La crisi nella Chiesa ortodossa russa, fra teocrazia, dissenso e parallelismi con l’era staliniana. Di Paolo Porsia.

La cattedrale di San Basilio (Mosca).

Torna la “Chiesa del silenzio”?

L’invasione su vasta scala dell’Ucraina, avviata nel febbraio 2022, ha innescato una profonda crisi all’interno della cristianità ortodossa, mettendo in discussione la coesione e l’identità della Chiesa ortodossa russa (ROC) e del suo Patriarcato di Mosca. Lungi dall’essere un semplice conflitto geopolitico, la guerra è stata elevata dalla leadership ecclesiastica russa a una sorta di “guerra santa” contro un’entità percepita come moralmente e spiritualmente ostile. Il Patriarcato di Mosca, guidato dal patriarca Kirill, ha fornito una giustificazione teologica e ideologica all’aggressione, presentandola come una “battaglia metafisica” contro le forze del male incarnate dall’Occidente e dai suoi valori liberali, come i diritti LGBTQ+. Questa narrazione è stata formalizzata nel documento ‘Il presente e il futuro del mondo russo’, approvato il 27 marzo 2024 dal “Concilio mondiale del popolo russo”, un’organizzazione presieduta dallo stesso Kirill. Il testo definisce esplicitamente il conflitto in Ucraina una “guerra santa”, proclamando che il popolo russo difende così la propria identità, la fede e la civiltà. In più occasioni, Kirill ha affermato che morire in battaglia per la patria russa è un sacrificio che “lava via tutti i peccati”.

Il patriarca Cirillo I (Vladimir Michajlovič Gundjaev).

Dissenso e repressione

Sin dall’inizio del conflitto, numerosi sacerdoti e diaconi della ROC hanno espresso dissenso, definendo la guerra una “guerra fratricida”. Nel marzo 2022, 233 chierici firmarono un appello per un cessate il fuoco immediato e la riconciliazione, sottolineando il valore della vita umana e il rifiuto della violenza. Alcuni, come il prete Ioann Budrin di Kostroma, sono stati multati per le loro omelie contro la guerra; altri, come il metropolita Innokenty di Vilnius, hanno potuto parlare più liberamente solo perché all’estero. Molti parroci e consigli parrocchiali preferiscono il silenzio per timore di ritorsioni. Dopo la proclamazione della guerra come “guerra santa”, si è sviluppato un movimento di opposizione, che oscilla tra la resistenza passiva e la condanna aperta di queste posizioni, talvolta definite “blasfeme”. Tuttavia, non si può parlare di un ritorno alla “chiesa del silenzio” in senso stretto: a differenza dell’era sovietica, quando lo Stato promuoveva un ateismo militante, la Russia di oggi ha stretto un’alleanza con la gerarchia ecclesiastica, funzionale al mantenimento del potere reciproco. Più che essere infiltrata dai servizi di sicurezza, la Chiesa è divenuta un’estensione del sistema statale.

Voci del dissenso. Ioann Budrin di Kostroma.

La Chiesa come strumento di controllo

Fonti indipendenti segnalano un forte legame fra la ROC e i servizi di sicurezza (FSB), eredità delle dinamiche sovietiche. Non mancano accuse di spionaggio e propaganda: ad esempio, un sacerdote del Patriarcato di Mosca a Zaporižžja è stato smascherato dai servizi ucraini (SBU) come coordinatore di una rete di spionaggio per il GRU. Questa “sovietizzazione” interna si traduce in una struttura verticale che soffoca il dissenso e impone una narrazione allineata al Cremlino. Il parallelo con la “chiesa del silenzio” diventa più evidente nei territori ucraini occupati, dove si registrano arresti, sequestri e chiusure di chiese evangeliche, greco-cattoliche e ortodosse non allineate.

Cronologia di casi documentati (2022–2025)

11 settembre 2022 – Melitopol (Zaporižžja) – evangelici (Grace Church)

Fatto: soldati russi irrompono durante il culto alla Chiesa degli Evangelici “Grace”, sequestrano i documenti dei presenti, nazionalizzano l’edificio e ne dispongono la chiusura.

Esito: la comunità è costretta a cessare le attività all’inizio 2023; l’edificio viene riutilizzato dalle autorità d’occupazione.

21 settembre 2022 – Mariupol (Donetsk) – battisti (Council of Churches)

Fatto: rapimento del pastore Leonid Ponomaryov e della moglie Tatyana da parte di uomini armati in uniforme russa; perquisizione e sigillo della chiesa in via Kurchatov.

Esito: i due vengono rilasciati il 21 ottobre 2022; la chiesa resta sotto pressione.

Ottobre 2022 – Melitopol (Zaporižžja) – evangelici

Fatto (trend locale): chiusura di più chiese evangeliche non-MP in città; oltre a “Grace”, anche altre comunità vengono sospese/sgomberate; in alcuni casi gli edifici sono riconvertiti a centri culturali con simbologia pro-guerra.

16 novembre 2022 – Berdiansk (Zaporižžja) – greco-cattolici (UGCC)

Fatto: Rosgvardija arresta i padri Ivan Levytskyi e Bohdan Heleta (Redentoristi, parrocchia della Natività della B.V. Maria).

Esito: tenuti incomunicado a lungo; molte denunce internazionali nel 2022–2023. Reuters riferisce che sono stati liberati nel 2024 in uno scambio di prigionieri (aggiornamento emerso nel 2025).

12 dicembre 2022 – Berdiansk (Zaporižžja) – evangelici

Fatto: sequestro del pastore Serhiy Karpenko (chiesa “Vefil”) da parte di soldati russi.

Esito: caso usato come esempio del targeting contro leader protestanti; fonti locali e specializzate ne documentano la detenzione.

Gennaio–febbraio 2023 – Berdiansk/Melitopol (Zaporižžja) – OCU/UGCC

Fatto: proseguono arresti/interrogatori di clero non-MP e divieti; più parrocchie OCU e UGCC nelle aree occupate vengono chiuse o requisite.

Maggio 2023 – Tokmak (Zaporižžja) – UOC (Patriarcato di Mosca in Ucraina)

Fatto: scomparsa forzata del sacerdote p. Kostiantyn Maksimov mentre cercava di attraversare verso la Crimea.

Esito: le autorità d’occupazione rifiutano informazioni sul luogo di detenzione e sul suo stato.

Ottobre 2023 – novembre 2024 – Melitopol (Zaporižžja) – battisti (Council of Churches)

Fatto: tre irruzioni di uomini armati e mascherati ai culti della chiesa battista; controlli di documenti, sequestro di letteratura, interrogatorio del pastore Dmitry Malakhov con accuse amministrative (“attività missionaria illegale”).

Esito: sanzioni e pressioni amministrative; culto sotto continua intimidazione.

23 maggio 2025 – Donetsk (occupata) – battisti (Council of Churches) & cattolici latini

Fatto: multa a p. Vladimir Rudomyotkin per “attività missionaria” senza autorizzazione; sanzione anche alla parrocchia cattolica di San Giuseppe per irregolarità formali sul “nome pieno” durante attività missionaria.

Esito: rafforzamento del regime di registrazione obbligatoria e uso sistematico di codice amministrativo per colpire le comunità non-MP.

Misure “di sistema” nelle aree occupate (selettiva)

Divieti generali e confische (Zaporižžja occupata, 2022–2023): le autorità d’occupazione hanno bandito strutture UGCC e represso le attività protestanti; numerosi edifici requisiti o riutilizzati.

Registrazione sotto legge russa: obbligo di registrazione delle comunità religiose, con chiusura di fatto per chi rifiuta (caso tipico: battisti “Council of Churches” che per principio non si registrano).

Narrativa d’odio e securitaria: propaganda che dipinge protestanti/UGCC/OCU come “agenti stranieri” o “estremisti”; quadro generale confermato da Forum 18 (survey marzo 2025) e da CSIS.

Quadro comparativo internazionale: i rapporti IRF-Ukraine (marzo 2024) e il Report on International Religious Freedom – Ukraine 2023 del Dipartimento di Stato USA documentano arresti, torture, confische e uccisioni mirate contro leader cristiani non-MP nelle aree occupate.

Voci di coscienza

Nonostante la repressione, sono emerse significative voci di dissenso. La “Lettera aperta dei preti pacifisti”, pubblicata nel febbraio 2022 e firmata da quasi 300 religiosi, definiva il conflitto una “guerra fratricida” e si appellava al Giudizio Universale, sottolineando che nessuna autorità terrena può giustificare la violenza. Alcuni sacerdoti sospesi, come padre Sergei Rybakov, hanno continuato a predicare online; altri hanno trovato rifugio presso il Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, che ha accolto una trentina di chierici ridotti allo stato laicale per le loro posizioni anti-guerra. Questi atti, pur minoritari, incarnano il “potere dei senza potere” di Václav Havel: non si misurano in termini di successo politico, ma come testimonianze morali che preservano l’integrità della fede contro la strumentalizzazione del Vangelo.

Strumenti di repressione

La risposta è stata rapida e spietata, sia da parte dello Stato sia del Patriarcato. La “Preghiera per la Santa Rus’”, che invoca la vittoria russa, è stata resa obbligatoria, diventando un vero e proprio test di lealtà. Sacerdoti che l’hanno rifiutata o modificata – come padre Joann Koval, che sostituì “vittoria” con “pace” – sono stati denunciati e ridotti allo stato laicale. Emblematico il caso dell’arciprete Alexey Uminsky, sospeso nel 2024 per aver rifiutato di recitarla. Nei territori occupati, la repressione è ancor più brutale, con casi di torture e uccisioni di sacerdoti che si sono opposti al passaggio sotto il Patriarcato di Mosca.

Conclusioni

La crisi della Chiesa ortodossa russa rivela un’alleanza sempre più stretta fra potere politico e potere religioso. Mentre la gerarchia ufficiale si schiera con il Cremlino, una minoranza di religiosi – in patria e in esilio – continua a testimoniare una fede che rifiuta la violenza e rivendica l’autonomia della coscienza. È in queste voci isolate che si intravede, forse, il seme di una futura rinascita spirituale.

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