L’ASSEDIO E LA BATTAGLIA DI TSINGTAO 1914, di Alberto Rosselli

L'ammiraglio tedesco Alfred Meyer-Waldeck

L’ASSEDIO E LA BATTAGLIA DI TSINGTAO 1914

di Alberto Rosselli

 All’inizio del Novecento, il Kaiser Guglielmo II e l’ammiraglio von Tirpitz, fautori di una forte politica di espansione coloniale e di un contestuale potenziamento della flotta oceanica tedesca, decisero di avviare un vasto programma di rafforzamento della base navale di Tsingtao, l’unico possedimento germanico in terra cinese. La città, situata nel Golfo di Kiaochow (Penisola dello Shantung) era stata acquisita nel marzo 1898 e con il passare degli anni aveva assunto un’importanza sempre maggiore sia sotto il profilo militare che commerciale. Ben conscio della necessità di fornire alla Marina germanica un attrezzato scalo di appoggio in Estremo Oriente e non ritenendo realistica una minaccia dal versante terrestre (cioè da parte cinese), l’ammiraglio von Tirpitz sostenne l’opportunità di rinforzare gli impianti portuali, le infrastrutture e soprattutto le difese a mare per preservare la base da eventuali attacchi da parte di una squadra navale appartenente ad una potenza occidentale. E l’ammiraglio, che godeva dell’appoggio incondizionato del Kaiser, riuscì ad ottenere che il governo tedesco stanziasse le risorse necessarie per la realizzazione del progetto, facendo predisporre a protezione del versante interno due sole linee difensive facenti perno su cinque capisaldi principali. Oltre a ciò, nel 1911, von Tirpitz riuscì a convincere il Kaiser ad affidare il comando civile e militare della città al governatore Alfred Meyer-Waldeck, un ufficiale di marina che ricevette anche l’incarico di sovrintendere all’appoggio logistico della Squadra incrociatori germanica di stanza in Estremo Oriente: unità creata da von Tirpitz per tutelare gli interessi tedeschi in Asia e nel Pacifico e per controbilanciare la presenza della flotta britannica in quel lontano scacchiere (1).

I preparativi per la difesa della piazzaforte

Già a partire dal primo giorno di guerra, Meyer-Waldeck cercò di organizzare al meglio le difese della città e di approntare ulteriori opere (trincee, sbarramenti di filo spinato, postazioni per artiglieria, depositi e rifugi sotterranei lungo il perimetro della base): lavoro che lo costrinse a mobilitare quasi tutti i soldati, i marinai e i civili tedeschi della base e migliaia “coolies” cinesi. E potendo avvalersi di alcune unità sottili presenti nello scalo, Meyer-Waldeck predispose anche la posa di nuovi campi minati subacquei all’ingresso della baia di Kiaochow, portando a 300 il totale degli ordigni.

All’inizio d’agosto del 1914, il dispositivo della piazzaforte di Tisingtao risultava composto dalla batteria di Hui tschuen Huk (dotata di due cannoni pesanti da 240 millimetri in cupole corazzate, da 3 pezzi da 150 e da una mezza dozzina di grossi riflettori); dalla batteria situata sulla Collina Bismarck (forte di 4 pezzi da 280 millimetri) e dalla vecchia batteria Tsingtao (equipaggiata con 4 vecchi pezzi cinesi da 150 millimetri). Completava il sistema la batteria di Hsiauniwa, dotata di 4 vecchi cannoni da 210 e 7 da 88 millimetri, abbinati a 6 riflettori. Tutti i pezzi antinave della base erano serviti da 750 artiglieri della Marina.

Sul versante terra, a supporto dei 5 forti di cui si è detto, i tedeschi disponevano dei seguenti raggruppamenti: la batteria della Collina Iltis (composta da 2 cannoni da 105 millimetri e 6 vecchi pezzi cinesi da 120); la batteria della Collina Moltke (2 cannoni da 105 millimetri, dodici pezzi leggeri da 37ed altri 22 da 37 su affusti scudati; più 22 pezzi da 90 millimetri e 6 vecchi cannoni cinesi da 120 millimetri. Per quanto concerneva la disponibilità di uomini, la guarnigione di terra risultava composta dal Terzo Battaglione della Marina, forte di circa 1.300 tra ufficiali e soldati. L’unità, avente in realtà un organico pari a 3 battaglioni regolari dell’esercito, era formata da 4 compagnie di fanteria da 210 uomini ciascuna, una compagnia 140 fucilieri a cavallo, una batteria da campagna con 6 pezzi da campagna Krupp da 77 millimetri servita da 133 uomini; una compagnia del genio (108 uomini) e due compagnie ippotrainate di mitraglieri con 6 armi automatiche Maxim servite tra 38 uomini. Completavano la guarnigione di terra circa 1.500 riservisti, 180 soldati addetti alla logistica, alla sanità e ai trasporti e un centinaio di poliziotti cinesi per la tutela dell’ordine interno. Il piccolo avamposto imperiale disponeva, infine, di una minuscola ma preziosa forza aerea composta da due ricognitori monoplani Taube, un pallone da osservazione e un pallone meteorologico(2).

Per quanto riguardava, invece, la situazione degli approvvigionamenti e delle riserve, Meyer-Waldeck poteva contare su un buon quantitativo di viveri, combustibili e pezzi di ricambio, mentre piuttosto esigua appariva la dotazione di proiettili per mitragliatrici ed artiglierie da campagna (il consueto, annuale reintegro del munizionamento, che sarebbe dovuto avvenire nel mese di settembre, venne bloccato dallo scoppio della guerra). Abbondanti, al contrario, erano le scorte di proiettili destinati ai pezzi degli incrociatori corazzati e leggeri della Squadra del Viceammiraglio Maximilian Graf von Spee che il 2 agosto 1914, data di mobilitazione contro la Russia e la Francia, si trovava al largo, ben lontana dalla base di Tsingtao(3). Questo accantonamento si rivelò comunque prezioso in quanto gli artiglieri poterono utilizzare le granate navali da 37, 105 e 150 per i propri cannoni, trasformando il resto degli ordigni di calibro differente in mine e cariche esplosive.

Consolidate le difese della base, alcuni ufficiali tedeschi prospettarono al governatore l’opportunità di scatenare, attraverso la penisola di Shantung, un attacco preventivo contro l’isolato possedimento inglese di Weiheiwei. Ma Meyer-Waldeck respinse il progetto preferendo evitare uno spreco di uomini e di risorse in un’operazione difficile e dall’esito molto incerto. La base inglese era infatti raggiungibile soltanto attraverso un’angusta e malandata strada imperiale e, in caso di un attacco tedesco, la guarnigione di quest’ultima (in realtà abbastanza esigua) avrebbe potuto chiedere l’appoggio dei grossi calibri delle unità non solo britanniche, ma anche russe e francesi che stazionavano nel Mar Giallo e nel Mare Cinese Orientale. Meyer-Waldeck preferì quindi concentrarsi nell’allestimento di una terza linea di sbarramento situata a ridosso dell’abitato della città, in attesa dell’inevitabile comparsa del nemico. Alla metà di agosto, il governatore era venuto infatti a sapere che una forte squadra navale giapponese, composta da unità da guerra e da mercantili carichi di truppe e mezzi, era in procinto di lasciare Kobe diretta in Cina. Ma circa le specifiche intenzioni del nemico, lo stato maggiore di Meyer-Waldeck era tuttavia diviso. Alcuni pensavano che i giapponesi si sarebbero limitati ad utilizzare la loro flotta per costringere alla resa Tsingtao, mentre altri erano convinti che il nemico, magari con il concorso di truppe russe e inglesi, avrebbe optato per uno sbarco a nord o a sud della baia, per poi cingere d’assedio la città. Già all’indomani della dichiarazione di guerra della Russia all’Austria Ungheria, il Comando Supremo giapponese aveva messo a punto un piano improntato sulla massima prudenza, optando per un assedio di tipo classico, mirato a sgretolare progressivamente la capacità di resistenza fisiche e morali del nemico. L’obiettivo era infatti quello di fare cadere Tsingtao con la tradizionale tecnica del blocco navale e terrestre, ma anche con l’utilizzo dei più moderni ritrovati tecnologici e bellici dell’epoca: artiglierie a tiro rapido, mitragliatrici, apparecchiature radiotelegrafiche, autoveicoli, mezzi ferroviari e aerei. A capo del Corpo di Spedizione lo Stato Maggiore nipponico mise il tenente generale Misuomi Kamio, un ufficiale che, nel corso del vittorioso conflitto con la Russia del 1904-1905, aveva avuto modo di distinguersi più per pazienza e determinazione che per ardimento o ingegnosità tattica. Mentre la responsabilità della Squadra Navale di appoggio venne invece affidata al vice-ammiraglio Sadakichi Kato, ufficiale di sicura esperienza.

Dopo avere studiato attentamente la situazione, il generale Kamio, di comune accordo con il vice-ammiraglio Kato, decise di effettuare uno sbarco sul lato settentrionale della baia di Kiaochow, per poi muovere in direzione di Tsingtao, aggirandone le linee difensive sul fronte di terra. Sottostimando la capacità di reazione nemica, Kamio ritenne che in un primo momento sarebbe stato sufficiente sbarcare una sola divisione di fanteria alla quale sarebbe spettato il compito di consolidare la testa di ponte. Successivamente, egli avrebbe disposto l’inoltro dell’intero contingente(4). Contestualmente a questa manovra, una parte della squadra navale agli ordini di Kato si sarebbe avvicinata alla costa appoggiando con la sua artiglieria le truppe di terra, mentre una seconda sezione avrebbe avuto il compito di vigilare su tutta l’operazione, prevenendo eventuali attacchi da parte di unità nemiche. Va notato che ancora alla metà di agosto, sia i servizi segreti inglesi che giapponesi temevano che il viceammiraglio von Spee (che con i suoi incrociatori stava navigando alla volta dell’Europa) avesse lasciato a Tsingtao una parte della sua Squadra. E proprio per questo motivo il viceammiraglio Kato non aveva voluto correre inutili rischi, rafforzando la Seconda Squadra con 2 dreadnought, un incrociatore da battaglia e due corazzate pre-dreadnought.

Nella seconda metà di agosto, mentre la Seconda Squadra era in procinto di avvicinarsi alla penisola di Shantung, unità facenti parte della piccola flotta inglese del Mar Giallo cercarono di molestare il traffico tedesco lungo la costa cinese, non disdegnando di effettuare qualche puntata verso l’imboccatura della baia di Kiaochow. Il 22 agosto, al largo di Tsingtao, tre cacciatorpediniere inglesi – tra cui il vecchio Kennet – sorpresero il ben più vetusto caccia tedesco S90 che tuttavia riuscì a sfuggire all’agguato e a rientrare alla base: manovra nel corso della quale l’unità tedesca mise anche a segno un paio di colpi sul Kennet.

Il 27 agosto, la Seconda Squadra giapponese giunse davanti all’imboccatura della baia di Kiaochow. Dopo avere fatto occupare tre piccole isole con lo scopo di trasformarle punti di osservazione, il viceammiraglio Kato fece dragare i campi minati deposti dai tedeschi. Il 30 agosto, tuttavia, le condizioni atmosferiche incominciarono a peggiorare e nell’arco di poche ore intensi nubifragi accompagnati da un violento moto ondoso misero a dura prova le unità giapponesi. Nella notte tra il 30 e il 31 agosto, un autentico tifone investì tutta la penisola dello Shantung, causando danni a quasi tutte le navi nipponiche. Travolto da gigantesche montagne d’acqua il cacciatorpediniere Shirotaye finì per arenarsi su un isolotto sul quale il suo equipaggio dovette rifugiarsi.

Per evitare analoghi incidenti, Kato dispose un momentaneo allontanamento delle sue navi dalla costa. Il giorno seguente, grazie al miglioramento della situazione meteorologica, i tedeschi fecero uscire dal porto la cannoniera Jaguar. L’unità, protetta dalle batterie costiere, si avvicinò allo scafo del Shirotaye e con una dozzina di precise bordate lo ridusse ad un ammasso di rottami fumanti. Il 2 settembre, essendosi il tempo completamente ristabilito, Kato ordinò ai piroscafi da carico, al comando del viceammiraglio Kamimura Hikonojo, di iniziare a sbarcare le truppe a Lungkow, una località situata lungo la costa nord della penisola dello Shantung. L’operazione non incontrò alcun ostacolo ed entro breve tempo quattro compagnie di fanti della marina rinforzate da una compagnia dell’esercito presero terra. Sulla spiaggia, le truppe giapponesi si aprirono a ventaglio stabilendo una prima testa di ponte, proprio nel mentre un battaglione del genio iniziava la costruzione di un pontile galleggiante in legno e di due banchine in pietra per consentire un più agevole attracco da parte delle navi. Il primo pontile venne ultimato in appena 24 ore e permise, tra l’altro, lo sbarco di un reggimento di cavalleria e di uno di fanteria, rinforzato da una compagnia di mitraglieri.

Ma per i giapponesi i problemi ricominciarono il 3 settembre con lo scatenarsi di un nuovo, violentissimo nubifragio che ben presto trasformò la spiaggia in un pantano nel quale sprofondarono soldati, cavalli, muli e carriaggi. Anche il mare si fece nuovamente agitato e buona parte delle casse contenenti i rifornimenti depositate sulla spiaggia vennero ghermite dalle onde. Temendo un disastro, Kamio sospese ulteriori sbarchi, pur ordinando alle truppe già a riva di avanzare verso l’interno, nonostante il perdurare del maltempo. Ben presto, a causa dei continui nubifragi e della natura pianeggiante del terreno, i reparti giapponesi dovettero rallentare la loro marcia, trovandosi a vagare in un’immensa e profonda palude.

Il 7 settembre, un leggero miglioramento delle condizioni meteo consentì alla cavalleria di proseguire aprendo la strada alle fanterie che, non potendo portarsi dietro le salmerie a causa del terreno cedevole, dovettero razziare i miseri villaggi disseminati lungo il loro cammino. I molteplici episodi di sequestro suscitarono le vibranti quanto inutili proteste delle autorità cinesi che già in occasione dello sbarco avevano denunciato invano la violazione da parte dei giapponesi del loro territorio. E’ da notare a questo proposito che fino dall’inizio dell’operazione il governo di Tokyo si era ben guardato dal chiedere al governo di Pechino un qualsiasi permesso di transito in territorio cinese, limitandosi a fornire soltanto vaghe garanzie circa la temporaneità delle manovre in atto. Il 5 settembre 1914, il viceammiraglio Kato fece decollare un idrovolante per compiere un’accurata ricognizione sul porto onde valutare la reale consistenza della flotta tedesca. La missione ebbe esito positivo e al suo rientro il pilota riferì di avere individuato soltanto l’incrociatore austro-ungarico Kaiserin Elisabeth, cinque cannoniere, un cacciatorpediniere e alcuni piroscafi. Confermata l’assenza della temibile Squadra di von Spee, Kato decise di rimandare in Giappone parte della sua flotta e di inviare a Singapore tre incrociatori corazzati per proteggere l’importante base inglese da eventuali attacchi di navi corsare tedesche. In cambio, la Royal Navy fece salpare da Hong Kong alla volta di Tsingtao la vecchia corazzata Triumph(5). Nell’ambito di una più vasta cooperazione, il governo di Londra si impegnò inoltre a fornire al generale Kamio un piccolo contingente composto da un battaglione di fanteria rinforzato da due compagnie indiane.

Il 13 settembre, dopo una faticosa marcia nel fango, la cavalleria giapponese andò a cozzare contro il primo caposaldo esterno tedesco, quello di Tsimo. Vantando una netta superiorità numerica, i nipponici travolsero il debole distaccamento germanico costringendolo ad abbandonare la posizione a ritirarsi precipitosamente verso Tsingtao. Il giorno seguente, i reparti mobili giapponesi raggiunsero anche l’importante località di Kiautschou, tagliando la linea ferrata dello Shantung ed isolando di fatto Tsingtao dal resto della Cina. Rassegnato per la perdita di Kiautschou, il governatore Meyer-Waldeck decise di schierare il 50 percento delle sue forze (comprese quelle della Marina) a protezione dell’anello difensivo che si estendeva lungo l’arco collinare della linea esterna. Ma il conseguente, inevitabile indebolimento delle posizioni del litorale consentì alla flotta giapponese di farsi più audace e di effettuare una serie di brevi ma intensi bombardamenti contro la baia.

Il 15 settembre, in seguito ad un ennesimo, improvviso tifone, Kamio decise di interrompere momentaneamente tutte le operazioni di sbarco lungo la costa settentrionale della penisola, ordinando alla flotta di recuperare la 24ª brigata di fanteria e di trasferirla nella baia di Lau Schan, situata non lontano da Tsingtao. Il generale lasciò ai reparti di cavalleria, a quelli del genio e alla 23ª brigata di fanteria, il compito di proseguire fino a Tsimo, dove intanto si era consolidata la nuova linea del fronte. Lo scopo ultimo di Kamio era quello di effettuare un’ampia manovra a tenaglia, aggirando la piazzaforte nemica.

Il 18 settembre, i giapponesi, partendo da Tsimo, proseguirono con cautela in direzione degli avamposti tedeschi situati in cima alle colline che sovrastavano la località. La sera del 18, una compagnia nipponica riuscì a conquistare il passo di Hotung, obbligando gli effettivi del locale presidio tedesco ad arretrare. Il 19 settembre, la fanteria giapponese conquistò Mecklemburg Haus, superando per la prima volta la linea esterna tedesca. Reputando che il nemico non disponesse delle forze necessarie per difendere tutto il fronte, Kamio diede impulso all’avanzata attraverso le alture a ridosso di Tsingtao. I giapponesi si mossero suddivisi su più colonne, ciascuna della forza di una compagnia, costringendo i tedeschi a sparpagliare ulteriormente i propri effettivi onde evitare pericolosi aggiramenti.

Nel frattempo, a Lau Schan, i reparti del genio avevano allestito con grande rapidità un certo numero di banchine per accelerare lo sbarco dei rifornimenti; mentre a Tsimo gli zappatori furono in grado di costruire in una sola giornata una pista di atterraggio per i ricognitori terrestri Farman Serie 20. Tanto è vero che, il 21 settembre, tre aerei di questo tipo appartenenti all’Esercito iniziarono ad operare dalla loro nuova base. Ai piloti e agli osservatori, armati di pistole e fucili, Kamio ordinò innanzitutto di eliminare l’ultimo difensore alato di Tsingtao, cioè il Taube del tenente Gunther Pluschow. Ma quest’ultimo, dando prova di eccezionali capacità aviatorie, riuscì sempre ad eludere gli attacchi. Indispettiti, i piloti giapponesi se la presero allora con le truppe tedesche di terra, effettuando contro di esse numerosi azioni di bombardamento (effettuate con piccoli, rudimentali ordigni), lasciando ai più lenti idrovolanti imbarcati sulla Wakamiya il compito di tenere sotto controllo la città.

In quei giorni, il Comando Supremo di Tokyo ordinò a Kamio di prendere stabile possesso dell’intera ferrovia dello Shantung, allargando ben oltre il dovuto l’occupazione del territorio cinese. Inizialmente, il generale inviò un battaglione lungo la ferrovia in direzione di Tsinan (città la cui stazione sorgeva lungo la ferrovia costruita dagli inglesi che collegava Shanghai a Pechino), seguito più tardi da un intero reggimento di fanteria. Informato della manovra, Meyer-Waldeck tentò di arginare la penetrazione nemica. Sapendo che i giapponesi presidiavano con grandi forze il passo situato nei pressi della Mecklenburg Haus, il governatore tedesco pianificò un attacco diversivo contro lo scarsamente presidiato passo Kletter, situato nei pressi di Tsimo. Tuttavia, per la realizzazione di questa manovra Meyer-Waldeck non poté che mettere insieme una forza di appena 130 uomini, con 4 mitragliatrici Vickers Maxim e 2 cannoni da campagna Krupp da 77 millimetri. Nonostante la sua oggettiva esiguità, il reparto attaccò con estremo vigore l’obiettivo assegnatogli, investendo il battaglione giapponese posto a difesa del passo. Ma proprio quando le sorti della battaglia stavano per arridere ai tedeschi, quattro reparti nipponici dislocati non lontano dalla sella si lanciarono in soccorso dei camerati, riconquistando il terreno perduto e costringendo la colonna germanica a ritirarsi.

Il 26 settembre, dopo avere ammassato circa 16.000 soldati a ridosso della città, il generale Kamio reputò giunto il momento per scatenare l’attacco finale contro l’ormai provato anello difensivo tedesco. Le truppe giapponesi, appoggiate dal fuoco da almeno 150 pezzi da campagna e da montagna da 75, 105 e 150 millimetri, si mossero simultaneamente e da più direzioni verso le trincee nemiche, mettendo subito in crisi i magri reparti nemici, la cui dotazione di munizioni si era ormai sensibilmente ridotta. Temendo il tracollo dell’intero fronte, Meyer-Waldeck ordinò al caccia S90 e alla cannoniera Jaguar di bersagliare i contingenti che formavano l’ala destra dello schieramento giapponese, ormai in procinto di investire il porto. Nella notte tra il 26 e il 27 settembre i tedeschi abbandonarono la linea esterna arretrando e trincerandosi dietro la seconda linea interna. Nei due giorni successivi le forze di Kamio, appoggiate da reparti britannici, ripresero con inalterato vigore la loro spinta offensiva, giungendo ad un paio di chilometri dal centro di Tsingtao. Ed ancora una volta, le unità austro-tedesche intervennero per dare man forte alle truppe di terra. Sfidando il fuoco degli incrociatori pesanti dell’ammiraglio Kato che erano ancorati all’imboccatura della baia, il Kaiserin Elisabeth, la Jaguar e l’inesauribile caccia S90 effettuarono un cannoneggiamento contro l’ala destra giapponese, i cui reparti si erano già infiltrati nell’abitato adiacente lo scalo. Con notevole prontezza, Kamio fece intervenire una batteria composta da 12 pezzi da campagna per respingere la puntata delle tre unità nemiche. Ma proprio mentre gli artiglieri giapponesi si apprestavano ad eseguire gli ordini, un’improvvisa bordata proveniente dalla Kaiserin Elisabeth investì la batteria nipponica, mettendo fuori uso la metà dei suoi pezzi e causando decine di morti e feriti.

La conquista della cima Prinz Heinrich

Pur sapendo che ben presto sarebbe stato costretto ad abbandonare anche la seconda linea difensiva, Meyer-Waldeck ordinò al più munito presidio di quest’ultima, quello situato in cima all’elevata collina Prinz Heinrich, di resistere ad oltranza. Dall’alto di questa postazione, infatti, i tedeschi potevano controllare ancora tutte le mosse delle truppe giapponesi. Fino dall’inizio di agosto, sulla cima Prinz Heinrich i genieri tedeschi avevano allestito un piccolo ma robusto ridotto (difeso da 60 uomini muniti di mitragliatrici) dotato di scorte di viveri, acqua e munizioni per circa due mesi. Il fortino era inoltre collegato, tramite telefono ed eliografo, al Comando e alle batterie terrestri ubicate alla periferia di Tsingtao.

Nella notte tra il 27 e il 28 settembre, Kamio, fece avanzare verso il Prinz Heinrich una compagnia scelta, tratta dal 46° reggimento di fanteria. L’unità, rinforzata da un plotone di genieri, uscì dalle trincee nel bel mezzo di un violento acquazzone, inerpicandosi in cordata lungo un ripidissimo e viscido crinale. A causa del violento temporale e delle nuvole basse, la terribile marcia di avvicinamento del reparto nipponico si protrasse per tutta la notte. All’alba, in concomitanza con un repentino miglioramento delle condizioni atmosferiche, i giapponesi giunsero a poche centinaia di metri dal fortino, venendo però scoperti dalle vedette nemiche. I tedeschi aprirono un violento ma disordinato fuoco contro gli assalitori, molti dei quali si trovavano ancora legati alle funi. La battaglia infuriò per alcune ore. Poi, con uno sforzo estremo, i giapponesi si lanciarono all’attacco del ridotto bersagliandolo con una pioggia di bombe a mano e cariche di dinamite. Lo scontro finale vide i soldati dei due schieramenti affrontarsi alla baionetta in una spaventosa mischia, al termine della quale i giapponesi ebbero la meglio. La conquista dello strategico cocuzzolo del Prinz Heinrich costò al reparto di Kamio 24 morti e 26 feriti, contro 6 soldati tedeschi uccisi e circa 50 feriti. Venuto a conoscenza della perdita dell’avamposto, il governatore decise di abbandonare la seconda linea difensiva: manovra che venne attuata con la parziale copertura dei pezzi del Kaiserin Elisabeth, del Jaguar e del S90.

Con la conquista del Prinz Heinrich si era aperto il capitolo finale dell’assedio di Tsingtao. Al generale Kamio non rimaneva infatti che infrangere l’ultima, fragilissima linea interna tedesca. Egli fece quindi approntare presso la baia di Schatsykou, località non molto lontana da Tsingtao, una piattaforma per i cannoni pesanti da assedio collegata ai moli situati sulla spiaggia da una strada e da una ferrovia a scartamento ridotto. Contemporaneamente, Kamio dislocò la maggior parte delle sue truppe di fanteria al riparo dei bastioni e delle trincee di Lau Schan. Per dirigere il tiro dei pezzi, i genieri allestirono sul Prinz Heinrich un posto di servito da cinque linee telefoniche e da un apparecchio radio.

Meyer-Waldeck cercò di intralciare in qualche modo i preparativi del nemico, ordinando alle sue batterie da campagna da 77 e 88 millimetri di bersagliare la cima e le retrovie nemiche. Il cannoneggiamento venne effettuato con il concorso del Taube superstite di Pluschow. Ma l’aereo, ripetutamente attaccato dai Farman giapponesi, non poté svolgere a dovere il suo compito. Anche l’unico pallone da osservazione tedesco, issato per cercare di correggere i tiri, venne inquadrato dall’artiglieria giapponese che sparando ad alzo massimo lo costrinse ad atterrare. Resosi ben presto conto dell’inutilità del cannoneggiamento, Meyer-Waldeck decise allora di lanciare un contrattacco notturno sul fianco destro giapponese. La sera del 2 ottobre, tre compagnie di fanteria (per un totale di circa 300 uomini), suddivise su altrettante colonne, uscirono di soppiatto dalle trincee, riuscendo ad avanzare fino alle prime linee avversarie. Un reparto tedesco ebbe la sorpresa di trovare alcuni tratti di trincea vuoti, mentre gli altri due raggruppamenti andarono a cozzare contro le munite difese di un intero battaglione di fanteria nipponico che obbligò i tedeschi a retrocedere, lasciando sul campo 29 caduti.

A partire dall’inizio di ottobre, anche il corpo di spedizione britannico ebbe modo di partecipare ad alcune azioni. Ma l’arrivo delle truppe inglesi creò subito qualche serio problema. In più occasioni, infatti, i giapponesi scambiarono i soldati inglesi per tedeschi: equivoco che portò a veri e propri scontri a fuoco con perdite da entrambe le parti. Per ovviare a questo inconveniente, Kamio suggerì di distribuire alle truppe di Sua Maestà divise regolamentari giapponesi, ma l’iniziativa venne accolta con grande disappunto dagli ufficiali britannici. Verso la fine di ottobre, nonostante l’irrigidirsi dei rapporti tra i due comandi, il Comando inglese, che non desiderava lasciare ai soli giapponesi l’onere e l’onore della conquista di Tsingtao, fece giungere al fronte altre due compagnie di fanteria indiana.

Tra il 6 e il 10 ottobre, le batterie pesanti giapponesi martellarono le residue postazioni d’artiglieria tedesche e i sobborghi della città. Il 14 ottobre, l’ammiraglio Kato fece intervenire anche i pezzi di medio e grosso calibro della sua squadra (comprendente anche il Triumph), ordinando a quattro unità sottili di avvicinarsi ulteriormente alla base per saggiare le capacità di reazione della logorata sezione navale austro-tedesca. Nel corso di questa manovra, un colpo partito da un cannone pesante costiero danneggiò seriamente il Triumph, che dovette ritirarsi frettolosamente. Il 15 ottobre, un tifone fece interrompere ai giapponesi tutte le operazioni, e i tedeschi ne approfittarono per autoaffondare tutte le navi da carico presenti in porto. Il 17 ottobre, Meyer-Waldeck ordinò al caccia S90 di effettuare un’ultima sortita notturna. La gloriosa unità scivolò lentamente fuori del porto, individuando il profilo di un’unità nemica contro la quale lanciò un siluro. L’arma andò a colpire in pieno il vecchio incrociatore leggero Takachiho  che saltò in aria, causando la morte di ben 253 marinai su 256. Dopo il boato, le altre unità giapponesi presenti nella baia accesero i riflettori, aprendo un fuoco infernale sull’S90 che tuttavia riuscì ad allontanarsi a tutta forza verso il mare aperto. Non potendo più rientrare a Tsingtao, in seguito il caccia andrà ad internarsi in un vicino porto cinese.

La sera del 22 ottobre, Meyer-Waldeck ordinò ad un piccolo raggruppamento di 80 soldati di uscire dai rifugi e di attaccare una batteria giapponese posizionata a neanche un chilometro dalla città. I tedeschi riuscirono a strisciare fino alle prime linee nemiche dove però vennero scoperti e contrattaccati da quattro compagnie nipponiche.

L’epilogo

Il 23 ottobre, Kamio fece distribuire a ciascun pezzo da assedio una scorta di 1.200 proiettili, ordinando anche la consegna ai reparti d’assalto di bombe a mano, cariche di dinamite, speciali fucili lancia-granate e tubi di bambù riempiti di esplosivo (ordigni artigianali ma del tutto simili alle cariche bangalore).

Il 29 e il 30 ottobre, l’ammiraglio Kato intensificò i bombardamenti contro le residue difese a mare. E il 31 ottobre, giorno del compleanno dell’imperatore Taisho, una cinquantina di pezzi da assedio e circa 150 obici e cannoni di medio e piccolo calibro aprirono simultaneamente il fuoco su Tsingtao, mettendo a tacere quasi tutte le postazioni d’artiglieria tedesche. Valutando ormai prossima la fine, Meyer-Waldeck ordinò al Kaiserin Elisabeth e alla Jaguar di autoaffondarsi, e agli equipaggi di unirsi alla guarnigione.

Il 2 novembre, le batterie giapponesi spostarono il loro tiro sui ridotti difensivi interni e sul centro abitato, colpendo e distruggendo la centrale elettrica. All’alba del 4 novembre, una compagnia giapponese, rinforzata da un plotone di genieri, raggiunse i grandi depositi di acqua potabile della città facendo 21 prigionieri. Con la perdita delle cisterne, gli ultimi reparti tedeschi furono costretti ad arrangiarsi con l’acqua salmastra tratta dai pozzi. Il 5 novembre, la Squadra di Kato si avvicinò ulteriormente alla città, distruggendo l’ultima batteria costiera, quella di Hui Tschuen Huk. Il 6 novembre, Meyer-Waldeck ordinò al Taube del tenente Pluschow di decollare e di raggiungere il territorio neutrale cinese. Il governatore affidò al pilota alcuni carteggi riservati e l’ultimo messaggio per il Comando di Berlino. Il giorno seguente, i giapponesi conquistarono gli ultimi due capisaldi tedeschi, le colline fortificate Iltis e Bismarck. Resosi conto della fine, la mattina del 7 novembre il governatore Meyer-Waldeck inviò un suo emissario presso il Comando del generale Kamio per intraprendere le trattative di resa della colonia. E il giorno seguente, sulla residenza del governatore venne issata la bandiera del Sol Levante.

Il lungo assedio di Tsingtao era costato ai tedeschi 199 morti e circa 300 feriti, mentre altri 3.600 soldati erano stati fatti prigionieri dalle forze giapponesi e britanniche. Dal canto suo, l’armata di Kamio aveva pagato il suo tributo con 415 caduti e 1.515 tra feriti e dispersi, mentre la Marina nipponica aveva perso l’incrociatore leggero Takachiho, il cacciatorpediniere Shirotaye, una motosilurante e due piccoli dragamine, registrando oltre 400 morti e un centinaio di feriti. Per quanto concerne il piccolo Corpo di Spedizione Britannico, quest’ultimo ebbe a lamentare la morte di 16 tra soldati e marinai e il ferimento di un’altra sessantina di uomini.

Note:

 (1) Nella tarda primavera del 1914, quest’ultima era composta dagli incrociatori corazzati Scharnhorst e Gneisenau e dagli incrociatori leggeri Nurnberg, Emden e Leipzig.

(2) All’inizio di agosto del 1914, in Cina, i tedeschi potevano anche fare conto su altri piccoli raggruppamenti armati sparsi in varie città del nord a protezione delle ambasciate e dei consolati germanici. A Tientsin e a Pechino, il Distaccamento Navale Tedesco in Asia schierava, infatti, quattro compagnie di fanteria (da 100 uomini ciascuno), un reparto mitraglieri con 14 armi automatiche servite da 60 uomini, e 2 sezioni di artiglieria con 3 cannoni da campagna da 88 millimetri e tre howitzer da 150. Tutte queste forze, eccetto i 3 pezzi da 88, fecero a tempo a spostarsi a Tsingtao prima che la città fosse messa sotto stato di assedio, contribuendo ad elevare così gli effettivi della guarnigione a 4.000 uomini e portando a 90 il totale delle bocche da fuoco.

(3) I due incrociatori corazzati gemelli Scharnhorst e Gneisenau si trovavano infatti a Ponape, nell’arcipelago delle Caroline; mentre gli incrociatori leggeri Leipzig e Nurnberg stazionavano molto più lontano, al largo delle coste del Messico. Allo scoppio del conflitto, anche l’incrociatore leggero Emden si trovava in crociera, come il mercantile armato Prinz Eitel Friederich. E lo stesso valeva per buona parte delle unità sottili, come il Vaterland e l’Otter distaccate lungo il fiume Yangtze; la Jaguar sullo Yangtze, la Tsingtau sul Fiume Occidentale. La Luchs si trovava invece a Shanghai e lo S90 a Chifu. In ultima analisi, solo il Tiger, l’Iltis e il Cormoran (quest’ultima unità era in cantiere per riparazioni) risultavano presenti a Tsingtao. Pochi giorni dopo l’inizio del conflitto le cannoniere Luchs e Jaguar e il cacciatorpediniere S90 riuscirono a fare rientro a Tsingtao, mentre la cannoniera fluviale Tsingtau fu invece costretta ad autoaffondarsi per evitare la cattura da parte navi russe o francesi. L’equipaggio dell’unità riuscì tuttavia a raggiungere la colonia via terra. Curiosa fu invece la fine delle cannoniere fluviali Otter e Vaterland che, trovandosi anch’esse troppo distanti dalla propria base, vennero “vendute” dai rispettivi comandanti ad un mercante tedesco residente a Nanchino.

 

24(4) Il Corpo di Spedizione giapponese impiegato contro Tsingtao era formato dalle seguenti forze: la 18ª divisione di fanteria formata dalla 23ª brigata di fanteria composta a sua volta dal 46° e dal 55° reggimento), più la 24ª brigata di fanteria (48° e 56° reggimento); il 22° reggimento di cavalleria, il 24° reggimento di artiglieria da campagna (composto da sei batterie ciascuna su sei pezzi), un battaglione di genieri, un battaglione di logistica, sezioni di eliografi e sanitarie e, probabilmente, un battaglione di artiglieria da montagna (formato da due batterie da quattro pezzi ciascuna). Risultava anche disponibile la 29ª brigata di fanteria (composta dal 67° reggimento di fanteria più un battaglione appartenente al 34° reggimento). La 6ª e 12ª divisione di fanteria fornirono al corpo di spedizione due battaglioni addetti alla logistica e ai servizi, due battaglioni del genio e due battaglioni di ferrovieri. L’artiglieria d’assedio era formata da un distaccamento di artiglieria navale e dai reggimenti di artiglieria pesante Miyama e Yokosuka affiancati dai battaglioni di artiglieria pesante Shimonoseki e Tadanoumi. Nel corso dell’assedio di Tsingtao, i britannici schierarono (oltre ad alcune unità della Marina) il 2° battaglione South Wales Borderers, rinforzato da due compagnie di fanteria del 36° Reggimento Sikh.

 (5) La Seconda Squadra Giapponese era formata da cinque vecchie corazzate (prede belliche russe della guerra del 1905): Suwo, Iwami, Tango, Okinoshima, Mishima; dagli incrociatori corazzati Iwate, Tokiwa, Yakumo; dagli incrociatori leggeri Chitose, Tone, Mogami, Yodo Akashi, Akitsushima, Chiyoda, Takachiho; da 24 cacciatorpediniere, da quattro vecchie cannoniere; da 11 siluranti-dragamine e dalla portaidrovolanti Wakamiya. Completavano la Flotta, diverse navi da appoggio e 26 trasporti.

Bibliografia

Jork Artelt: Tsingtau: Deutsche Stadt und Festung in China 1897-1914

Charles B. Birdock: The Japanese Siege of Tsingtao

Paul G. Halpern: A Naval History of World War I Conway’s All the World’s Fighting Ships 1906-1921

Peter Youg, editore: Marshall Cavendish Illustrated Encyclopedia of World War I The Time History of the War 1914 Illustrated  volume II

Enciclopedia della Storia Universale, a cura di William L. Langer, Sansoni Editore, Firenze, 1974

Ezio Bonsignore, Aviazione & Marina, “Da Coronel alle Falkland”, giugno 1968

A Military Atlas of the First World War, a cura di Arthur Banks, Leo Cooper, Barnsley, 1998

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