende la libertà di culto ai cristiani, è stato semplicemente una presa d’atto di una situazione già esistente ed una conferma di decisioni già precedentemente prese. Il testo è, in realtà, una semplice lettera al governatore della Bitinia del giugno 313, che fa parte di una serie di “circolari” (come le definiremmo oggi) emanate da Licinio (il co-imperatore di Costantino) (18). Infatti, il tanto esaltato Editto, semplicemente dichiarava che l’Impero sarebbe stato neutrale nei confronti di ogni culto, rimuovendo ufficialmente ogni ostacolo alle pratiche non solo cristiane ma anche di ogni altra religione. Anche, il periodo noto tra gli storici come “Pace della Chiesa”, non lo si deve all’Editto di Milano ma ad un atto di Galerio, che riconobbe ai cristiani lo status di religio licita, ben più di un anno prima della famosa visione di Costantino. L’Editto di Galerio (19), promulgato anche a nome degli altri membri ufficiali del collegio tetrarchico (Licinio e Costantino), segna la fine delle persecuzioni contro i cristiani, concede loro il perdono e la libertà di culto in nome dell’unità dello Stato (20).
Per terminare questa ricerca indichiamo tra le prove che dimostrano l’ambiguità di Costantino, il fatto che quando, nel 328, viene consacrata la “nuova Roma”, Costantinopoli (che decreta la nascita del culto di Costantino), la città, viene consacrata con riti pagani dai filosofi Sopatro e Pretesto, chiamati appositamente. Inoltre in città vengono costruiti due templi pagani, ai Dioscuri ed a Tyche, e una basilica dedicata agli apostoli Pietro e Paolo. Ma, al centro della nuova capitale, il “cristianissimo” Costantino fa porre, su di una colonna di oltre 50 metri, una sua statua (21) che lo raffigura come Helios (il dio Sole), il dio che ha fatto incidere anche sulle sue monete. E che lui si considerasse un dio (22) è dimostrato dal fatto che ad ogni anniversario della città, la statua che riproduce i suoi tratti e regge nella mano destra il suo genio, viene portata in processione su di un carro trionfale (23). L’ambiguità di Costantino, che rende poco credibile anche la sua visione “cristiana”, l’accompagnerà sino alla morte, quando l’esercito gli renderà onori con i riti della venerazione pagana, ma subito dopo i funerali sarà proclamato “uguale agli Apostoli”, con la sepoltura nella basilica a loro dedicata.
L’Impero romano alla morte di Costantino.
Note:
(1) La battaglia di Torino fu combattuta nel 312 nei pressi di Augusta Taurinorum tra le forze di Costantino I e quelle del suo rivale per il titolo di imperatore romano, Massenzio. Costantino vinse, muovendosi poi verso Mediolanum e verso Verona e, infine, presso Roma, dove avrebbe sconfitto in maniera decisiva Massenzio nell’ottobre dello stesso anno, nella battaglia di Ponte Milvio.
(2) Leggende differenti collocano l’episodio dell’apparizione in altri luoghi, sempre però durante la campagna di Costantino contro Massenzio, in accordo col vescovo Eusebio di Cesarea, stretto collaboratore di Costantino, che però non indica con chiarezza il posto in cui sarebbe avvenuto il fatto. Secondo il racconto di Eusebio, Costantino si orientò verso il Cristianesimo, quando ancora si accingeva a venire a Roma per combattere contro Massenzio. Rivoltosi in preghiera alla divinità, poco dopo mezzogiorno fu testimone, lui e il suo esercito, di un evento celeste prodigioso, l’apparizione appunto di un incrocio di luci sopra il sole e della scritta in greco “Εν Τουτω Νικα” (letteralmente: “con questo vinci”) cfr. Eusebio di Cesarea, Vita Constantini 28.
(3) In hoc signo vinces è una frase latina, dal significato letterale: «con questo segno vincerai».
(4) In realtà, alcune studi più recenti riportano la teoria secondo cui il segno che Costantino avrebbe visto e che avrebbe fatto riportare sulle insegne militari e sugli scudi potrebbe essere stato la stilizzazione del simbolo della celebre divinità pagana del Sol Invictus. Cfr Michele Tosca, Quando i cristiani perseguitarono i pagani. La storia nascosta del Cristianesimo violento, Editore Chiaramonte, 2011.
(5) La via Cozia (altro nome della via delle Gallie) era un’antica strada romana che congiungeva Augusta Taurinorum (oggi Torino) con Vapincum (Gap, in Francia), risalendo la Val di Susa, attraversando le Alpi al Monginevro, e quindi discendendo la valle della Durance. Parte del tracciato si sovrappone al tratto montano della via Domizia.
(6) Oggi è piazza Savoia che anticamente era la porta occidentale (la “Decumana”) al fondo del decumano maximo (attuale via Garibaldi), che portava direttamente alla strada delle Gallie, e appartenente alla primitiva cinta romana della città romana III secolo.
(7) È difficile poter dare una risposta, però sappiamo che un caso simile, sempre in una situazione di estrema tensione, si è verificato nel luglio del 1865 quando lo scalatore inglese Edward Whimper, nel tentativo interrotto di conquistare il Cervino per la morte di alcuni suoi compagni, vide “due grandi e ben nette croci sullo sfondo del cielo” e la zona era la stessa della “Battaglia di Torino”.
(8) È lo stesso Eusebio di Cesarea, che tende ad attribuire un significato prevalentemente apologetico piuttosto che storico, a parlarcene, sotto giuramento dello stesso imperatore. Era mezzogiorno – dice – e il sole già volgeva in occaso, quando affermò di aver visto coi suoi stessi occhi l’immagine di una croce circonfusa di luce e sovrapposta al sole. E, sopra di essa, un’iscrizione che diceva “vinci con questo”, celeberrima nella sua versione latina: in hoc signo vinces. Eusebio di Cesarea, Vita Constantini 28.
(9) Restano le molteplici interpretazioni ed ipotesi ricavate dalla numismatica e dai bassorilievi dell’arco di Costantino a Roma (quod istinctu divinitatis) secondo cui nel pensiero dei romani si fece strada la credenza che la vittoria di Costantino fosse da attribuire all’ispirazione divina. Vi è anche una singolare interpretazione che sostiene che nella notte precedente la battaglia, 21 ottobre, i pianeti Saturno, Marte e Giove si siano trovati in una particolare congiunzione che avrebbe potuto dare luogo ad uno strano fenomeno celeste. Comunque, è verosimile che prima della battaglia Costantino abbia distribuito ai suoi soldati, da apporre sulle loro armi, un amuleto misterioso auspicio di vittoria, simbolo della religiosità solare che poteva prestarsi ad interpretazioni diverse.
(10) Pur non essendo il simbolo della croce, ad esso poteva essere assimilato e quando i cristiani si appropriarono di quello che poteva ritenersi il frutto della religiosità vissuta in quel tempo, Costantino non contraddisse tale interpretazione, in quanto nei due culti (pagano e cristiano) egli vedeva la manifestazione di un sommo Dio creatore e comprensivo dei vantaggi che ne poteva ricavare lo Stato. Non era il simbolo della croce, ma ad essa poteva essere assimilato e quando i cristiani si appropriarono di quello che poteva ritenersi il frutto della religiosità vissuta in quel tempo, Costantino non contraddisse tale interpretazione, in quanto nei due culti (pagano e cristiano) egli vedeva la manifestazione di un sommo Dio creatore e comprensivo dei vantaggi che ne poteva ricavare lo Stato.
(11) Eusebio di Cesarea (Cesarea marittima, 265 –340) un vescovo e scrittore greco antico, è stato il consigliere e biografo dell’imperatore Costantino I. Nella sua apologia (Vita), Eusebio vuole creare l’immagine di un pio, gentile e nobile Costantino, ma la tendenziosità dello scritto è così palese da farlo definire addirittura una “tessitura di bugie” (ad esempio da N. Lenski in AA.VV., The Cambridge Companion to the Age of Constantine cit., p.8)
(12) L’infittirsi dei riferimenti al Sol Invictus negli anni successivi alla battaglia di ponte Milvio si constata nella coniazione costantiniana di monete e medaglie, ma anche nell’arco di trionfo di Costantino – ufficialmente offerto dal Senato e dal popolo romano, e solennemente inaugurato nell’anno 315 alla presenza del sovrano – che presenta una tale stratificazione di reminiscenze della tradizionale iconografia solare, da essere persino definito come «il grande monumento del culto solare di Stato»: ad esempio, nel fregio della battaglia sono effigiati, fra i soldati di Costantino, anche portatori di statuette del Sol Invictus, e in un tondo, sul lato orientale dell’arco, si trova la raffigurazione della divinità solare in quadriga.(www.treccani.it/enciclopedia/costantino-e-il-sol-invictus_(Enciclopedia-Costantiniana) cfr. V. Armetrano, L’Arco di Costantino, Aureliana 1991, pp. 56-61.
(13) Chi vuole Costantino “cristiano” ad ogni costo sostiene che a partire dal 315, la legislazione promulgata da Costantino reca tracce dell’influenza cristiana, soprattutto per la protezione accordata ai contadini poveri, agli orfani, alle vedove, agli schiavi, ai prigionieri, e per aver soppresso le leggi di Augusto contro il celibato. Ma questa tesi, profondamente ideologica, ignora che la protezione dei poveri era tipica degli imperatori pagani, fra essi Nerone, e che le leggi contro il celibato sono di ispirazione cristiana.
(14) Anche il fatto che Costantino ricevette il battesimo cristiano solo in punto di morte, e fu il vescovo ariano Eusebio di Nicomedia, a battezzarlo, è messo in dubbio dagli storici, che ritengono l’episodio non vero, ma tramandato per motivi politico-religiosi e propagandistici. Va detto, però, che il battesimo ricevuto sul letto di morte da catecumeno era un’usanza del tempo, quando non essendo stato ancora riconosciuto il sacramento della confessione si preferiva annullare tutti i propri peccati prima della morte, che avveniva così in albis.
(15) Nel 318, la giurisdizione episcopale ricevette un primo riconoscimento; nel 321, le Chiese furono autorizzate a ricevere eredità; nel 321 e nel 323, ai preti venne accordato il diritto di affrancare i propri schiavi senza formalità e di fungere da testimoni alle dichiarazioni con cui venivano affrancati gli schiavi da parte di altri in seno alle Chiese.
(16) Se bisogna prestar fede agli autori cristiani dell’antichità, Costantino si è convertito nel 312, in seguito all’apparizione del Cristo in suo appoggio poco prima della battaglia di Ponte Milvio e la spiegazione, secondo noi insoddisfacente e antistorica, della svolta, segreta e inattesa del 312, è la seguente: in quell’anno si è avuta una conversione personale di Costantino e l’imperatore, da abile politico, ha evitato di renderla pubblica e di trarne tutte le implicazioni immediate, per timore di suscitare opposizioni pericolose. Soltanto nel 320 Costantino lascia cadere ogni riserva e, di fronte a un Licinio così imprudente da lasciarsi coinvolgere in un conflitto aperto contro le Chiese, in quell’Oriente così cristianizzato, si presenta apertamente come soldato di Cristo.
(17) Le difficoltà di ricostruire la sua biografia sono dovute al fatto che chi ne scrisse, lo storico cristiano Eusebio vescovo di Cesarea (263-339), era persuaso della missione provvidenziale dell’imperatore; un altro autore che ne trattò, il retore Lattanzio, era pure suo fautore. Nel dibattito storiografico si è dunque molto prudenti nei confronti delle notizie che intendono esaltare il personaggio; una ricostruzione meno parziale della biografia costantiniana è possibile a partire da quelli che furono gli atti del suo governo e dal simbolismo che egli di volta in volta adottò.
(18) Secondo l’interpretazione tradizionale Costantino e Licinio firmarono a Mediolanum (la moderna Milano), nel periodo in cui la città era capitale dell’Impero Romano d’Occidente, un editto per concedere a tutti i cittadini, quindi anche ai cristiani, la libertà di venerare le proprie divinità. Il termine editto, tuttavia, è errato, in quanto Costantino e Licinio diedero disposizioni ai governatori delle province romane affinché procedessero con l’attuazione delle misure contenute nell’editto di Galerio del 311, con il quale era stato definitivamente posto termine alle persecuzioni. Inoltre, i due Augusti si incontrarono a Milano per discutere, ma le disposizioni furono dettate e messe per iscritto altrove.
(19) L’editto di Serdica (o editto di Galerio) fu emesso il 30 aprile 311 a Serdica (attuale Sofia) dal Primus Augustus Galerio a nome del collegio tetrarchico che reggeva l’Impero romano. Con esso il Cristianesimo otteneva implicitamente lo status di religio licita, ovvero culto riconosciuto ed ammesso dall’Impero. Fu il primo editto di tolleranza dei cristiani, avendo preceduto di due anni l’editto di Milano. Galerio morì sei giorni dopo l’emanazione dell’editto, lasciando l’Impero ai due Augusti.
(20) L’EDITTO DI TOLLERANZA DI GALERIO (30 aprile 311).
Tra le altre disposizioni che abbiamo sempre dato nell’interesse ed a vantaggio dello Stato, noi avevamo voluto prima di ora riformare tutto secondo le antiche leggi e l’ordinamento dei Romani e provvedere che anche i cristiani, che avevano abbandonato la religione dei loro padri, tornassero a nutrire buone intenzioni, dal momento che, per certi loro motivi, sì grande ostinazione aveva preso i cristiani e sì grande follia li aveva dominati che essi non seguivano più quelle antiche istituzioni, che forse primieramente avevano istituito i loro stessi padri, ma si davano essi stessi, secondo il proprio arbitrio e come loro piaceva, leggi da osservare e attiravano a sé grande varietà di popolo per diversi luoghi.
Infine, essendo stato pubblicato un nostro editto per farli tornare alle istituzioni degli antenati, molti vi sono stati costretti dal pericolo, molti anche si sono ritratti. Ma poiché moltissimi perseveravano nel loro proposito e noi ci rendevamo conto che quelli né rendevano agli dei il culto e gli atti di pietà dovuti né veneravano il dio dei cristiani, alla luce della nostra infinita clemenza, considerando anche la nostra costante abitudine di concedere il perdono a tutti gli uomini, abbiamo deciso di dover estendere anche a loro ed al più presto la nostra indulgenza sì che essi possano di nuovo essere cristiani e ricostruiscano i loro luoghi di riunione, a condizione però che non compiano nulla che sia contro l’ordine costituito. Con un’altra nostra lettera indicheremo alle autorità che cosa debbano osservare. Per conseguenza, secondo questa nostra indulgenza, i cristiani dovranno pregare il loro dio per la salvezza nostra e dello Stato e loro propria, sicché lo Stato possa ristabilirsi dovunque integro ed essi possano vivere senza preoccupazione nelle loro case. (De mortibus persecutorum, XXXIV.) (Lattanzio, De la mort des Perséculeurs, «Sources Chrétien nes», a cura di J. Moreau, Paris, éd. du Ceri, 1954.)
(21) L’enorme statua era posizionata con il volto verso il sole nascente, e si suppone che sotto la colonna si trovino parti della presunta croce di Gesù ritrovate da Elena, madre dell’imperatore.
(22) Costantino, ancora in vita scrisse una lettera ai cittadini di Spello, in Umbria, con cui autorizzava la costruzione di un tempio dedicato a se stesso e alla propria famiglia, precisando che il culto non sarebbe stato inquinato dalla superstizione.
(23) Lo storico ecclesiastico Filostorgio sarà esplicitamente critico verso i cristiani che offrono sacrifici alla statua di Costantino.









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