‘La Guerra del Chaco’ (1932-1935). Di Alberto Rosselli.

Trimotore Junkers Ju 52 (boliviano).

Tra il 1932 e il 1935 la Bolivia e il Paraguay si affrontano per il predominio su una delle più inospitali ed aride regioni sudamericane. Storia del più sanguinoso, drammatico e forse inutile conflitto sudamericano del XX secolo.

Il Grande Chaco è una delle più inospitali regioni del continente sudamericano. Si tratta di un’immensa landa pianeggiante semidesertica, in buona parte disabitata, di 647.500 chilometri quadrati situata al confine tra Paraguay, Bolivia e Argentina.

Verso la metà del XIX secolo, questa regione era considerata assieme alla Terra del Fuoco una delle più povere e meno adatte ad insediamenti umani di tutto il continente sudamericano.

Nonostante l’estrema miseria del territorio (prima della scoperta di alcuni giacimenti di petrolio, avvenuta negli anni Venti, l’unica risorsa era rappresentata dal tannino estratto dalla pianta di quebracho, e da qualche misero pascolo) il Gran Chaco divenne l’oggetto di una lunga e sanguinosa disputa di confine tra i governi del Paraguay e della Bolivia, due battagliere nazioni sorte nella prima metà dell’Ottocento dalla disgregazione dell’impero coloniale spagnolo.

A dare origine a questa contrapposizione – che tra il 1932 e il 1935 sfociò nella più lunga e drammatica guerra latino-americana dell’epoca contemporanea – aveva senz’altro contribuito la superficialità e l’approssimazione con la quale gli antichi dominatori spagnoli avevano tracciato i limiti delle due audiencias , trasformatesi in seguito negli stati di Bolivia e Paraguay. Fu quindi a causa di documenti ambigui e di mappe molto imprecise, che all’indomani della conquista della loro indipendenza, i governi di La Paz e di Asunción ingaggiarono una disputa destinata con il tempo ad aggravarsi.

Nel 1884 – quando la Bolivia, battuta dal Cile nel corso della cosiddetta Guerra del Pacifico (1879-1884), fu costretta con il trattato di Valparaiso (4 aprile 1884) a cedere il suo unico sbocco sull’Oceano (la città e la provincia di Arica) – il governo di La Paz iniziò a prendere in considerazione l’acquisizione di uno scalo fluviale sul Paraguay, collegato seppur indirettamente all’Oceano Atlantico. Ma questo progetto venne respinto dal governo di Asunción che considerava il fiume, che tra l’altro delimitava una parte del Deserto del Chaco, come confine naturale con la nazione vicina.

Oltre a ciò, va ricordato che il Paraguay, già all’indomani della sua indipendenza, aveva iniziato a colonizzare la landa desertica in questione, abitata da una popolazione, quella dei guarani, a loro molto affine. In breve, il governo di Asunción aveva fatto leva su questo importante elemento per attivare soprattutto l’industria dell’estrazione del tannino e per favorire in qualche modo l’allevamento: iniziative, queste, che dopo molti sforzi erano riuscite ad ottenere un certo successo.

Tra il 1865 e il 1870, il megalomane dittatore paraguaiano, Francisco Solano Lopez, trascinò – sempre per dispute di confine – il paese in una disperata quanto valorosa guerra contro una forte coalizione formata da Brasile, Argentina e Uruguay. L’assurdo conflitto si concluse con la morte di Lopez e, cosa ben più grave, con la totale sconfitta del Paraguay che, a causa delle numerose battaglie, aveva visto la sua popolazione maschile ridursi ad appena 28.000 uomini e poco più di 200.000 donne.

Stremato dal disastro militare, il nuovo governo di Asunción dovette imboccare la strada della ragionevolezza e della rinascita, abbandonando qualsiasi conflitto territoriale con i vicini, almeno fino al 1878, quando, come si è detto, la Bolivia iniziò a fare pressioni per ottenere uno sbocco sul fiume Paraguay.

Per fare valere le rispettive ragioni, entrambe le nazioni si appellarono ad una serie di arbitrati internazionali condotti dall’Argentina, dal presidente statunitense Hayes e dal Re Leopoldo del Belgio: tentativi diplomatici che fino al 1928, riuscirono a mantenere abbastanza equilibrato il confronto tra i due paesi. In questa fase, caratterizzata da una guerra di carte bollate e dal ripescaggio di antichi decreti dell’epoca spagnola, sia il Paraguay che la Bolivia si affidarono a giuristi e a storici per riesumare dagli archivi documenti utili alla propria battaglia.

Nel frattempo, l’improvvisa scoperta di alcuni grossi giacimenti petroliferi situati nel Gran Chaco, iniziava a suscitare l’interesse di Stati Uniti e Inghilterra. Il timore di perdere il diritto sui pozzi (i primi sondaggi del terreno erano stati effettuati nel 1927 da un gruppo di tecnici della statunitense Standard Oil e della britannica Royal Shell), spinse il presidente paraguaiano José Guggiari a respingere definitivamente qualsiasi intesa mirata ad una spartizione della regione con il presidente boliviano Hernando Siles, anch’egli attratto dal miraggio dell’oro nero.

La crisi si aggravò a tal punto che il 6 dicembre 1928 tra le truppe boliviane e paraguaiane avvennero i primi scontri di confine. Per evitare il rischio di una guerra aperta, il Paraguay si appellò tuttavia alla Società delle Nazioni che si mise al lavoro per proporre l’ennesimo arbitrato, presentando il 31 agosto del 1929 un primo documento che venne tuttavia respinto da entrambi i contendenti.

Il 4 aprile 1930, dopo un anno e mezzo di continue scaramucce di confine e di battaglie diplomatiche, La Paz e Asunción giunsero però ad un’intesa e al comune riconoscimento, almeno temporaneo, dei vecchi confini sul Chaco. Ma si trattava in realtà di una semplice tregua accettata dalle parti soltanto per prepararsi a nuove, bellicose azioni. A sospingere la Bolivia e il Paraguay verso l’ennesima crisi contribuì l’affermarsi, in entrambe i Paesi, di governi dominati da un forte partito nazionalista.

Il 5 marzo 1931, la Bolivia elesse il suo 38° presidente, Daniel Salamanca Urey (1869-1935), succeduto a Carlos Blanco Galindo. Salamanca era un politico molto giovane che pur essendo affetto da una grave forma di invalidità, era tuttavia dotato di uno spirito orgoglioso e aggressivo. Uomo dalla verve sarcastica, egli era in realtà un nazionalista nostalgico, che per l’intera durata del suo mandato – che coincise più o meno con quella della guerra con il Paraguay – tentò in tutti i modi, anche quelli più scoperti e meno intelligenti, di riscattare un passato militare, quello boliviano, non propriamente brillante. Nell’intento di trovare un alleato disposto ad aiutare la Bolivia da impossessarsi del Chaco, Salamanca si rivolse alla potente Standard Oil, alla quale offrì, in cambio di aiuti diplomatici e militari, garanzie per lo sfruttamento dei giacimenti presenti nel deserto.

Dal canto suo, il più moderato ma assai più ambiguo presidente del Paraguay, il liberale Eusebio Ayala (1875-1942), stringeva accordi segreti ed altrettanto lucrosi con la Royal Shell, rivale della Standard, cercando nel contempo di tenere a freno gli ardimentosi ufficiali del suo esercito. Questi ultimi, appartenendo per la maggior parte alla razza guarani, erano infatti decisamente avversi a qualsiasi intromissione boliviana nel Chaco e scalpitavano per un’azione di forza preventiva contro lo scomodo e pericoloso paese confinante.

E fu così che, verso la fine del 1931, risultando ormai evidente che nessuna delle due nazioni era in realtà disposta a trovare una qualsiasi intesa pacifica sul Chaco, i governi di La Paz e di Asunción – forti anche dell’appoggio e dei buoni uffici concessi dalle rispettive compagnie petrolifere di riferimento – avviarono una sfrenata corsa agli armamenti, mettendo sul mercato tutte le proprie risorse, lecite ed illecite, per scovare armi, munizioni, attrezzature militari ed assoldare tecnici e consiglieri militari.

LE FORZE IN CAMPO

Il Paraguay

Negli Venti, sia il Paraguay che la Bolivia avevano avviato piani per riorganizzare le rispettive forze armate su modelli e schemi europei. A partire dal 1926, il Paraguay  – che fino allo scoppio della Prima Guerra Mondiale si era sempre servito di istruttori e armamenti provenienti in gran parte dalla Germania (anche se i primissimi ufficiali di Asunción erano stati istruiti nelle accademie militari cilene e argentine) – delegò a consiglieri francesi (affiancati da un gruppo di ufficiali russi “bianchi) l’organizzazione e l’addestramento dei suoi militari, pur continuando a servirsi di forniture di svariata provenienza.

Soldato paraguayano

Tra il 1920 e il 1927, il governo di Asunción aveva acquistato dalla Spagna 10.000 fucili Mauser di provenienza tedesca con relativo munizionamento, in grado di armare 20 battaglioni di fanteria; più alcune centinaia di mitragliatrici leggere danesi Madsen e 32 mitragliatrici pesanti statunitensi Browning. I reparti di artiglieria vennero invece equipaggiati con 8 obici da montagna francesi Schneider da 105 millimetri e 24 pezzi, sempre francesi, da 75 millimetri.

Nel 1928, dopo le prime scaramucce di confine con le forze boliviane, Asunción acquistò dal Belgio altri 7.000 fucili Mauser 1889 calibro 7.65 (in sostituzione dei mediocri fucili cileni e dei DWM calibro 7.65) e, un po’ più tardi, un discreto quantitativo di moschetti italiani modello 91 da 6.5 millimetri. Il Paraguay comprò anche altre 200 mitragliatrici Madsen e 24 mortai da trincea inglesi Stokes-Brand da 81 millimetri.

Nel 1931, il Paraguay poteva mettere in campo una forza di pronto intervento composta da 4.000 soldati regolari, affiancati da 16.000 riservisti. Dopo l’inizio delle ostilità con la Bolivia, il Paraguay acquistò in Europa altre grosse partite di fucili mitragliatori e mitragliatrici francesi, bombe a mano, diverse decine di mortai e cannoni e non pochi carri armati leggeri italiani Ansaldo CV33 o L3.

Dovendo controllare buona parte del corso del fiume Paraguay, nel 1930 il governo di Asunción si rivolse ancora all’Italia per l’acquisto di due monitori fluviali (battezzati l’Humanità e il Paraguay) da 845 tonnellate. Le due unità erano armate con un paio cannoni, tre mitragliatrici antiaeree leggere e due cannoncini automatici antiaerei da 40 millimetri.

Per quanto concerne l’aviazione, il Paraguay, a differenza della Bolivia, disponeva invece di un numero molto ridotto di mezzi. Tra il 1926 e il 1931, grazie all’intervento di una missione aeronautica francese, il Paraguay iniziò a formare il nucleo della sua arma. Proprio in quel periodo, il governo di Asunción acquistò dalla Francia 3 addestratori Hanriot HD 32, due addestratori Morane Saulnier 35, sei bombardieri leggeri Potez 25 e 4 caccia Wibault 73. Nel 1932, l’aviazione paraguaiana poteva fare conto su 10 aerei da caccia e circa 20 da trasporto, ricognizione e addestramento, con 37 tra piloti e specialisti. Nel corso del conflitto con la Bolivia, l’aviazione paraguayana acquistò però dall’Italia 5 eccellenti caccia biplani Fiat CR20 e alcuni assaltatori monoplani Bergamaschi AP.1.

La Bolivia

Nel 1911, sull’onda delle riforme modernizzatrici avviate dal presidente Eleodoro Villazon, il governo boliviano iniziò a stanziare importanti somme per l’ingaggio di ufficiali e istruttori europei, in gran parte tedeschi, e per l’acquisto di un consistente quantitativo di mezzi, armi e munizioni.

Truppe boliviane sfilano lungo una via di La Paz

La visita a La Paz compiuta in quell’anno da una folta delegazione germanica (di cui faceva parte, tra gli altri, il generale Hans Kundt, futuro comandante dell’esercito boliviano) diede infatti forte impulso ai rapporti tra i due stati, favorendo un proficuo commercio di armi.

Negli anni Venti, l’esercito boliviano, che poteva fare conto su un nucleo centrale di 6.000 soldati regolari, acquistò un elevato quantitativo di pistole tedesche Luger e Mauser e statunitensi Browning e Colt. Mentre, tra la fine degli anni Venti e la metà degli anni Trenta, l’esercito di La Paz si rifornì di numerosi fucili automatici cecoslovacchi modello VZ 23-24 e di moschetti modello 1891 e 1907 di provenienza argentina. Nel corso della Guerra del Chaco, i boliviani reperiranno anche 39.000 moderni fucili Mauser con milioni di cartucce, moderne pistole mitragliatrici tedesche Schmeisser MP 28II e modello ’34; 3.350 mitragliatrici Maxim e Vickers e di altri modelli; circa 25 cannoni antiaerei leggeri Oerlikon da 20 mm.;sessantaquattro cannoni da montagna da 57 millimetri e svariati pezzi francesi e inglesi da 47, 65, 75 e 105. Più un primo lotto di cinque carri armati di fabbricazione inglese Vickers da sei tonnellate e alcuni carri leggeri Carden Lloyd MK VI.

Il Comando Supremo boliviano curò molto anche l’arma aerea, considerata indispensabile come elemento di supporto alle forze di terra. Dopo avere acquistato, nel 1925, un primo variegato quantitativo di caccia, bombardieri e ricognitori, tutti di fabbricazione europea (5 Fokker C-Vs, 2 Fiat BR, 2 Bréguet XIX, dieci Bristol F.2B, nove Martinsyde e 11 Avro 504s), il governo di La Paz affidò al capace maggiore Bilbao Rioja il compito di riorganizzare radicalmente l’arma in tutte le sue componenti. Nel 1927, l’aviazione boliviana ordinò alla Gran Bretagna nove caccia Vickers e ricevette dalla Francia altri sei robusti bombardieri Bréguet XIX. Nel 1932, la Bolivia, grazie all’opera del maggiore Rioja, disponeva di una delle più efficienti aviazioni militari del Sud America. Nel corso della Guerra del Chaco (1932-1935), il governo di La Paz investì ulteriori risorse per dotarsi di aerei sempre più efficaci e moderni. Nel 1933 vennero acquistati alcuni bombardieri-ricognitori statunitensi Curtiss, trasporti tedeschi Junkers W34 e diversi, grossi trimotori da trasporto e bombardamento Junkers Ju52.

I comandi dei due eserciti

Allo scoppio della Guerra del Chaco, il comando dell’esercito paraguaiano dipendeva dal colonnello José Felix Estgarriba Insaurralde (18881940), un giovane ufficiale di formazione europea che aveva già alle spalle una brillante carriera militare e che, dopo la guerra con la Bolivia, sarebbe diventato un abile politico, ricoprendo, tra il 15 agosto 1939 e il 7 settembre 1940, la carica di presidente del Paraguay.

Dopo avere frequentato, tra il 1911 e il 1913, l’Accademia Militare del Cile, Estgarriba – uomo di notevole carisma, disciplina e attitudine allo studio – ebbe modo di affinare ulteriormente le sue doti e la sua esperienza nel corso della rivoluzione del 1922. Promosso al grado di maggiore, egli si recò in Francia dove tra il 1927 e il 1928 frequentò i corsi della prestigiosa Ecole Superieur de Guerre di Saint-Cyr. Rientrato in patria, Estgarriba ricevette, nel 1931, l’incarico di comandante in capo delle forze armate paraguaiane poste a difesa della regione del Chaco.

Accorto, prudente ma dotato di mentalità molto spregiudicata, Estgarriba avrà modo di dimostrare in più occasioni queste sue qualità. Sostenitore della guerra di movimento e dell’utilizzo di piccole e manovrabili unità, questo condottiero sarà l’artefice delle più importanti vittorie conseguite dall’esercito paraguaiano ai danni della Bolivia, meritandosi la stima incondizionata dei suoi uomini e quella del governo di Asunción.

Nel 1932, a capo dell’esercito boliviano si trovava invece un comandante straniero, il generale tedesco Hans Kundt (1869-1939). Dopo avere combattuto, durante la Prima Guerra Mondiale, sul fronte russo, nel 1918 Kundt era stato promosso generale, nonostante i non brillanti risultati ottenuti sul campo. Kundt si rivelerà comunque un buon organizzatore ed addestratore di truppe, anche se gli mancherà quella elasticità di pensiero di cui era dotato il suo avversario Estgarriba.

Il generale tedesco riformò i ranghi disomogenei delle divisioni boliviane, ma sarà sempre incline ad impiegare le forze a sua disposizione secondo criteri operativi tattici superati. Per fare un esempio, durante la guerra con il Paraguay, Kundt farà avanzare lungo le desolate e torride pianure del Chaco le sue colonne (prevalentemente composte da indios abituati ai salubri climi dell’altipiano andino), appesantite e rallentate da innumerevoli carriaggi, in formazioni troppo compatte, e soprattutto visibili, per cercare di costringere l’avversario ad una grande battaglia campale.

Kundt inoltre non darà mai credito – cosa abbastanza strana per un ufficiale tedesco – alla cooperazione tra esercito e aviazione e perfino al ruolo della ricognizione aerea. Nel corso del conflitto, il generale tedesco tenterà sempre – forse anche a causa delle continue pressioni esercitate su di lui dell’impaziente governo di La Paz – di portare a termine un’occupazione capillare, ma in fondo inutile, dei territori abbandonati dal nemico senza badare agli innumerevoli svantaggi logistici che sarebbero derivati da questa dispendiosa strategia. Il suo avversario, il generale Estgarriba, gli contrapporrà invece una difesa elastica e intelligente, condotta da unità leggere guarani, molto portate per la guerriglia e, soprattutto, bene abituate al clima infernale del Chaco e alla sua cronica mancanza d’acqua.

La guerra

Dopo alcune brevi azioni preliminari, colpi di mano e ricognizioni lungo il confine che separava i due stati, nel giugno 1932, il presidente Salamanca – senza ricorrere ad una formale dichiarazione di guerra – decise di attaccare il nemico. E il generale Kundt ordinò senza indugi alla 4a divisione di fanteria, dislocata nella zona montana di Camiri, di avanzare verso la piana del Chaco.

Il 10 giugno, dopo una faticosa marcia di quasi una settimana, circa 1.400 uomini appartenenti alla 4a divisione arrivarono ai bordi del deserto. Dopo avere abbandonato i 22 camion che li avevano in parte trasportati dai contrafforti andini (il Chaco era privo di strade), i soldati boliviani proseguirono in direzione sud su due colonne, affiancate da alcune cordate di muli e asini carichi di munizioni, vettovagliamento e acqua potabile. Soltanto gli ufficiali disponevano di una cavalcatura, mentre tutti i fanti erano costretti ad arrancare sotto il peso delle armi e degli zaini con oltre 30 gradi di temperatura.

Finalmente, il 15 giugno, il reparto boliviano giunse in vista del primo avamposto paraguaiano. Era il piccolo forte Carlos Antonio Lopez: una costruzione di scarso valore bellico, difesa da poche decine di militari, posta a guardia del laghetto Pinantuten, una delle poche pozze d’acqua della regione. Dopo avere fatto riposare gli uomini, gli ufficiali boliviani fecero circondare la costruzione e poco dopo la attaccarono. La battaglia fu brevissima e la guarnigione paraguaiana alzò dopo neanche mezz’ora la bandiera bianca. Nello scontro perse la vita un solo uomo: il caporale boliviano Liborio Tavalera. Ma da questo momento, per tre lunghi anni, quasi 300.000 soldati boliviani e paraguaiani si affronteranno con estrema ferocia e con alterna fortuna per accaparrasi lembi di terra inospitale, pozzi d’acqua, oasi e piccoli insignificanti villaggi, lasciando sul terreno decine di migliaia di morti.

* * *

Nei primi mesi di guerra, l’esercito boliviano del generale Kundt registra una serie di significativi anche se parziali successi, penetrando, seppur lentamente, nel cuore del deserto del Chaco. Per tutta l’estate del 1932, le colonne di Kundt, che si avvale anche di una discreta forza aerea, non riescono però ad agganciare il nemico. Kundt, come si è detto, è un ufficiale all’antica e sostiene l’utilità delle grandi masse di manovra (senza peraltro disporre di adeguati mezzi a motore) non tenendo in giusta considerazione l’indispensabile cooperazione tra le forze aeree (di cui dispone abbastanza largamente) e quelle terrestri.

Egli fa poco per arginare e controbattere le frequenti ed efficaci azioni di guerriglia condotte ai danni delle sue retrovie e dei suoi fianchi dai mobili gruppi armati del generale Estgarriba. Kundt non pensa ad altro che ad inseguire l’avversario e a conquistare estesi quanto inospitali territori, tra l’altro molto difficili da conservare e da difendere.

Per Estgarriba, cultore della guerra guerreggiata alla Lawrence d’Arabia, la tattica di Kundt è un invito a nozze. La sua formula è: “difendere il Chaco abbandonandolo”. Un po’ come farà, nell’estate del 1942, l’esercito russo quando lascerà ai tedeschi l’onore e l’onere di conquistare e controllare l’immensa Steppa dei Calmucchi (a sud-est di Stalingrado), preferendo arretrare fino alla più solida e comoda linea del Volga. Ciononostante, ad un certo punto anche Estgarriba viene costretto dal suo governo ad intraprendere una controffensiva di tipo tradizionale.

Nell’estate del 1932, il generale paraguaiano, con una manovra aggirante, fa penetrare una colonna in territorio boliviano. La manovra è rapida e, tra il 27 e il 28 luglio, porta alla conquista dei villaggi di Corrales e Toledo; proprio mentre le truppe boliviane, che hanno da poco conquistato l’avamposto del lago Pinantuten, stanno puntando verso sud per attaccare l’importante forte Boqueron che, dopo feroci combattimenti, viene espugnato alla fine di luglio. In agosto, il 1° Corpo d’Armata boliviano (composto da 4.000 soldati) viene dislocato nella zona sud-occidentale del Chaco, mentre altri 2.000 soldati, organizzati su due formazioni chiamate pomposamente divisioni, vengono posizionate nella zona nord-orientale del grande deserto.

Per consolidare le sue precarie linee, verso la fine di agosto il generale Kundt invia verso il fronte altri 6.000 uomini. Ed Estgarriba, per controbattere alle mosse dell’avversario e sbarrargli la strada, raduna a Isla Poì un Corpo di 8.000 uomini, facendone trincerare altri 1.500 nell’importante nodo di Nanawa, situato nel Chaco sud- orientale. Oltre a ciò, per proteggere il corso superiore del fiume Paraguay, che rimane uno degli obiettivi principali di Kundt, Estgarriba sposta in questa zona la 3a Divisione formata da 3.000 uomini, appoggiati da sei pezzi da campagna Schneider, richiamando con urgenza da Asunción altri 3.000 rinforzi.

Alla fine di agosto, con l’entrata in funzione dell’aeroporto trampolino di Isla Poì, i paraguaiani acquisiscono sull’avversario un notevole vantaggio in quanto lo possono controllare dall’alto. Gli aerei paraguaiani iniziano infatti ad individuare le lunghe e lente colonne autocarrate, di fanteria e di cavalleria boliviane che dalla base logistica di Villa Montes si dirigono in direzione sud e sud-est, alzando densi polveroni.

In questa fase della guerra, i paraguaiani dimostrano tutte le loro doti organizzative. Sfruttando il corso del fiume Paraguay, Estgarriba può fare arrivare rapidamente nell’estremo a nord-est, cioè sul fianco sinistro dell’armata boliviana, un notevole numero di soldati e grossi quantitativi di rifornimenti. Risalito il fiume fino all’approdo di Puerto Casada, i paraguaiani possono – usufruendo anche di una piccola ma utile ferrovia a scartamento ridotto – raggiungere ed alimentare facilmente il caposaldo e la base aerea di Isla Poì che si trova ad appena 18 chilometri dalla linea ferrata. Incredibilmente, tutti questi spostamenti non vengono quasi mai individuati ed ostacolati dalla pur forte aviazione boliviana, le cui basi di appoggio, a dire la verità, risultano ubicate a troppa distanza dal fronte.

Verso l’inizio di settembre del 1932, il Comando paraguaiano progetta di riconquistare il caposaldo e la regione di Boqueron. Ma questa volta Kundt non si lascia sorprendere. Dopo avere rinforzato per tempo la strategica area, il generale tedesco ordina finalmente ai suoi reparti aerei da caccia e da ricognizione di sorvegliare la zona per individuare eventuali spostamenti di truppe nemiche.

L’8 settembre, due caccia boliviani Vickers attaccano con mitragliatrici e piccoli ordigni un reggimento paraguaiano in marcia verso Boqueron, infliggendogli perdite notevoli. Per evitare guai peggiori, il generale Estgarriba impartisce alle sue truppe l’ordine di muoversi soltanto la notte, rimanendo al coperto della boscaglia durante il giorno per sfuggire agli attacchi aerei nemici.

Intanto su tutto il teatro di guerra si moltiplicano le azioni da ambo le parti. Il 9 settembre, un’intera colonna boliviana appartenente al 13° reggimento di fanteria, proveniente dalle retrovie e diretta a Forte Boqueron, cade in un’imboscata tesa da un raggruppamento mobile paraguaiano, sfuggito alla ricognizione aerea, e viene annientata.

Tra il 9 e il 10 settembre 1932, circa 9.000 soldati paraguaiani, appartenenti al 1° Corpo, scatenano un attacco contro Forte Boqueron. La battaglia che segue è molto cruenta. Le truppe boliviane (1.200 tra ufficiali e soldati armati di fucili, mitragliatrici e qualche cannone leggero), agli ordini del comandante Morzana, si difendono con estremo accanimento per ben 20 giorni contro forze almeno sei volte superiori. Nel corso dell’assedio, l’aviazione boliviana cerca di rifornire con aviolanci la guarnigione, ma data la ristrettezza dell’obiettivo gran parte dei paracadute finiscono entro le linee paraguaiane. Poi, esaurite tutte le munizioni e i viveri, i boliviani si arrendono. Dalle macerie del fortino escono a mani alzate i superstiti: 20 ufficiali e 500 soldati.

Eliminato l’ostacolo, le truppe di Estgarriba (che nella battaglia hanno perso 1.500 uomini) avanzano in territorio boliviano, fino ad assediare la città di Saavedra, che Kundt ha però provveduto a fortificare. Il 10 novembre 1932, le fanterie paraguaiane e boliviane si battono all’ultimo sangue, ma dopo ore ed ore di cariche, contro cariche e scontri all’arma bianca, si ritirano. La durissima anche se breve battaglia di Saavedra, che è costata ad entrambi i contendenti circa 1.000 tra morti e feriti, non apporta alcuna modifica alla situazione militare.

Terminata la campagna di Boqueron, che costa ad entrambi i contendenti perdite gravissime, sia Estgarriba che Kundt interrompono le operazioni per cercare di riordinare e rimpolpare le file dei loro esausti eserciti con nuovi coscritti e nuovi armamenti di provenienza estera.

In questo periodo, anche i vicini stati latino-americani prendono posizione – a seconda dei propri interessi – nei confronti della guerra in corso. Nella fattispecie, l’Argentina, che ha alcuni conti in sospeso con il governo di La Paz, inizia a fornire aiuti militari al Paraguay; mentre il Brasile, da sempre in lite con il governo di Asunción per questioni di confine, concede tutto il suo appoggio alla Bolivia. A parlare di pace rimangono quindi la Società delle Nazioni, il presidente americano Roosevelt e papa Pio XI che, a più riprese ma senza alcun successo, invitano i due Paesi ad una tregua.

Nel novembre 1932, un tentativo di avanzata paraguaiano verso il confine boliviano viene bloccato quasi sul nascere, consentendo al generale Kundt di impostare, nel successivo mese di dicembre, una controffensiva che si avvale di un forte appoggio aereo. All’operazione parteciparono, tra l’altro, alcuni grossi trimotori da trasporto Junkers Ju52 appena giunti dalla Germania: mezzi che tuttavia se la devono vedere con i moderni caccia Fiat CR20 paraguaiani.

Tra il 12 e il 13 dicembre, l’8a divisione boliviana sconfigge i paraguaiani al chilometro 7 lungo la pista che conduce all’importante caposaldo di Nanawa, difeso da una consistente guarnigione al comando di ufficiali russi “bianchi” veterani della Guerra Civile. Le sorti della guerra sono in bilico, anche se Kundt appare in leggero vantaggio sull’avversario. Verso la fine di dicembre, i boliviani, dopo avere consolidato le loro posizioni a Saavedra e avere riconquistato il forte di Plantanillos, giungono a pochi chilometri da Nanawa, ma vennero fermati dalle forze paraguaiane che vengono rifornite dall’aria.

Temendo di perdere la posizione, Estgarriba aveva fatto allestire nei pressi del forte un campo di aviazione per consentire l’atterraggio dei suoi bombardieri leggeri Potez 25 trasformati per l’occasione in aerei da trasporto.

Per tutto il mese di gennaio 1933, le forze di Kundt tentano di sfondare il fronte e di occupare Nanawa, anche con l’appoggio dell’aeronautica, ma alla fine il generale tedesco è costretto a desistere. Verso i primi di febbraio, infatti, i boliviani scatenando un dispendioso e abbastanza inutile attacco diversivo in direzione del villaggio di Toledo. Ma Kundt continua a concentrare i suoi sforzi su Nanawa.

Nel luglio 1933, i boliviani tentano un massiccio un assalto frontale alla posizione con il sostegno dell’aviazione, dell’artiglieria e di cinque carri armati Vickers. I difensori, tuttavia, riescono a respingere l’attacco grazie all’arrivo di nuovi rincalzi dotati di artiglieria. Le cariche boliviane si infrangono contro la linea di fuoco che circonda l’importante caposaldo (ormai soprannominato la “Verdun del Chaco”) accusando gravissime perdite. Dopo avere lasciato sul campo oltre 2.000 soldati, i valorosi reparti di Kundt debbono, infine, ritirarsi. Estgarriba ha vinto ed è riuscito, tra l’altro, a contenere le perdite. I paraguaiani accusano, infatti, soltanto 149 morti e 400 feriti.

Ma la campagna di Nanawa, nel suo complesso, ha in realtà fiaccato tutt’e due i contendenti. Un’interruzione delle operazioni appare indispensabile, da ambo le parti. A conti fatti, dopo circa otto mesi di combattimenti, boliviani e paraguaiani si trovavano più o meno sulle posizioni di partenza, anche se le forze di Estgarriba marcano al loro attivo la conquista e il mantenimento di svariate posizioni nemiche.

Ma alla fine di settembre – dietro pressione dei due governi che vogliono chiudere la partita prima del collasso (sia La Paz che Asunción sono infatti molto vicine al tracollo finanziario) – i comandanti sono costretti a riprendere le operazioni. Tra l’ottobre e il novembre 1933, l’aviazione e i reparti terrestri paraguaiani individuano nell’area di Campo Via il punto debole dell’intero schieramento boliviano.

Estgarriba decide, con una manovra a sorpresa, di concentrare in quello scacchiere poco presidiato buona parte delle sue forze. E il 3 dicembre 1933 scatena un attacco a tenaglia contro la 4a e la 9a divisione boliviana. L’improvvisa offensiva travolge le difese nemiche mettendo subito in seria difficoltà il generale Kundt che, pur essendo stato precedentemente avvisato dai suoi reparti da ricognizione aerea circa diversi movimenti di truppe nemiche nella zona di Campo Via, non ha provveduto a rinforzare le sue linee.

Comunque sia, il 10 dicembre, le forze boliviane tentano di contrattaccare per liberare dall’accerchiamento alcuni battaglioni travolti dall’improvvisa offensiva nemica. L’operazione venne appoggiata da alcuni reparti aerei che per errore bombardano i concentramenti di truppe amiche.

Pochi giorni dopo, le due divisioni boliviane precedentemente circondate sono costrette alla resa. Per la Bolivia si tratta di una sconfitta gravissima. Le forze di Kundt lamentano la perdita di oltre 9.000 soldati (2.600 caduti sul campo e 7.500 fatti prigionieri). Oltre a ciò. i paraguaiani riescono a mettere le mani su grossi quantitativi di armi e munizioni (tra cui 8.000 fucili, 536 mitragliatrici, 25 mortai e 20 pezzi d’artiglieria).

La notizia e i dettagli del disastro giungono a La Paz, creando un enorme sgomento tra la popolazione. Il presidente Salamanca, infuriato, cerca di correre ai ripari e destituisce immediatamente Kundt, sostituendolo con il colonnello Enrique Peñaranda (1892-1969).Questi, dimostrando capacità decisamente superiori a quelle del suo predecessore e un notevole sangue freddo, si dà subito da fare per riorganizzare e rincuorare le malconce e demoralizzate truppe boliviane che, nel frattempo, sono state costrette ad arretrare di molto sotto l’incalzare dei reparti paraguaiani.

Peñaranda, avvalendosi per quanto concerne il comando sul campo dell’ottimo tenente colonnello, poi generale, Bernardino Bilbao Rioja, sfugge abilmente qualsiasi tentativo di agganciamento nemico, costringendo i paraguaiani ad addentrarsi imprudentemente in territorio ostile e ad allontanarsi troppo dalle proprie retrovie, organizzando nel frattempo una forte linea difensiva nell’area di Ballivian, nel Chaco centrale.

Nel maggio 1934, Rioja scatena un’improvvisa offensiva a forbice contro l’avanzante 2a divisione paraguaiana, circondandola a Canada. Estgarriba cerca di fare sgusciare fuori dalla trappola la sua unità e ci riesce, seppur al prezzo di perdite gravissime. La 2a divisione lascia sul campo 500 morti e altrettanti feriti; ben 1.500 soldati vengono inoltre catturati dai boliviani assieme ad un grosso quantitativo di armi e munizioni. Peñaranda esulta, ma non per molto.

Dimostrando una capacità di reazione veramente notevole, nel luglio Estgarriba, dopo avere fatto richiamare dalle retrovie tutti i rincalzi, parte alla controffensiva con un improvviso attacco contro le posizioni nemiche di Picuiba, dove paraguaiani e boliviani si scannano in una battaglia dalle sorti incerte.

Nel novembre 1934, Estgarriba prosegue la sua azione non dando tregua al nemico e a El Carmen coglie una delle sue più importanti vittorie travolgendo il Corpo di Riserva Boliviano. Al termine di questa ennesima, feroce battaglia, le forze di Peñaranda vengono messe in rotta, accusando pesantissime perdite. Su circa 8.000 soldati, ben 2.000 vengono uccisi e 4.000 fatti prigionieri, con armi e bagagli. Per l’esercito boliviano è l’inizio della fine.

Alla fine di novembre, il presidente Salamanca si reca a Villa Montes, dove Peñaranda ha installato il suo quartiere generale, ed esautora il colonnello, sostituendolo seduta stante con il generale Lanza. Ma Peñaranda non ci sta. E la notte del 27 novembre, grazie alla complicità delle truppe del maggiore Germán Bush Becerra e del colonnello José David Toro Ruilova l’ex-comandante in capo dell’esercito boliviano circonda la villa dove si trovano il presidente e il generale Lanza.

Peñaranda chiede a Salamanca di ritornare sulla sua decisione e questi, che a denti stretti è costretto ad accettare per evitare un golpe e venire rimosso, non gli risparmia, però, un lampo del suo noto sarcasmo: “Complimenti, amico mio. Questa notte è finalmente riuscito a portare a compimento il suo primo accerchiamento”. Ragione per cui, i miliari destituiscono Salamanca (che morirà nel luglio dell’anno seguente nel suo ‘ritiro’ di Cochabamba) sostituendolo il suo vice, il liberale José Luis Tejada Sorzano che rimarrà in carica fino al 16 maggio 1936 quando, in seguito ad un golpe,  verrà destituito dal generale Germán Busch Becerra.

Pochi giorni dopo, il 30 novembre, sarà lo stesso Peñaranda a cadere vittima di un nuovo, rapidissimo licenziamento. Richiamato Kundt, il presidente Salamanca lo investe dei pieni poteri e il generale tedesco, appoggiato da un corpo di fedelissimi, destituisce Peñaranda riprendendo il comando di un esercito, in realtà, ormai prossimo al collasso.

Galvanizzato dai successi conseguiti ed al corrente della grave situazione interna del paese nemico, Estgarriba insiste nella sua offensiva e si appresta a sferrare al nemico, ormai barcollante, il colpo finale. Nel dicembre, i paraguaiani attirano in una  trappola mortale ciò che resta del Corpo di cavalleria boliviano. Fingendo una ritirata, i reparti di Estgarriba dislocati nella regione di Picuiba, confondono le idee all’avversario. Essi inducono i reparti boliviani a cavallo ad avanzare in un’area completamente deserta, quella di Yrendagué, i cui unici pozzi hanno provveduto per tempo ad avvelenare o distruggere. Ormai penetrati per oltre cento chilometri nella landa assolata e deserta alla ricerca di un nemico sfuggente, i reparti boliviani rimangono ben presto senz’acqua. Si apre uno dei capitoli più drammatici dell’intera Guerra del Chaco. La compagine si spezza. Settemila cavalleggeri boliviani iniziano a vagare per giorni alla disperata quanto vana ricerca di un pozzo. Ben presto, un terzo dei cavalli muore di sete e i boliviani si avventano sugli animali per bere il loro sangue. Molti soldati impazziscono per il caldo e la sete. Alcuni si uccidono per non diventare il pasto delle centinaia di avvoltoi che nel frattempo, attirati dalla tragedia, convergono sulle colonne. Secondo le stime del Comando boliviano, nel deserto di Picuiba scompaiono 3.000 cavalli ed oltre 1.600 soldati.

Il disastro obbliga Peñaranda ad impartire l’ordine di ritirata generale. Nel gennaio del ’35, ciò che rimane dell’esercito boliviano abbandona il Chaco e ripiega verso la Bolivia, in direzione di Villa Montes. Estgarriba comprende che il nemico è alle corde e lo incalza. Nell’aprile 1935, le prime avanguardie paraguaiane attraversano il Rio Parapiti, entrando in territorio boliviano. A fine mese, alcuni reparti di Peñaranda contrattaccano ed ottengono qualche modesta vittoria. Ma non è altro che il canto del cigno.

Nella prima decade di giugno, il nuovo governo di La Paz cerca la strada della pace: l’esercito è dissanguato (ha perso 100.000 uomini) e le casse dello stato sono in rovina (la guerra è costata oltre 200 milioni di dollari). Strada che viene aperta dal ministro degli Esteri argentino (premio Nobel per la Pace, 1936) Carlos Saavedra Lamas. Questi, infatti, presenta – a nome della Conferenza Panamericana riunitasi a Buenos Aires e alla quale partecipano Brasile, Cile, Perù, Uruguay e Stati Uniti – un documento di tregua che, tra lo stupore generale, viene accettato senza riserve dai plenipotenziari boliviani e paraguaiani. Secondo i termini dell’intesa di pace, che verrà però siglata soltanto il 21 giugno 1938, la stremata Bolivia rinuncia a tutte le sue pretese sul Chaco, lasciando al Paraguay, uscito a pezzi dal conflitto (avendo avuto circa 200.000 morti, per alcuni anni l’amministrazione pubblica del Paese dovrà fare ricorso al massiccio contributo delle donne), centocinquantamila chilometri quadrati di inospitale deserto: un assurdo inferno nel quale hanno trovato la morte quasi 200.000 tra soldati boliviani e paraguaiani.

FINE

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

Dan Hagedorn & Antonio L. Sapienza, Aircraft of the Chaco War, Published Schiffer, 1997

Bruce W Farcau, The ChacoWar: Bolivia and Paraguay, 1932-1935, Published Praeger, 1996

David Zook,The Conduct of the Chaco War, Published Bookman Associates, 1960

Edd McLendon CarterThe Chaco War, Thesis (M.A.) / Published University of Texas at El Paso, 1961

La Guerra del Chaco, Storia Illustrata, n.150, maggio 1970.

Marshal Estgarribia’s memoirs of the Chaco War, Holt, London, 1950

Lascia il primo commento

Lascia un commento