Seconda Guerra Mondiale: I totalitarismi premono sulla Scandinavia. Di Lucio Brignoli.

Una breve presentazione delle cronache con cui Indro Montanelli fece conoscere agli italiani il profondo Nord europeo all’inizio del secondo conflitto mondiale. I primi passi da giornalista di fama ma già contro corrente, in direzione ostinata e contraria.

Difficile venga ricordata ai giorni nostri, troppo eccentrica rispetto alla descrizione manichea dei documentari inglesi e americani. Ricordo solo un film, che risale al 1965, ambientato nel teatro bellico scandinavo, per la precisione in Norvegia, dal titolo Gli eroi di Telemark. Se siete fortunati, in un’afosa sera d’estate, lo potete ancora vedere in onda nella programmazione televisiva della seconda serata. Si ispira alle operazioni dei paracadutisti inglesi che avevamo come obiettivo sabotare un impianto industriale usato dai tedeschi per produrre acqua pesante, che sarebbe servita, secondo le conoscenze tecnologiche allora disponibili nel Terzo Reich, a realizzare dei reattori nucleari. Un’alternativa alla grafite utilizzata da Enrico Fermi per regolare la fissione nel primo reattore, realizzato per il governo americano nell’ambito del più fortunato progetto Manhattan già nel 1942 a Chicago.

Era invece uno scenario di guerra ben noto ai contemporanei, ovviamente, e in particolare agli italianissimi lettori del Corriere della Sera che, grazie alla penna di un giovane Indro Montanelli, potevano scoprire le qualità dei popoli scandinavi. Al centro la Svezia, almeno formalmente neutrale, stretta tra l’Unione Sovietica comunista, che aveva invaso e occupato la Finlandia già nei primissimi mesi del 1940, e la Germania nazista, che con un’operazione lampo aveva preso poco dopo il controllo della Danimarca e della Norvegia. E’ difficile consigliare un solo volume che abbracci il tema di questo fronte nel suo insieme geografico: si trovano molti testi sulla Guerra di Finlandia e anche sull’invasione della Norvegia. Ma difficilmente si può leggere i due avvenimenti, quasi contemporanei, in un’unica prospettiva. Con Montanelli si può, forse perché lui era sul campo durante lo svolgimento della Storia. E questa sua narrazione traccia, magari anche involontariamente, un continuum tra le due vicende, aiutando il lettore di oggi a trovare la chiave di lettura per comprendere le esperienze dei popoli scandinavi. Diverse tra loro ma accumunate da un tema centrale: la libertà minacciata dalle ideologie del XX secolo.

Il libro che ci guida in questa esperienza è Cronache di Guerra, una raccolta degli articoli scritti e pubblicati (non sempre per via della censura militare e politica!) dal Corriere della Sera a firma di quello che grazie a questi reportage divenne una delle firme di punta, popolarissima, del quotidiano di via Solferino. Saltiamo a piè pari la prima parte del volume, dedicata alla guerra in Polonia. Non è pertinente al tema ma soprattutto non trasmette ancora quel coinvolgimento emotivo e immaginifico che l’autore raggiunge nelle due successive parti del testo, da lui stesso individuate, come i Cento giorni di Finlandia e la Guerra nel Fiordo.

La narrazione inizia il 14 ottobre 1939 e non uso il termine narrazione casualmente, perché di questo si tratta (quasi) sempre nel caso di Montanelli. Raramente testimone oculare, sapeva cogliere lo spirito del tempo e riorganizzare i fatti per dare una costruzione di senso, anche partigiana come l’autore è sempre stato, da comunicare al lettore nel salotto di casa: all’aeroporto di Helsinki una ragazza dagli occhi chiari color acqua di scoglio fa con impareggiabile grazia gli onori di casa e fornisce le ultime informazioni. Cortese, oggettiva, diligente, col petto decorato del distintivo della Lotta Svard, essa è venuta a occupare il posto del fratello richiamato alle armi. Helsinki mi ha fatto un’ottima impressione.

Sembra un romanzo, invece descrive un paese che si prepara alla guerra. E continuando nella sua prima corrispondenza profetizza gli elementi chiave del confronto che vedrà soccombere, invitta, la piccola Finlandia: in teoria la Finlandia può disporre d’un esercito di 350.000 o 400.000 uomini […] in pratica, non può armarne più di 40-50 mila. Tale massa non è naturalmente confrontabile a quella che potrebbe mettere in campo l’Urss; ma i milioni di soldati che Mosca lancerebbe all’offensiva non avrebbero per manovra che lo spazio molto limitato dell’istmo careliano […] l’altro confine, quello orientale, che si lancia verso Nord, l’inverno incombente lo ha già sbarrato di lastroni di ghiaccio.

Davide contro Golia e l’uomo contro la natura, sono queste le cifre che Montanelli, azzeccando, immagina per il fronte finnico. Quando arriva nella capitale finlandese la guerra sta per scoppiare, dopo un lunghissimo tira e molla tra Finlandia e Unione Sovietica sul controllo dell’istmo careliano e di alcune isole alle porte di Leningrado, già San Pietroburgo. Descrive le cause dell’imminente guerra a un pubblico digiuno di politica internazionale in maniera quasi cinematografica, in poche avvincenti righe: sette mesi or sono e precisamente nel marzo, l’ambasciatore dell’Urss a Roma, Stein, giunse improvvisamente e in stretto incognito a Helsinki. Stein era già stato in Finlandia in qualità di ministro […] lasciò passare alcuni giorni viaggiando e ponendo il massimo impegno a farsi scambiare per un turista in cerca di piacevoli emozioni; poi un giorno invitò a una colazione intima e confidenziale l’attuale ministro degli Esteri della repubblica e di punto in bianco gli propose la cessione in affitto all’Urss, dietro corrispettivo di facilitazioni commerciali da parte di Mosca alla Finlandia, delle quattro isolette baltiche che fanno da tappo alla baia di Kronstadt […] ottenuta fra un bicchiere di vodka e uno di birra una risposta negativa, l’ambasciatore che non intendeva occuparsi di politica propose un’altra soluzione: disimpegnare la Finlandia dall’atto internazionale che la obbligava a non militarizzare le quattro isole, consentendole di rimilitarizzarne due, mentre le altre due sarebbero state rimilitarizzate dalla flotta russa […] ottenuto un secondo rifiuto, Stein considerò terminato il suo congedo e partì.

L’obiettivo strategico sovietico era quello, in conseguenza del patto tra il ministro degli esteri russo Molotov e l’omologo tedesco Von Ribbentrop dello stesso anno che aveva spartito le aree di influenza nella ex-Polonia, di assicurare all’impero sovietico un confine più sicuro e facilmente difendibile nell’eventualità di una prossima guerra con il seppur nuovo alleato germanico. Prima che alla Finlandia la stessa sorte era già toccata alle repubbliche baltiche: Estonia, Lettonia e Lituania.

Non svelo lo svolgimento e l’epilogo della vicenda perché spero che questi soli pochi assaggi spingano i miei 27 lettori a immergersi nel racconto, giornalistico, di Montanelli. Molte parole andrebbero ancora spese sulla storia della giovane repubblica di Finlandia, appena emancipatasi, e dei suoi leader, militari e civili. Ma, per ragioni di brevità, ci spostiamo a Oslo, in Norvegia. E’ il 9 aprile, solo pochi mesi dopo l’arrivo dell’autore a Helsinki. La forma narrativa cambia: dall’articolo di giornale si passa al diario. La libertà espositiva faticosamente conquistata sul fronte finlandese, nella guerra tra una periferica repubblica liberale, per cui il regime fascista non aveva né una particolare simpatia né antipatia, e l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, arci-nemico ora amico dell’alleato tedesco, viene meno dovendo relazionare il lettore italiano sulle gesta militari della stessa Wehrmacht. Le pagine di questo diario verranno pubblicate per la prima volta nel 1942, Mussolini ancora regnante, da Mondadori e presto sequestrate dalla censura.

La descrizione che Montanelli dà della città di Oslo dove lui arriva quando questa da poche ore è stata occupata dai soldati tedeschi è squisita: a Stoccolma mi avevano detto che il viaggio era garantito solo fino alla frontiera, di dove, data la situazione, il proseguimento sarebbe stato difficile. Invece tutto si svolse regolarmente, e anche in vagone letto, fino alla capitale norvegese. Attraversammo un paese pacifico e nessuna traccia di guerra. Avendo chiesto alla frontiera ai doganieri, se sapevano nulla di ciò che avveniva a Oslo, essi ci risposero che non ne sapevano niente e che tutto continuava a svolgersi pacificamente. Soldati germanici per strada non ne incontrammo. I primi che vedemmo furono quelli che occupavano i crocicchi di Oslo regolandone il traffico come se fossero stato dei pizzardoni professionisti […] un reparto tedesco sulle scale del Parlamento stava cantando un coro e si accompagnava su fisarmoniche. La folla intorno ascoltava sorridendo. Non c’era affatto aria di guerra.

Era comunque una guerra, come testimoniato dai fatti poi raccolti sulle prime ore dell’invasione e su quelli testimoniati in seguito dalla resistenza inglese e norvegese nel centro e nel nord della Norvegia: intanto sulle banchine del porto si era riunita una piccola folla di Tedeschi residenti in Norvegia per attendere lo sbarco dal mare delle truppe germaniche che dovevano arrivare col Blucher. L’arrivo era previsto per le quattro del mattino, ma alle sette nessuna nave era ancora comparsa nel fiordo di Oslo, e i pochi Tedeschi che aspettavano, sentendosi soli in mezzo a una popolazione ostile, cominciarono a tremare per la loro sorte. Il Blucher non arrivò mai. Era stato affondato dalle batterie costiere norvegesi […] fu preso sotto i colpi che cominciarono a piovergli addosso da una e dall’altra sponda del fiordo. I 1300 uomini che vi erano imbarcati si schierarono sul ponte e sotto la gragnola delle granate intonarono il Deutschland, Deutschland uber alles […] e scomparvero in mare con la loro nave.

La Norvegia era importante nello scacchiere bellico europeo per due motivi: il primo, la posizione strategica che la disponeva come una portaerei puntata dritta sulla Germania, utile per colpire il cuore produttivo del Reich millenario e interdire la navigazione alla Kriegsmarine; il secondo, la presenza nel sottosuolo di ricchi giacimenti di minerali ferrosi, indispensabili alla sforzo bellico, oltre che alla disponibilità nei profondi fiordi di ottimi porti necessari per il trasporto delle materie prime fino al Mare del Nord e alle industrie tedesche.

La guerra in Norvegia non dura molto e i manipoli inglesi e francesi inviati da Churchill per tenere soprattutto, o almeno, Narvik, principale porto e centro minerario, e altre località strategiche nel giro di poche settimane soccombono all’assalto tedesco, garantendo alla cancelleria di Berlino il controllo del territorio norvegese fino alla fine del conflitto 5 anni dopo.

Montanelli assiste a uno dei primi bombardamenti aerei della seconda guerra mondiale, se si escludono quelli avvenuti all’inizio del conflitto sulla Polonia e in particolare su Varsavia: il 19 aprile gli aerei germanici fecero la loro prima apparizione, come al solito in scarso numero e, non prima di aver lanciato alla popolazione alcuni manifestini che la invitavano allo sgombero, eseguirono un breve bombardamento di assaggio […] il 20 mattina tornarono. Comparvero proprio mentre si stavano svolgendo le operazioni di sbarco di un trasporto francese che veniva da Brest. Gli apparecchi vennero in tre ondate successive, ronzarono a bassissima quota e bombardarono prima la banchina, poi la stazione, poi il centro della città. Lanciarono bombe da 500 chili. Sulla banchina tutto il materiale che vi era stato accumulato durante la notte, volò in pezzi con le schegge dei proiettili […] ho visto gli effetti delle espressioni. Vetture furono sollevate di peso e sbalestrate in mezzo alla città. I binari colpiti non si spezzarono, ma da paralleli che erano prima, cambiarono figura geometrica […] le bombe avevano scavato larghi crateri e la neve, cadendovi prima sopra e poi squagliandosi, formava laghetti. Di essi avevano preso possesso le anitre calate dal Nord a branchi e ora vi guazzavano amoreggiando fra loro. […] della popolazione civile, che se ne era andata tutta, nessuno ebbe a soffrire: altro non rimase in piedi che la cinta esterna della città.

Appare in queste non molte asciutte pagine uno spaccato di prima mano delle vicende storiche, delle dinamiche politiche e delle impressioni sui protagonisti. Un affresco brillante delle caratteristiche naturali, sociali ed economiche di un mondo così lontano dall’Europa mediterranea che pure ha contribuito, dalle invasioni barbariche in poi e ancora anche oggi, allo sviluppo della comune heimat europea. Scrive Indro Montanelli sul finire degli anni Settanta di questo volume: queste testimonianze ricorderanno ai vecchi molte cose, e forse ai giovani ne insegneranno qualcuna. Comunque, fanno parte della nostra vita vissuta. E sono giurate. A distanza di quasi quarant’anni, non ho nulla da ritrattare.

BIBLIOGRAFIA:

Titolo originale: “The Heroes of Telemark” – paese di produzione: Gran Bretagna, anno 1965 e durata 131 min per la regia di Anthony Mann;

Ray Mears – The Real Heroes of Telemark – Coronet Books, Londra 2004;

Giulio Maltese – Enrico Fermi in America. Una biografia scientifica: 1938-1954 – Zanichelli, Bologna 2003;

Indro Montanelli – Cronache di Guerra – Editoriale Nuova, Novara 1978;

Alberto Basciani, Antonio Macchia, Valentina Sommella – Il patto Ribbentrop-Molotov, l’Italia e l’Europa (1939-1941) – Aracne, Roma 2012;

Massimo Longo Adorno – La guerra d’inverno. Finlandia e Unione Sovietica 1939-1940 – Franco Angeli, Milano 2016;

Olaf Riste, Magne Skodvin, Johannes Andenaes – Norway and the Second World War: How the Invasion Came / Quisling and the German Authorities / Norway in the Alliance / The Proceedings Against the Collaborators – Aschehoug, Oslo 1989;

Lascia il primo commento

Lascia un commento