Volontari giapponesi tra le file Viet Minh. Di Alberto Rosselli.

Volontari giapponesi tra le file Viet Minh

 

di Alberto Rosselli

 Sfogliando l’ottimo compendio del professor Christopher Goscha del Département d’Histoire de l’Université du Québec all’altrettanto ottimo libro di Marilyn B. Young e Robert Buzzanco A Companion to the Vietnam War (Blackwell, 2002), non si può che rimanere rapiti da un capitolo decisamente interessante della dura e lunga contesa tra Francia e Viet Minh che, come è noto, si concluse all’indomani della resa dell’ormai leggendario “campo trincerato” di Dien Bien Phu (7 maggio 1954), con il definitivo abbandono dell’Indocina da parte delle forze transalpine. Il capitolo in questione fa riferimento “alla militanza tra le file dell’esercito comunista vietnamita di un consistente nucleo di volontari provenienti dalla Trentottesima Armata nipponica del generale Yuitsu Tsuchiashi posta a presidio all’ex colonia francese fino al 1° settembre 1945”. Circa la cooptazione – prevalentemente forzata – di militari e tecnici nipponici nelle file dell’Armata Rossa di Mao Tze Tung impegnata, tra il 1946 e il 1950, contro le forze nazionaliste di Chanh Khai Shek, buona parte degli studiosi è sufficientemente edotta, mentre nulla o assai poco si sapeva del ruolo svolto da ‘volontari’ nipponici a fianco dei Viet Minh. Trattasi, a nostro parere, di una pagina di storia affascinante e soprattutto indicativa, in quanto fa luce su due particolari aspetti della mentalità della casta militare del Tenno, e cioè l’attitudine da parte del militare fedele all’imperatore a continuare a battersi per l’onore al di là di un’evidente sconfitta (ad esempio quella subita nel Secondo Conflitto) e la tradizionale avversità dei vertici nipponici nei confronti di ogni forma di colonialismo o ingerenza di marca occidentale nelle terre del lontano Oriente. Già a partire dalla vittoriosa guerra contro la Russia zarista del 19041905, il movimento nazionalista e imperialista nipponico evidenziò, infatti, la sua particolare matrice filo-asiatica e pan-asiatica: duplice peculiarità che, in seguito, almeno fino al 1945, influenzerà non poco la politica estera e le mire espansionistiche di Tokyo in funzione sostanzialmente antieuropea e antiamericana, arrivando a condizionare (e complicare) perfino i rapporti di cooperazione del periodo 1938-1945 con i Paesi dell’Asse. Ma veniamo alla vicenda. Stando alle notizie fornite dal professor Goscha, il 1° settembre 1945 erano presenti in Indocina circa 54.000 militari nipponici dei quali, entro il dicembre 1946, 32.000 furono fatti rimpatriare dal generale Philippe Leclerc sbarcato subito dopo la fine del conflitto per riprendere possesso della colonia. Ora, se si escludono i 3.000/3.500 soldati giapponesi fuggiti nell’agosto del ‘45 con mezzi di fortuna nell’isola cinese di Hainan per proseguire la loro ormai disperata lotta contro gli Alleati, risulta che 19.000 militari del Sol Levante ancora presenti in Vietnam, Laos e Cambogia abbiano preferito darsi alla macchia per poi confluire, almeno in parte (si parla di 5/6.000 tra ufficiali e soldati), nelle schiere del movimento indipendentista Viet Minh del generale Võ Nguyên Giáp che, non potendo ancora contare su un esercito moderno, li accolse a braccia aperte. Tra il 1946 e il 1954, il contributo nipponico alle operazioni contro le forze francesi si rivelò determinante, sia sotto il profilo organizzativo che operativo. Qualche esempio. Nella provincia di Thai Nguyen, unità del genio giapponesi costruirono la prima fabbrica d’armi Viet Minh, mentre nell’area di Hanoi, il politologo Kiyoshi Komatsu mise in piedi il “Comitato Internazionale per l’Aiuto e Sostegno del Governo Viet Minh”. A Quang Ngai, sei ufficiali nipponici fondarono la prima Scuola di Guerra Comunista che, a partire dal 1947 fu affidata da Giáp  al maggiore Ishii Takuo, un ex ufficiale della 55ª Divisione giapponese di stanza in Birmania, destinato in seguito ad diventare colonnello e capo dei reparti guerriglieri comunisti del sud del Paese dove, in località Trung Bo, operarono altri 36 ufficiali del Tenno. Nel corso del 1947, nella zona di Hue, le truppe francesi riferirono di essere state più volte attaccate da “reparti giapponesi” (nell’autunno, circa 500 guerriglieri nipponici agli ordini del colonnello Ishii effettuarono molti colpi di mano uccidendo almeno 70 militari transalpini e ferendone un centinaio). Nel 1948, il colonnello Koshiro Iwai guidò diverse unità vietnamite in brillanti operazioni a ridosso delle linee francesi e, l’anno seguente, creò il 174° Reggimento Viet, equipaggiandolo con i primi pezzi d’artiglieria ceduti dall’esercito di Mao agli insorti indocinesi. Insomma, l’adesione alla causa comunista risultò vasta e significativa, anche se va detto che una parte dei ‘volontari’ giapponesi “fu in realtà costretta a collaborare con i Viet Minh”. Per fare un esempio, tra il 1947 e il 1951, due medici e 11 infermiere giapponesi prestarono servizio obbligatorio presso diversi ospedali da campo ed oltre 1.000 tra civili e funzionari dell’ex Impero fecero altrettanto all’interno delle strutture amministrative rivoluzionarie. Fonti francesi e americane riferiscono che nel 1945, Giáp non si fece scrupolo ad accogliere nelle sue file anche 230 tra ufficiali e graduati e 47 agenti del Kempetai (il servizio segreto giapponese) che, nel corso della Seconda Guerra Mondiale, si erano macchiati di atrocità nei confronti di prigionieri alleati e persino di civili vietnamiti. Tra questi, il colonnello Mukaiyama al quale i dirigenti comunisti concessero la cittadinanza e falsi documenti. Per la cronaca, Mukayama rimase ucciso nel dicembre 1947 a Cho Chu nel corso di uno scontro con un reparto di paracadutisti francesi. La cooperazione nippo-vietnamita terminò, seppure parzialmente, dopo la firma degli Accordi di Ginevra del 1954, quando, spinto da motivazioni di opportunità politica, Giáp preferì espellere quasi tutti i ‘volontari’ del Sol Levante. Soltanto 71 di essi fecero ritorno in Patria, mentre la maggior parte trovarono rifugio in Cina e in alcuni Paesi dell’Europa Orientale. Un piccolo gruppo, composto in maggior parte da aguzzini del Kempetai e del quale faceva parte il colonnello Tsuji Masanobu (accusato dagli Alleati di avere fatto massacrare, nel 1942, a Bataan e Singapore, centinaia di prigionieri americani e civili filippini e malesi), venne comunque trattenuto ed in seguito ‘utilizzato’ dai comunisti per effettuare azioni di guerriglia contro le truppe americane sbarcate nel 1964 nel Sud Vietnam.

 

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