La ‘discriminazione’ nazista tra fisica ariana e fisica giudaica. Di Francesco Cappellani.

Il fisico e matematico Kurt Godel.

Con l’avvento al potere del partito Nazional-Socialista in Germania il 30 gennaio del 1933, l’antisemitismo che Hitler aveva teorizzato  nel “Mein Kampf” durante la detenzione nella prigione di Landsberg am Lech a seguito del fallito putsch di Monaco del 1923, ed Alfred Rosenberg nel libro “Der Mythus des 20. Jahrhundert” del 1930, divennero parte integrante del programma politico del terzo reich.

Con la legge del 7 aprile 1933 per la ricostruzione della carriera dei funzionari di ruolo che, nell’articolo 3, prevedeva il pensionamento forzato di tutti i pubblici dipendenti che non fossero di discendenza ariana, seguita dalle leggi di Norimberga del 1935 per la “protezione del sangue e dell’onore tedesco”, gli ebrei vennero banditi da tutti gli impieghi statali, dagli ordini professionali e da ogni attività economica di qualche rilievo. Nell’ambiente universitario ciò provocò le dimissioni  di circa milleseicento insegnanti, molti dei quali emigrarono all’estero, provocando un evidente impoverimento della ricerca scientifica e della didattica nelle università tedesche.

Max Planck, il grande fisico che nel 1900 aveva dato inizio alla cosiddetta “fisica quantistica”, convinto nazionalista e fautore del ritorno della Germania all’antico splendore precedente la prima guerra mondiale,  guardava però con ansia l’ascesa violenta del nazismo e dell’antisemitismo, sperando invano che Hitler, una volta divenuto “Führer”, avrebbe assunto un atteggiamento più moderato in modo da rinsaldare ed estendere pacificamente il suo potere. Forte della sua grandissima fama ed autorevolezza, Planck si era rivolto a Hitler spiegandogli che la fuga degli scienziati ebrei sarebbe stata assai dannosa per la Germania, ma questi aveva reagito violentemente asserendo che se la loro dimissione “poteva causare l’azzeramento della scienza tedesca contemporanea, allora noi faremo a meno della scienza per alcuni anni”(1). In effetti una larga parte della popolazione tedesca la pensava come Hitler, e la messa al bando degli ebrei era vista con indifferenza se non positivamente.

Nel Marzo del 1933, a seguito dell’incendio del Reichstag, i nazisti avevano avuto mano libera per compiere assassinii ed arresti indiscriminati; il 10 maggio del 1933 le associazioni studentesche naziste, eccitate dai violenti discorsi di Goebbels, arsero in piazza a Berlino ed in altre città, decine di migliaia di libri di autori ebrei o simpatizzanti per la cultura ebraica, in quanto portatori di una visione del mondo che corrompeva la purezza dello spirito germanico. Finirono così tra le fiamme, in un tripudio rituale di saluti nazisti e di inni patriottici, opere di Freud, Brecht,  Marx, Benjamin, Musil, Mann e tantissimi altri tra cui anche Einstein.

 Come ha scritto Anna Foa (2) “Con il rogo delle sue opere, Hitler saldava il presente al rifiuto del passato glorioso della grande cultura tedesca, tagliava tutti i ponti con la storia tedesca. Nella notte del rogo Goebbels diceva: “Fate bene, in quest’ora solenne, a gettare nelle fiamme la spazzatura intellettuale del passato. E’ un’impresa forte, grande e simbolica, un’impresa che proverà al mondo intero che le basi intellettuali della repubblica di Novembre si sono sgretolate, ma anche che dalle loro rovine sorgerà vittorioso il padrone di un nuovo spirito”.

Analoga sorte toccherà a gran parte dell’arte del novecento, definita ‘arte degenerata’ (entärtete kunst), che verrà esposta in una mostra nel 1937 a Monaco dopo la confisca di oltre cinquemila opere da musei e collezioni pubbliche e private. Gli artisti selezionati erano oltre cento e comprendevano pittori  come Van Gogh,  Nolde, Picasso, Matisse, Chagall, Klee, praticamente tutti coloro che avevano contribuito alla grandezza ed alla novità dell’arte del primo novecento. In seguito furono confiscati almeno altre diecimila opere; circa quattromila quadri saranno bruciati, altri venduti in aste in Svizzera o a musei e collezionisti. Altri ancora andranno ad arricchire le collezioni private di notabili del partito nazista: Göring ad esempio si appropria di un Van Gogh e di un Cézanne.

 Questa furia antisemita e parallelamente l’idea di un ritorno ai valori più genuini della stirpe germanica colpirà incredibilmente anche la fisica del novecento. Mentre si può discutere su arte più o meno decadente, su correnti di pensiero difformi dal credo nazista, su testi letterari come quelli di Musil e di Kafka ritenuti sconvenienti, immorali e capaci di infettare lo spirito tedesco, come possa una teoria scientifica essere ideologicamente o politicamente di parte appare incomprensibile.

La scienza, nella sua accezione più vasta, ma la fisica in particolare, deve, per sua natura, dare delle risposte precise, oggettive e comprovabili alle domande di conoscenza del mondo che l’uomo si è posto da sempre. L’affermazione che la scienza, ma sopratutto la fisica moderna, potesse essere inquinata dallo “spirito giudaico” veniva non da qualche sprovveduto e zelante funzionario del partito nazionalsocialista, ma da due fisici tedeschi insigniti del premio Nobel, Philipp Lenard nel 1905 e Johannes Stark nel 1919, che iniziarono a propugnare queste idee dagli anni successivi alla fine della prima guerra mondiale.

Già nel 1920, in un articolo sul quotidiano berlinese Tägliche Rundschau, Einstein era stato accusato di avere plagiato idee di altri scienziati e la sua teoria della relatività era stata definita priva di buon senso. Planck e tutta la comunità dei fisici insorsero prendendo le difese di Einstein, che rispose alle accuse con una lettera al Berliner Tageblatt intitolata sarcasticamente “La mia risposta alla Anti-Relatività Teorica Co. Ltd” in cui affermava che le critiche alla sua teoria non meritavano risposta, ma che appariva chiaro che veniva accusato perché ritenuto un ebreo internazionalista di tendenze liberali. Infatti Einstein sapeva che queste critiche erano causate principalmente da motivi razziali, e ne era rimasto molto turbato.

Fino al 1933 la ricerca in fisica aveva raggiunto il suo massimo livello in Germania grazie a personaggi come Planck, Einstein e il giovane Heisenberg che, dopo Einstein, era tra i fisici di maggiore prestigio in Europa. Grazie a questi scienziati, ad esempio, il tedesco in quegli anni era la lingua usata nella maggioranza degli articoli scientifici. A seguito delle leggi razziali, Einstein, dopo avere dato le dimissioni dall’Accademia Prussiana delle Scienze a Berlino, aveva lasciato nel 1933 la Germania trasferendosi a Princeton negli Stati Uniti, dopo avere protestato pubblicamente ed in modo deciso contro il nuovo regime che limitava la libertà ed i diritti dei cittadini. Anche dopo la sua partenza, il fronte nazista anti-Einstein proseguì la sua azione diffamatoria, sempre però con minore successo in quanto i fisici tedeschi continuarono ad insegnare la nuova fisica senza farsi coinvolgere dalle teorie sulla “scienza ebraica”. E’ interessante notare che ancora nel 1936 l’organo di stampa principale del partito nazista, il Völkischer Beobachter, apostrofava Einstein, oramai da tre anni negli U.S.A., col titolo di apostolo della fisica giudaica, definendo la sua teoria della relatività “null’altro che formule artificiose basate su definizioni irresponsabili” (3).

Nel 1933 molti altri fisici ebrei lasceranno la Germania: dei circa sessanta insegnanti impegnati nella fisica teorica nelle università tedesche prima delle leggi del 1933, ventisei lasciarono l’insegnamento o per scelta volontaria o perché costretti, tra questi sei premi Nobel ed otto fisici e chimici che l’avrebbero conseguito negli anni successivi. E’ indicativo il resoconto che fece a Princeton il grande fisico e matematico ungherese John von Neumann dopo una visita all’università di Gottinga nel giugno del 1933: “Siamo stati tre giorni a Gottinga ed il resto a Berlino ed abbiamo avuto modo di vedere e di renderci conto degli effetti dell’attuale pazzia Germanica. E’ semplicemente orribile/…/Essi (i nazisti) rovineranno la scienza tedesca almeno per una generazione” (4). Uno degli ultimi scienziati a fuggire in America, a Princeton, nel 1940, sarà Kurt Gödel, forse il più grande logico del ventesimo secolo il cui teorema sulla incompletezza delle teorie matematiche era servito ad Alan Turing per il suo progetto di computer programmabile (la macchina universale di Turing del 1936), i cui risultati saranno a loro volta utilizzati dal 1944 in poi da von Neumann per sviluppare l’architettura dei primi calcolatori elettronici.

Lenard, professore di fisica all’università di Heidelberg, fu il primo scienziato tedesco, ultranazionalista e conservatore, ad attaccare fin dagli anni dieci la teoria della relatività e, dagli anni venti, la fisica quantistica “giudaica” in quanto opera soprattutto di scienziati ebrei, ed a perorare la causa  della fisica “ariana” o meglio della “Deutsche Physik” dal titolo di un corposo testo di fisica in quattro volumi da lui scritto nel 1936 (5). Come scrive Mark Walker (6) “Lenard ed i suoi amici sostenevano che tutta la vera ed autentica fisica proveniva dalla razza ariana e che la fisica “giudaica”, come le assurde teorie della relatività di Albert Einstein, non erano altro che una cospirazione ebraica internazionale intesa a distruggere la fisica e ad elevare il popolo ebreo”. Lenard nel 1935 affermava testualmente: “ Come ogni cosa che l’uomo crea, la scienza è determinata dalla razza o dal sangue” e proseguiva “la Germania ha il diritto di promuovere risolutamente la sua propria natura anche nella scienza, e ciò non soltanto nell’interesse della madrepatria ma perché in questo modo noi coltiviamo il meglio che il genere umano possa offrire”(7).

In realtà l’accettazione della teoria della relatività da parte della comunità dei fisici non era stata immediata in quanto sconvolgeva la fisica “classica”, ma sia Lenard che Stark paragonavano la Relatività al relativismo morale, cioè all’assenza di una verità assoluta, e questo era per loro un atteggiamento tipicamente giudaico. Un’altra curiosa affermazione a proposito della teoria Einsteniana la si deve all’astronomo nazista Bruno Thüring, il quale asseriva che questa teoria non poteva che fiorire nell’ambito del Marxismo, analogamente al cubismo nel campo delle arti ed alle disarmonie atonali della musica moderna.

Lenard aveva anche motivi personali per osteggiare Einstein e le sue idee: aveva scoperto sperimentalmente l’effetto fotoelettrico (l’emissione di elettroni da metalli irraggiati con luce di opportuna lunghezza d’onda) senza riuscire a darne una spiegazione fisica che sarà invece data da Einstein nel 1905 sulla base dell’ipotesi dei quanti di Planck. Lenard si sentì in qualche modo derubato della sua scoperta e la sua amarezza aumentò quando nel 1921 fu assegnato ad Einstein il premio Nobel proprio per il suo lavoro sulla teoria dell’effetto fotoelettrico.

Philip Ball (8) scrive che, dopo il 1907, Lenard faticava a inseguire la nuova fisica che si stava sviluppando articolandosi su una complessa base matematica che non gli era familiare, e da allora cominciò ad avversare sia la relatività che poi la fisica quantistica. “Il fatto che queste assurdità, il cui primo artefice era Einstein, veniva accettata ed applaudita dai fisici di tutto il mondo, doveva quindi essere il risultato di una cospirazione. E le cospirazioni e le cabale erano cavalli di battaglia degli ebrei”(8).

Secondo Lenard esisteva un modo giudaico di fare fisica che consisteva nella formulazione di teorie astratte, astruse e contro intuitive, poco più che formule matematiche senza alcuna solida radice e conferma negli esperimenti; la scienza doveva invece avere come sorgente “l’anima” della natura e solo gli ariani potevano cogliere questo aspetto. Tali affermazioni rientravano in quell’aura di misticismo e pseudoscienza che facevano parte della cultura nazista, se si pensa che sia Himmler che lo stesso Hitler credevano alla grottesca teoria del “ghiaccio cosmico” (Glazial-Kosmogonie) dell’inventore austriaco Hans Hörbiger, che sosteneva che il ghiaccio è l’ingrediente fondamentale dell’universo.

Come già accennato, ad aiutare Lenard nella sua campagna per la “Deutsche Physik” era stato, fin dagli anni venti, il fisico Johannes Stark che aveva ottenuto il premio Nobel per la scoperta della separazione delle linee spettrali di atomi e molecole sottoposte ad un campo elettrico. Questo effetto fu scoperto contemporaneamente dal fisico italiano Antonino Lo Surdo che però non fu premiato col Nobel anche a causa della violenta opposizione di Stark (9). Nel maggio del 1924 Lenard e Stark avevano scritto una lettera aperta inneggiando Hitler ed i suoi camerati che “ci appaiono come doni di Dio di un tempo antico a lungo oscurato, quando le razze erano più pure, le persone più pregevoli, le menti meno fraudolenti……Noi lo seguiremo” (1). Stark si iscrisse al partito nazista (NSDAP) nel 1930, ed insieme a Lenard, approfittando del diradamento del personale scientifico a causa delle leggi razziali, mirava ad arrivare a controllare tutta l’attività scientifica ed i fondi per la ricerca in Germania. Nel maggio del 1933, grazie alle sue benemerenze nel partito, Stark ottenne la direzione del Physikalisch-Technische Reichsanstalt (PTR) e si adoperò fattivamente per potenziarlo ed ingrandirlo col fine di dare supporto scientifico alla economia ed alla difesa nazionale lavorando dal 1937 in poi in stretto contatto con l’esercito, in particolare l’aviazione e l’artiglieria.

Nel 1934, su indicazione del Ministero della Propaganda, Stark si impegnò a fare sottoscrivere a tutti gli undici premi Nobel tedeschi ariani la seguente dichiarazione di sostegno a Hitler: “Noi ricercatori Germanici riconosciamo ed ammiriamo in Adolf Hitler il salvatore ed il leader del popolo tedesco. Sotto la sua protezione ed il suo incoraggiamento, il nostro lavoro scientifico sarà di supporto al popolo tedesco ed aumenterà la stima della Germania nel mondo” (1).

Werner Heisenberg, premio Nobel a trentuno anni nel 1932, si rifiutò, seppure con cautela, di firmare la lettera col pretesto che, pur concordando col testo, trovava inappropriato per uno scienziato fare dei pronunciamenti pubblici su questioni politiche. Gli altri fisici interpellati seguirono la linea di Heisenberg, e Stark dovette riferire direttamente a Goebbels con amarezza il fallimento dell’iniziativa. Ma intanto il suo zelo veniva premiato: Hitler lo nominava direttore anche della DFG (Deutsche Forschungsgemeinschaft Reichsanstalt) che presiedeva all’erogazione dei fondi governativi per la ricerca. A questo punto Stark iniziò una violenta campagna contro Heisenberg, uno dei principali artefici della meccanica quantistica, in quanto tale fisica era comunque da ritenersi “giudaica”. Nel luglio del 1937 Heisenberg fu accusato dal settimanale delle SS Das Schwarze Korps di avere creato un oscuro approccio formalistico alla fisica quantistica dimostrando di possedere una mente “giudaica”; come tale Stark lo definì ‘weisse  juden’ (ebreo bianco), cioè un ariano contaminato dallo spirito giudaico, aggiungendo che fisici come Plank e Sommerfeld (premio Nobel nel 1912 e maestro di Heisenberg) erano “portatori di batteri” dello spirito giudaico. Stark gratificò Heisenberg anche del titolo di “Ossietzky della fisica” ritenendolo responsabile di danneggiare la cultura germanica come il socialista e pacifista tedesco Carl von Ossietzky, che, ottenuto il Nobel per la pace nel 1935, aveva irritato Hitler rifiutandosi di restituirlo come impostogli da Göring, mentre era detenuto “per spionaggio ed alto tradimento” in un campo di concentramento dove sarebbe morto nel 1938.

L’articolo su Das Schwarze Korps ebbe risonanza europea ed un gruppo di scienziati inglesi  chiese all’editore della prestigiosa rivista Nature di invitare Stark a chiarire meglio la sua posizione sull’influenza ebraica nella scienza in Germania ed altrove. Stark non si fece pregare e redasse un pacato articolo (10) dove tentava di dare una spiegazione logica e razionale ad una teoria, quella della “Deutsche Physik”, che era comunque priva di senso. Stark riconosceva che la fisica era  indipendente dal pensiero e dagli atti di chi la studiava ed era la stessa in tutto il mondo, ma che esistevano due mentalità di approccio ai problemi, una ariana, positiva e pragmatica, e quella dogmatica. Tra i dogmatici indicava tra gli altri Heisenberg, Sommerfeld ed ovviamente l’odiato Einstein definendo i loro lavori arbitrari e “physical-mathematical acrobatics”.

L’accusa di essere un “giudeo bianco” rivolta da Stark ad Heisenberg, provocò la risentita reazione di quest’ultimo che si appellò direttamente al potentissimo Reichsführer delle SS Heinrich Himmler dicendo che voleva che il suo onore non fosse infangato, altrimenti avrebbe dato le dimissioni e sarebbe emigrato negli Stati Uniti. Faceva presente che, malgrado certi eccessi dei nazisti, aveva scelto di rimanere in Germania per servire il suo paese, ma non era più disposto a tollerare che la sua reputazione venisse svilita. Per uno di quei casi fortunati della vita, la mamma di Heisenberg era cresciuta con quella di Himmler, per cui si recò a trovarla parlando da mamma a mamma. Frau Himmler promise che Heinrich avrebbe messo le cose a posto aggiungendo che suo figlio “è un così bravo ragazzo che mi fa sempre gli auguri  per il mio compleanno”(8). Himmler pretese una dettagliata risposta da parte di Heisenberg alle accuse di Stark e fece seguire il fisico dalla Gestapo per capirne a fondo le idee e le intenzioni. La sua vita familiare e privata fu controllata meticolosamente per parecchi mesi, ed anche la sua attività di docente, infiltrando delle spie mescolate agli studenti per ascoltare e riferire cosa veniva detto nelle lezioni. Alla fine Heisenberg fu ritenuto apolitico ed un buon patriota; si riconosceva che, malgrado inizialmente educato alla fisica giudaica, nel tempo la sua attitudine verso la scienza era diventata ariana. Himmler gli rispose nel 1938 disapprovando gli attacchi rivoltigli da Das Schwarze Korps e assicurandolo che non ci sarebbe stato più alcuna azione contro di lui; spiegò poi la sua decisione al capo della Gestapo Reinhard Heydrich dicendo che Heisenberg è “onesto, e noi non possiamo rischiare di perdere quest’uomo o di ritrovarcelo ucciso, poiché è relativamente giovane e può educare la prossima generazione” (8). In realtà il Partito Nazista pensava già ad Heisenberg come capo del progetto sulla ricerca nucleare e temeva di perderlo.

Infatti nel 1938 Otto Hahn aveva scoperto sperimentalmente la fissione nucleare che Fermi aveva già realizzato nel 1934 senza rendersi conto del fenomeno, e la scienziata ebrea Lise Meitner, fuggita poi in Svezia e negli U.S.A., ne aveva spiegato la teoria e messo in luce le immani potenzialità.

La ‘Deutsche Physik’ di Stark e di Lenard, che in Germania aveva raccolto non più di una trentina di accoliti, mancando l’obbiettivo di avere il supporto della vasta comunità dei fisici, all’avvicinarsi del conflitto mondiale iniziò rapidamente a declinare anche perché la “fisica tedesca” di fatto non aveva mai sostituito o mutato l’insegnamento della fisica in Germania. Inoltre sul piano scientifico sia Stark che Lenard non erano più in grado di essere utili a Hitler come scienziati anche per ragioni d’età, per cui il Partito Nazista finì per esautorarli facendoli decadere dai loro incarichi. Stark ebbe litigi interminabili con la complessa burocrazia tedesca che lo portarono a presentare le dimissioni dal partito, ma fu costretto a ritirarle per le minacce rivolte a suo figlio Hans, arrestato dalla Gestapo.

La Deutsche Physik si esaurì completamente nei primi anni della guerra in quanto i nazisti si resero conto che per vincerla occorreva usare la scienza indipendentemente da chi l’avesse scoperta ed al di là di qualsiasi ideologia. Hermann Göring dichiarerà infatti in una conferenza del 1942 che Hitler avrebbe approvato la sospensione immediata delle leggi razziali nel caso di preminenti progetti di ricerca gestiti da validi scienziati anche se in tutto o in parte ebrei, o con moglie ebrea.

Lenard, già vecchio e malato alla fine della guerra, morirà nel 1947, lasciando Stark a difendere la ‘Deutsche Physik’ nei processi di “denazificazione”. A seguito di vari passaggi processuali, la Corte d’Appello di Monaco, dopo avere interrogato anche Heisenberg ed Einstein, che definirà Stark paranoico ed opportunista ma non sinceramente antisemitico, stabilì che la vicenda riguardava un dibattito scientifico che la Corte non poteva giudicare. Stark fu condannato ad una multa di mille marchi; morirà ottantatreenne nel 1957.

(1)    Beyerchen Alan: “Scientists under Hitler: Politics and the physics community in the Third Reich”. New Haven, Yale University Press (1977)

(2)    Foa Anna: “Nei roghi dei libri brucia anche l’anima di un popolo”. Avvenire, 9 agosto 2009

(3)    Jewish Telegraphic Agency, vol.1 n.148; jan.30 (1936)

(4)    Kragh Helge: “Quantum Generations. A history of physics in the twentieth century”. Princeton University Press (2002)

(5)    Lenard Philipp: “Deutsche Physik”.  J.F.Lehmann, München (1936)

(6)    Walker Mark: “Nazi science: Myth, truth, and the German atomic bomb”. New York, Harper Collins (1995)

(7)    Strangeside.com/nazi-physics-and-the-atom-bomb/

(8)    Ball Philip: “Serving the Reich: The struggle for the Soul of Physics under Hitler”. The University of Chicago Press (2014)

(9)    Cappellani Francesco: “Antonino Lo Surdo: dal premio Nobel sfiorato alla fondazione della Geofisica Italiana”. Incontri, n.10 (2015)

(10)   Stark Johannes: “The Pragmatic and the Dogmatic Spirit in Physics”. Nature, n.141 (1938)

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