Pagine di Storia poco note. I volontari italiani che combatterono a fianco dei coloni boeri contro la Gran Bretagna. Di Alberto Rosselli.

Volontari italiani appena giunti in Sudafrica.

25 dicembre 1899, Africa Australe. In una radura, nei pressi della località di Dundee (Transvaal del sud), un alto e barbuto ufficiale dell’esercito boero, con in testa un cappellaccio a larghe tese e un fucile Mauser in pugno, passa in rivista un curioso reparto composto da 300 soldati, vestiti ed armati nelle maniere più variopinte e disparate. L’ufficiale arringa gli uomini, incitandoli alla lotta contro l’oppressore britannico deciso a cancellare il sogno di libertà dello stato boero. La scena in apparenza non avrebbe nulla di strano (da alcune settimane il presidente Paul Kruger, ha dato inizio alla mobilitazione degli afrikaaners contro l’esercito di Sua Maestà) se a comandare e a formare l’unità non fossero degli italiani, residenti in Transvaal e disposti a dare il loro contributo (assieme ad altri volontari tedeschi, austriaci, irlandesi, francesi e americani) alla nobile causa degli olandesi d’Africa che la regina Vittoria ha promesso di spazzare via dalla terra dell’oro e dei diamanti. Alla testa della “Legione Italiana” (o come la chiama il generale Piet Joubert, “Die Italiaanse Korps” o “Italian Scouts”) è un trentaquattrenne soldato e giornalista piemontese, Giuseppe Camillo Pietro Ricchiardi, nativo di Alba e reduce da molte campagne che lo hanno visto coprirsi di gloria – sia con la sciabola in pugno che dietro una macchina da scrivere – nelle Filippine, in Siam e in Cina.

Giuseppe Camillo Pietro Ricchiardi.

La guerra tra boeri e inglesi non è scoppiata che da un paio di mesi (il 10 ottobre 1899) e Ricchiardi ha già avuto modo di fare valere le sue doti di combattente in dicembre a Colenso. Ai primi di novembre, presso Chievelrey, conduce un vittorioso assalto ad un treno blindato britannico e cattura diversi ufficiali e soldati nemici, tra cui il giovane giornalista Winston Spencer Leonard Churchill, aggregato al Reggimento Coloniale South African Light Horse. Al capitano Ricchiardi, che comanda già un nucleo di 50 volontari italiani, il generale Louis Botha affida subito la costituzione, a Johannesburg, di un battaglione di volontari formato da minatori, cuochi, cacciatori, agricoltori, allevatori ed esploratori per la quasi totalità italiani. E l’ex-sottotenente del 4° Reggimento Genova Cavalleria, non si fa certo pregare. Grazie al suo carisma, alla sua persuasiva eloquenza, alle sue “sembianze da condottiero garibaldino” e alla collaborazione del tenente conte Pecci e del maggiore Caldara, a tempo di record egli raduna e addestra alle armi circa 280 compatrioti. Nel gennaio 1900, Ricchiardi viene promosso Feldcornet (maggiore) e gli viene consentito di nominare il suo piccolo, curioso e “blasonato” quartiere generale, tutto tricolore, o quasi, composto dal triestino capitano Edgardo Rossegger, dall’italo-olandese-genovese Giobatta Van Ameringen, dai tenenti (tutti baroni) Von Carlsberg, Paratico di Lantieri e Von der Lippe. Completano lo staff il tenente e giornalista Eugenio Boccalone (di Genova) e i caporali Rizzola di Cesena, Carmelo e Francesco Degiovanni (di Catania). Ricchiardi, che ama la buona cucina, inserisce nel suo staff anche il capo mulattiere Silvio Sella che, nonostante l’incarico e il cognome, risulta essere “il miglior chef di Johannesburg”.

Volontari italiani fotografati assieme ad un vecchio mortaio.
Volontari boeri.

Il 24 gennaio 1900, in occasione della famosa e sanguinosa battaglia di Spionkop, la “Legione Italiana” si copre di gloria, caricando alla baionetta un grosso reparto inglese e mettendolo in fuga. Il mese successivo, l”Italian Brigade” (come la chiamano i britannici) partecipa ad altri combattimenti e in virtù della sua straordinaria capacità di manovra e della sua aggressività viene più volte citata nei bollettini di guerra di Pretoria. In maggio, in seguito all’inserimento di molti, nuovi volontari francesi, la “Legione Italiana” cambia nome e diventa la “Brigata Latina”, raggiungendo le 2.000 unità. E il 1° settembre 1900, Ricchiardi (ormai chiamato il “Garibaldi d’Africa”) viene promosso colonnello e comandante in capo di “tutti i reparti volontari stranieri” (Legione Tedesca, Corpo Austriaco, Corpo Internazionale, Brigata Irlandese, Gruppo Esplorante Americano, Corpo Francese). Ma sono sempre gli “italiani” a rappresentare il nocciolo duro della “Legione Latina”. Verso l’autunno 1900, pattuglie a cavallo si specializzano in azioni di sabotaggio oltre le linee britanniche, scompaginando i reparti nemici. Dopo avere fatto saltare in aria un deposito di munizioni, il “commando” genovese Giovanni Carcioffo lascia per il generale Lord Roberts (comandante in capo dell’esercito inglese) il seguente ed irriverente messaggio: “We will be back again to see you, tell your soldiers not to sleep so much. The Italian Legion!”.

Volontari italiani arruolati nell’Esercito boero.

Ma nonostante l’eroismo dell’esercito boero e dei suoi alleati stranieri, le sorti del conflitto iniziano a volgere a favore dell’Inghilterra che ormai vanta una superiorità numerica e di armamenti a dire poco schiacciante. All’inizio dell’autunno, il presidente Kruger, dopo avere ringraziato ed elogiato la “Legione”, ordina il suo scioglimento, non prima di avere retribuito regolarmente la truppa. Pochi giorni più tardi tutti i volontari oltrepassano il confine del Mozambico, dirigendosi a Lourenço Marquez, scalo nel quale li attende un piroscafo. In terra boera è rimasto un ultimo gruppo di irriducibili, non più di venti e tutti italiani. I loro nomi non sono noti. Combatteranno nella zona di Komatipoort, nel nord del Transvaal, fino all’ultimo, a fianco dei “fratelli” boeri. Il colonnello Ricchiardi e i reduci italiani e stranieri (386 su 2.000) sbarcheranno invece a Trieste il 31 ottobre 1900, accolti da una piccola folla e da un cronista de “Il Piccolo” che così descrisse la scena: “Incontro, a bordo del piroscafo Styria il colonnello Ricchiardi. Nonostante i molti patimenti è ancora giovane: uno splendido tipo di gentiluomo-soldato…Prima di fare sbarcare i suoi uomini, chiede ad un ragazzo di suonare con l’armonica l’inno boero per l’ultima volta …Tutti i volontari si scoprono il capo e lo seguono…Si alza dal ponte un canto triste e solenne che si conclude con un fragoroso Hurrà Kruger! Hurrà Transvaal libero!”. Finiva così l’epopea della “Legione Italiana”.

Un ringraziamento particolare a Silvio Tasselli, autore del servizio “I Kommandos italiani nella guerra anglo-boera (1899-1902)”, pubblicato sul mensile Storia & Battaglie (Numeri 23-24 di marzo e aprile 2003).

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